Incontri di discernimento e solidarietà


Secondo punto: di esperienze spirituali


  1. Quel che intendiamo come esperienze spirituali

  2. Difficoltà a comunicarle

  3. L’essenza della Chiesa

  4. La coscienza politica

  5. I progetti


La nostra riflessione e il nostro proposito di servire la comunicazione la comunicazione di esperienze spirituali riguarda tanto le singole persone quanto le comunità, che vanno dal piccolo gruppo di amici ai movimenti e alle associazioni anche numerosissime e fortemente strutturate.


  1. Prima di dire le cose che intendiamo come “esperienze spirituali” ci sembra utile accennare brevemente a quelle che invece non consideriamo tali:


  • le elaborazioni teoriche che non coinvolgono la nostra vita;

  • i sogni fatti a occhi aperti;

  • le esperienze espresse senza nessun impegno corrispondente;

  • i progetti a cui non segue uno sforzo di realizzazione;

  • le prese di posizione che non costano nulla.

 

Ci sono poi comunicazioni di esperienze che non ci sembra di poter qualificare come spirituali, anche se questa valutazione va fatta con estrema prudenza, partendo da una definizione di “spirituale” che chiariremo in seguito.


  • il semplice raccontarsi derivante da un bisogno sentito fortemente da alcuni;

  • le esperienze comunitarie per il sostegno di una tesi, di un movimento, di un leader con un chiaro processo di omologazione;

  • esperienze pseudo spirituali che manifestano fenomeni psicologici di esaltazione e di nevrosi.


Ecco cosa intendiamo per “esperienze spirituali”.


Evidentemente dipende dalla nostra antropologia, da cosa consideriamo essere proprio dell’uomo.

Cercando di superare una concezione puramente materialista ed una spiritualista disincarnata pensiamo che l’uomo sia uno spirito incarnato.

Accogliendo poi il Vangelo di Gesù Cristo pensiamo che lo Spirito di Dio sia presente in ogni essere umano operando una assimilazione a Gesù Cristo, Verbo di Dio fatto carne e quindi che la qualifica di spirituale equivalga a quella di amore. Esperienza spirituale quindi è esperienza di amore, superando dei confini e dei recinti dei propri interessi materiali e anche morali, perseguiti in vista di un vantaggio personale e di gruppo.


  1. Difficoltà a comunicare le esperienze spirituali.

Trattandosi di comunicazione reciproca le difficoltà sono molteplici sia nel parlare che nell’ascoltare.

Nel parlare si può avere il timore di venire giudicati da chi ci ascolta. Spesso si teme un giudizio negativo ma non di rado ci si preoccupa anche di essere giudicati troppo positivamente. Questo avviene per una sana umiltà e allora il rimedio è di manifestare con semplicità i limiti e le contraddizioni che accompagnano i nostri buoni propositi e le nostre opere buone. Qualche volta ci sono dei complessi molto vari di colpa che ci rinchiudono in noi stessi. Non mancano poi delle concezioni “perfezioniste” sul piano etico e religioso che ci impediscono di riconoscere e comunicare quel che è più spirituale nella nostra vita.

La difficoltà ad ascoltare le esperienze spirituali degli altri sono tante e sembrano talora insormontabili. La difficoltà forse più diffusa anche se raramente se ne è coscienti è quella di fare silenzio esteriormente e più ancora interiormente. C’è poi la spinta continua a confrontarsi con il timore di essere da meno e qualche volta da più degli altri.

Queste difficoltà di manifestarsi e di accogliere l’esperienza degli altri diventano spesso maggiori quando si tratta del rapporto fra gruppi, nelle diverse dimensioni, specialmente fra quelli più grandi e autoreferenziali.

Un ostacolo oggi crescente deriva dall’efficientismo per cui l’interrogativo “a che serve” e il giudizio di “chiacchiere inutili” soffocano la comunicazione delle esperienze spirituali fra singoli, fra gruppi e all’interno dei gruppi.


  1. L’essenza della Chiesa.

Partendo dall’insegnamento del Concilio Vaticano II per cui la Chiesa è il popolo di Dio, l’assemblea di quelli che ascoltano e accolgono la sua parola si comprende facilmente come la comunicazione delle esperienze spirituali, che sono appunto la Parola ascoltata e vissuta, sia l’anima della Chiesa. In altri termini si può parlare di “comunione nella fede” oggi minacciata a tanti livelli dal prevalere della ricerca di unità come forza politica nel gioco dei poteri, alla riduzione a fatto dottrinale dogmatico o etico, al prevalere del rito e delle sue forme sull’adorazione in spirito e verità, secondo l’insegnamento di Gesù alla Samaritana al pozzo di Giacobbe (Giov. 4).

Proponiamo di ricercare la vera amicizia spirituale che come diceva Padre Benedetto Calati è il primo sacramento.



  1. La coscienza politica.

La comunicazione di esperienze spirituali evoca il silenzio, l’intimità e tutte quelle straordinarie qualifiche dell’amore che troviamo nell’inno alla carità al cap. 13 della prima lettera di Paolo ai Corinzi: “La carità è paziente, è benigna la carità, non è invidiosa la carità, non si vanta, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta”.

Tutto questo sembra lontanissimo dalla politica che evoca un clima che potrebbe essere descritto con l’opposto di quelle stesse qualifiche elencate da Paolo.

Torneremo su questo sviluppando il punto nono sulla valenza politica di quello che ci proponiamo.


  1. I progetti.

Chiunque vuole impegnarsi per qualcosa di buono in se stesso, con gli altri, nella società, da solo, con qualche amico o in qualche associazione, coglie la necessità di progettare la propria azione, il proprio tempo, i propri rapporti, fino, o a partire, dai finanziamenti. Per questo siamo dotati di ragione.

Eppure la vera comunicazione di esperienze spirituali richiede di uscire dai propri progetti. Per la Chiesa si tratta di una conversione estremamente impegnativa e liberante al tempo stesso, ed urgente per la sua missione nel mondo in vista della pace.

Itinerari e cammini di spiritualità, vie alla perfezione con relative tappe ben determinate, fedeltà ai carismi personali, della congregazione e di chi l’ha fondata, preoccupazione di non perdere la propria identità, ecc., son tutte cose che nascono dalla ragione e da ottime intenzioni ma possono farci dimenticare la conversione più importante:


“Guardate a lui e sarete raggianti

non saranno confusi i vostri volti” (Salmo 34 (33), 4)


Piani e progetti pastorali a tutti i livelli ecclesiali, individuazione delle priorità, progetti culturali, statistiche sulla religiosità, definizione di ruoli e formazione dei quadri, progetti politici (in senso corrente) più o meno dichiarati, fino alle grandi strategie di potere, possono portare a ignorare il primato dell’azione dello Spirito e quindi la libertà e la creatività di singoli e di gruppi.

Ecco quindi l’importanza dell’essere pronti a uscire dai propri progetti e dalla logica che li determina.