Incontri di discernimento e solidarietà

DEMOCRAZIA E CONVERSIONE



Più che un appello riguardante la crisi della democrazia, facciamo un invito a comunicare esperienze che pensiamo siano molteplici e profonde ma poco conosciute e per lo più ignorate e scartate da chi ha il potere sui mezzi di comunicazione. Proprio questa mancanza di comunicazione pensiamo sia una dimensione profonda della crisi della democrazia.

 

Comunichiamo la nostra esperienza con la speranza di incontrare quella degli altri e di aiutare la circolazione vincendo la ristrettezza e le strozzature di gran parte dei canali della comunicazione.

 

Riflettendo sulla crisi attuale della democrazia ritroviamo gran parte delle intuizioni a cui siamo arrivati in una ricerca che da anni andiamo facendo sulla dimensione sociale della nostra esistenza alla luce della parola di Dio che ci è stata donata in Gesù Cristo.


Avendo lungamente cercato di rifondare la “laicità” su questa Parola e avendola scoperta come “profezia del popolo di Dio sul mondo”, ci siamo impegnati a guardare la realtà nella sua concretezza e a fare i conti con essa, evitando quanto è possibile ogni forma di evasione, di fuga e di violenza.

 

Cominciamo quindi dalla realtà della democrazia oggi in Italia, in Europa e nel mondo.

La democrazia è continuamente “parlata”. Tutti ne parlano, quasi sempre come l’ideale a cui ci si ispira, l’obiettivo a cui si tende e, negli ultimi tempi, come il sommo bene che ci si propone di esportare.

Ma quanto la democrazia è realmente vissuta? Quanto il popolo (il demos) conta nella vita sociale, nel suo orientamento, nel suo governo?

Questa verifica va fatta per tutte quelle realtà in cui il popolo è presente, dalla famiglia allo Stato, agli organismi internazionali. Non si tratta di fare uno studio sociologico né si vuole giudicare e polemizzare, ma solo acquisire una consapevolezza elementare della scarsa partecipazione democratica e della evidente necessità di promuoverne la crescita, scoprendo vie nuove.


Abbiamo riflettuto e comunicato le nostre esperienze per quanto riguarda la partecipazione popolare nella vita dei partiti, dei sindacati, nei movimenti politici, nelle realtà associative cattoliche, nei movimento religiosi, nelle comunità parrocchiali e diocesane.


Cercando di comprendere la situazione attuale e la via per una crescita reale della democrazia, abbiamo individuato un nodo fondamentale nel rapporto fra lo spirito e le strutture. Si è elaborato un concetto di democrazia come struttura, lasciando in secondo piano, o addirittura scartando, l’evento dello spirito. Di conseguenza si è lavorato per realizzare strutture sempre più articolate per la partecipazione e si è trascurata la formazione e la crescita dello spirito, cioè di una coscienza politica popolare.

 

La preoccupazione dominante per le strutture ha comportato l’attribuzione di un primato al potere di gestire le medesime riducendo la politica alla ricerca e all’esercizio del potere.


Le strutture e il potere sono certamente necessarie, ma quando si attribuisce loro un primato schiacciano inesorabilmente lo spirito. Esse tendono, per una seduzione quasi irresistibile, a corrompere coloro che cercano e ottengono il potere e, quel che è più grave, mortificano le ricchezze spirituali, culturali e morali della stragrande maggioranza del popolo che non ha potere.

Il popolo viene ricercato e in mille modi manipolato al fine di ottenere un consenso, ignorando o scartando tutta la ricchezza di senso di cui esso è depositario.



Ci troviamo in una spirale perversa per cui quanto più ci si accorge che la democrazia è in crisi, tanto più ci si concentra nella ricerca di strutture che la facciano crescere, lasciando in secondo piano la crescita delle coscienze, e tanto più la crisi aumenta.


La preoccupazione del potere, anche in coloro che,come molti cristiani, pensano di doverlo vivere come servizio, impegna nella concorrenza e nella lotta, prendendo tutte le energie di singoli e di gruppi. Uno spazio sul gioco del potere diventa così l’“unum necessarium”.


La spirale che porta verso questa situazione opera in modo decisivo nella scuola e nella formazione, in quanti la governano e in tanti che dichiarano di averla a cuore.


Certamente la scuola costituisce una delle strutture e degli ambienti nei confronti dei quali ci sono più aspettative rispetto ad una crescita profonda della coscienza democratica.

Occorre tener presenti diversi aspetti per poter fare della scuola e dell’università un punto di riferimento essenziale, non solo in teoria, ma nella pratica istituzionale.

Un aspetto è certamente quello primario, a cui tali istituzioni sono deputate, la formazione e la didattica.

Un altro aspetto è quello delle relazioni, interne ed esterne, riferite alle due istituzioni, tra soggetti e tra persone.

Riguardo all’aspetto didattico, si può porre attenzione particolare ai riferimenti nella riforma della scuola e della università, a quegli spazi riferiti all’Educazione al vivere civile o al rispetto dei diritti umani e quindi alla vita democratica.

Per quanto riguarda il secondo aspetto, di tipo più organizzativo-istituzionale, occorrerebbe avere una presenza più vigile e propositiva negli organi collegiali, nelle rappresentanze e soprattutto nelle proposte di riforma delle stesse. Non risulta al momento una grande attenzione agli stessi.

I due aspetti descritti, certamente hanno una loro dimensione autonoma, ma è evidente l’intreccio tra essi: ad esempio l’espressione forte di una didattica finalizzata alla formazione democratica sarebbe certamente resa più efficace e spontanea se ci fossero delle trasparenti interrelazioni di tipo democratico tra i soggetti e le persone di quel mondo.


Se al fondo della crisi della democrazia riconosciamo la mancanza di un giusto rapporto fra la struttura e lo spirito, occorre domandarsi come storicamente ciò sia avvenuto.

 

  • La politica si è staccata dall’etica;

  • l’economia si è staccata dall’etica;

  • l’economia prevale sulla politica;

  • Come al fondo di tutto ciò ci sia un distacco dalla religione;

  • Come da cristiani arriviamo a scoprire la stretta connessione fra la crisi della democrazia e la crisi della religiosità.


La crisi della religione poi va cercata e riconosciuta soprattutto nella mancanza di vera fede che è ricerca del rapporto con il mistero infinito di Dio, rivelatosi in molti modi e con pienezza nel mistero pasquale e nel mistero di ogni persona umana. Il riconoscimento del mistero di ogni persona è la sorgente di una nuova democrazia, che occorre ricercare dopo aver preso atto di quella che oggi appare consumata e sfinita.

 

Se al fondo della crisi riconosciamo una crisi della religiosità, è doveroso e urgente riflettere sul rapporto tra la Chiesa e la democrazia.

Il termine Chiesa è oggi usato con tanti significati diversi, tendenti per lo più a identificarla con la sua dimensione istituzionale, con la gerarchia e con alcuni laici che contano di più e sono ritenuti più significativi. Noi cerchiamo di rifarci sempre alla Chiesa del Concilio Vaticano II, al Mistero della Chiesa, al popolo di Dio, alla gerarchia, ai laici, alla universale vocazione alla santità, ai religiosi, all’indole escatologica, a Maria madre di Dio: sono gli otto capitoli della costituzione dogmatica sulla Chiesa “Lumen gentium”.


Ci riferiamo in particolare alla Chiesa in cui ci sentiamo di fatto inseriti, anche con diversissimi tipi di legami: la Chiesa cattolica che è in Italia. Ciò non diminuisce in alcun modo l’interesse e la stima affettuosa verso le altre Chiese e le altre religioni. Cerchiamo di non sentirci superiori a nessuno, come conseguenza immediata del più modesto tentativo di porci al cospetto del Mistero infinito di Dio rivelatosi in Gesù Cristo.


Per avviare la riflessione sul rapporto fra Chiesa e democrazia scegliamo alcuni punti di approccio fra tanti altri possibili:


  • quale è il sentire più diffuso nei confronti della democrazia fra quanti si professano cristiani e appartenenti alla Chiesa cattolica;

  • quale è il magistero ecclesiastico in proposito;

  • quale l’azione politica e pastorale;

  • quale discorso in proposito è vivo nelle realtà parrocchiali;

  • quale l’ impegno per la democrazia nei gruppi, nelle associazioni e nei movimenti ecclesiali;

  • quale il senso delle scuole di formazione politica promosse dai cristiani.


La realtà è certamente vasta, articolata e complicata. Siamo chiamati a guardarla in faccia, cercando quanto è possibile di evitare semplificazioni e giudizi, per attuare quella laicità che abbiamo riscoperto a partire dalla parola di Dio.


Ecco qualche osservazione derivante dalla nostra esperienza e anche frutto di studi seri.


Nel magistero della Chiesa c’è stato un passaggio da una forte diffidenza verso le novità democratiche a un’accettazione che talvolta si è tradotta in appoggio coraggioso a movimenti di liberazione verso forme di vita democratica.


Sono mancate e tuttora mancano interventi da parte della gerarchia o di aggregazioni di laici che si inseriscono nelle dinamiche del potere con una concezione, più o meno dichiarata, della democrazia come fatto puramente o prevalentemente istituzionale e quindi mortificante la crescita della coscienza democratica del popolo.


Nella pastorale ordinaria, a partire dal catechismo ai più piccoli, c’è spesso una mancanza di attenzione a quel che succede nel mondo, specialmente nella sua dimensione sociale e politica. L’orizzonte entro il quale viene proposto il Mistero di Dio nel Mistero pasquale, è spesso assai ristretto. Così alcuni grandi problemi, come quello della crisi della famiglia vengono affrontati in modo astratto, con scarso discernimento delle grandi trasformazioni culturali, in particolare dei giovani.


In gruppi, associazioni e movimenti, anche ufficialmente raccomandati nella Chiesa, si constata spesso un alto grado di autoreferenzialità, una preoccupazione prevalente di essere e di affermarsi anche visibilmente, che poco ha a che fare con il lievito evangelico e certamente non stimola una coscienza democratica, quando non la sradica completamente.


Al fondo di queste carenze e di innumerevoli altre sulle quali non ci sembra opportuno soffermarci, si vede chiaramente la mancanza di una coscienza chiara del rapporto fra le strutture e lo spirito – in cui crediamo che operi lo Spirito Santo – e di conseguenza il cedimento alla seduzione idolatrica del potere.


Viviamo in una situazione in cui non è esagerato dire che la democrazia appare sfinita, in gran parte svuotata di contenuti culturali e tensioni morali. Al fondo di questa crisi riconosciamo una carenza di fede adulta e quindi una notevole responsabilità della Chiesa. Ci domandiamo allora che cosa possiamo e dobbiamo fare.


In primo luogo, un cambiamento di mentalità; una vera conversione che, partendo dal profondo di noi stessi, ci porti a spendere la nostra vita affrontando i problemi più gravi di tutta l’umanità.


Ognuno di noi dovrebbe riflettere su se stesso e quindi pensare al gruppo e alla collettività di cui fa parte e che probabilmente lo condiziona in larga misura. Riflettendo su tali condizionamenti capirà meglio anche se stesso:


  • qual è abitualmente il mio immaginario, cioè l’insieme delle rappresentazioni del mondo, delle fantasie e dei modelli di comportamento? Quale autonomia conservo nei confronti dello sconvolgente operato della televisione e degli altri media che stanno trasformando in spettacolo la vita?


  • quanto i miei interessi e i miei atteggiamenti ideologici, politici, di parte, di gruppo, mi impediscono di valutare correttamente i lati positivi o negativi delle persone e di comprendere la verità dei fatti di cui vengo a conoscenza?


  • quali pensieri occupano ed ingombrano le mie giornate e forse parte delle mie nottate? Salute, affari, mancati riconoscimenti per quello che faccio in vari campi, problemi di chi mi è più vicino, di tutti e specialmente dei più tribolati: vecchi, bambini, ammalati, abbandonati…?


  • quali sono le ansie e quali le speranze che accolgo e coltivo dentro di me per l’oggi e per il domani, per il futuro mio, di altri, dell’umanità?


  • la mia fatica quotidiana, la sopportazione e gli sforzi del lavoro e della ricerca, da quali obiettivi sono sostenuti? Obiettivi personali oppure riguardanti il bene di altri e quello sociale?


  • come mi confronto con chi penso che stia meglio o peggio di me, con quale serena oggettività?


  • la mia critica – in particolare verso chi è al di sopra o al di sotto di me – quanto è animata dall’amore per la verità e contenuta dal rispetto per ogni persona umana?


  • chi è oggetto della mia ammirazione fra i personaggi che vengono presentati dai media e più ancora fra le persone che incontro nella quotidianità?


  • le conversazioni a cui assisto o partecipo su quali argomenti vertono nei momenti della convivialità, del lavoro, del riposo? Quale la mia conversazione nel senso forte (la conversatio latina) cioè i rapporti sociali che coltivo e di cui mi giovo?


  • quanto mi fermo a pensare a chi sono e al senso della mia vita che scorre? Capisco e pratico il silenzio interiore che è condizione per cogliere lo spessore di ogni realtà e in particolare il mistero di ogni persona umana?


  • se prego per ottenere delle grazie, lo faccio per me, per altri, per tutti, specialmente per quelli che ritengo più bisognosi? Se prego con il “Padre Nostro” con quale apertura mi rivolgo a Dio?


  • quali sono le mie proprietà e quale animo proprietario è in me nei confronti dei beni materiali e di quelli spirituali? Quale sicurezza, conforto, ansia o preoccupazione trovo nell’essere proprietario?


  • come uso dei beni materiali e spirituali di cui dispongo: diligenza nel conservarli, sobrietà, spreco, donazione e condivisione con chi ne ha più bisogno?


  • quale grado di libertà conservo da persone, cose ed abitudini? Mi lascio condizionare da persone che hanno un effetto negativo su di me?


  • qual è il mio atteggiamento mentale e operativo nei confronti della natura? Uso in maniera parsimoniosa ed intelligente delle risorse materiali ed energetiche? Rispetto l’ambiente che mi circonda, il paesaggio e le opere realizzate dall’uomo? Rispetto la vita degli esseri viventi animali e vegetali e il loro ambiente?


  • il mio cambiamento interiore ha conseguenze tangibili in un cambiamento esteriore del miotenore e stile di vita?


Per questo occorre un ascolto silente e continuo della parola di Dio: la Bibbia, il primo e il nuovo testamento e la tradizione apostolica che cresce nell’esperienza del popolo di Dio (Dei Verbum, n.8); ascolto di tutte le altre esperienze religiose, filosofiche e morali, secondo l’insegnamento del Concilio Vat. II (Nostra Aetate); ascolto dei piccoli e dei poveri come con chiarezza ci ha indicato il Signore (Mt.11, 25-27; Lc. 10,21-22); riconoscimento del mistero di ogni persona umana, della vita e della morte.


L’ascolto assiduo della parola di Dio ci porta a una attenzione seria e continua a tutto quello che accade in noi e attorno a noi, con un discernimento soprattutto di ciò che manifesta lo spirito in tutte le donne e in tutti gli uomini. In tal modo ci è dato riconoscere lo Spirito di Dio che come dice l’antifona della Messa di Pentecoste “riempie l’universo”.


Al discernimento deve far seguito l’impegno di pensiero e di azione nei confronti di tutti i problemi dell’umanità che ci appaiono più urgenti e più decisivi. Secondo il principio: di che cosa c’è più bisogno che io possa fare.


Così accade che tutta la nostra vita è come presa, giocata, spesa... ed esaltata: perduta e ritrovata.

La vita vissuta nel servizio con tutte le nostre forze si consuma nel tempo e lascia trasparire una vita che non muore perché viene da una sorgente inesauribile e trascendente: il Mistero infinito di Dio “uno e trino, fonte di eterno amore” (inno di terza).

 

Questa conversione per una rianimazione di una democrazia sfinita è resa possibile dalla comunità ecclesiale intesa come comunicazione di esperienze di ascolto silente e adorante del Mistero. Per questo è necessario liberarsi da un modo di concepire e soprattutto di vivere l’ecclesialità come istituzione che si piega su se stessa, si chiude al mondo e a tutte le altre esperienze religiose, morali e filosofiche. Occorre ritrovare la cattedra dei piccoli e dei poveri e, senza esimersi dal prendere posizione, rinunciare a ogni schieramento che partecipi al gioco del potere.



Qualche ulteriore precisazione


La democrazia può nascere solo dal basso, da una crescita della coscienza popolare. Chi si ritiene in alto, imballato in un illusorio protagonismo, può ritrovare un senso della propria vita solo mettendosi a servizio di chi è più in basso.


E’ necessario scoprire “vie nuove”, con piena libertà creativa e al tempo stesso con una profonda riflessione sul passato e con totale rispetto per quanti hanno faticato prima di noi.


Occorre il massimo sforzo comunitario per capire quel che oggi sta accadendo e intervenire tempestivamente accettando le urgenze senza dimenticare i tempi lunghi richiesti dai cambiamenti profondi e dalla contemplazione.


Condizione e frutto al tempo stesso della conversione è il distacco dalle ricchezze e da altre sicurezze idolatriche.


Occorre ritrovare, oltre il dialogo, la comunicazione gratuita delle esperienze personali.








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