Incontri di discernimento e solidarietà


Dall’incontro del 25.11.02

Pio Parisi

Apocalisse, cap. 21

“Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare (il male) non c’èra più. Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce possente che usciva dal trono:

“Ecco la dimora di Dio con gli uomini!

Egli dimorerà tra di loro

ed essi saranno un solo popolo

ed egli sara il ‘Dio-con-loro’.

E tergerà ogni lacrima dai loro occhi;

non ci sarà più la morte,

né lutto, né lamento, né affanno,

perché le cose di prima sono passate.

E Colui che sedeva sul trono disse: ‘Ecco, io faccio nuove tutte le cose’; e aggiunse: ‘Scrivi perchè queste parole sono certe e veraci.

Ecco sono compiute!

Io sono l’Alfa e l’Omega,

il Principio e la Fine.

A colui che ha sete darò gratuitamente

acqua della fonte della vita.”


L’altra volta ci siamo fermati sul capire il senso di questi nostri incontri come momenti di comunicazione di esperienze spirituali personali, esperienze spirituali riguardanti la dimensione sociale della nostra esistenza: momenti di discernimento della dimensione sociale dell’esistenza umana. Sono momenti di conversazione fra di noi e una conversazione che, partendo, come abbiamo fatto, dalla lettura di un passo dell’Apocalisse cerca di essere una conversazione spirituale, comunicazioni di esperienze alla luce del Vangelo.

Questo termine “conversazione” mi ha fatto venire in mente tante cose. La più importante è che dovremo cercare di convertire al Vangelo le nostre conversazioni riguardanti soprattutto la dimensione sociale e politica della nostra esistenza. Rileggendo il resoconto dell’ultimo incontro mi chiedevo se parlare ad esempio di cose che riguardano la politica (l’intervento di Gianni) sia un parlare alla luce del Vangelo oppure è altro.

Cosa significa conversazione? Significa innumerevoli cose. Per via di alcune citazione nel nuovo Testamento sono andato a vedere nel testo latino “conversatio” e ho trovato che ha una ricchezza di significati enorme, molto diversi tra di loro, ma con qualcosa di unitario. Addirittura il termine greco di conversazione era “politeum” che significa far politica.

Dire che cercare che la nostra conversazione sia quella del Vangelo può significare mille cose. Conversazione sono anche le chiacchiere che si fanno in modo distensivo o per sfogarsi, ma ci sono anche le conversazione come quelle che cerchiamo di fare noi, in cui uno cerca di comunicare delle esperienze, anche di carattere spirituale e hanno una ricchezza e una densità. Poi, ogni conversazione di contenuto più ricco in genere è preceduta e accompagnata da una conversazione interiore, parliamo anche dentro di noi, quasi continuamente. L’altr’anno ci eravamo fermati su quel versetto del Salmo “Sta in silenzio davanti al Signore e spera in lui” e abbiamo constatato la difficoltà di stare in silenzio non solo nel non parlare con gli altri ma soprattutto in noi stessi, per rivolgere l’attenzione al Signore.

Ma la “conversazione” (ho visto anche nel vocabolario italiano) è il modo di vivere. Un passo di S. Leone Magno che si legge sempre alla vigilia di Natale dice “riconosci o cristiano la tua dignità e guardati bene di non cadere in un modo di vivere non coerente “degeneri conversatione”, con il tuo modo di vivere praticamente. E il modo di vivere generalmente è espressione di una visione del mondo.

Molto spesso le nostre conversazioni esprimono la confusione interiore che poi si manifesta nelle nostre conversazioni confuse, alle volte succede il contrario.

E’ chiaro che sono conversazioni anche le cose che uno scrive, libri, articoli, ecc.

Occorre domandarsi: tutto questo nostro conversare nelle varie forme, modi e livelli è un conversare cristiano, alla luce del Vangelo, oppure non ha niente a che fare con il Vangelo. E’ un esame di coscienza che dovremmo cercare di fare per aiutarci. Alle volte mi domando se il conversare cristiano dei più piccoli, dei più semplice non è più evangelico. Ci sono molte espressioni “a Dio piacendo”, “se Dio vorrà” e più che questo un certo senso di solidarietà, di compassione, un certo silenzio che alle volte può essere segno di una conversazione più convertita.

Dobbiamo fare attenzione alle nostre conversazioni, di persone che hanno una certa cultura e in particolare alle conversazioni fra cristiani. Qualche volta sembra ci sia una certa facilità di giudizio, altre volte sembra ci sia una certa avventatezza nel valutare persone e situazioni, mancanza di impegno a capire a fondo come stanno le cose o mancanza di coraggio. Specialmente in alcuni ambienti particolarmente clericali non si fanno mai i nomi e i cognomi. Si parla sempre per allusione o per categorie. Se si dicono certe cose non per giudicare, ma per rilevare, sarebbe giusto sapere chi le ha dette. Sotto certi aspetti può anche essere una cosa valida però il risultato spesso di questi giudizi abbastanza trancianti ma che al tempo stesso cercano di evitare gli scontri diretti è che si fanno delle generalizzazioni terribili, giudizi generalizzati.

Forse si potrebbe dire, molto in genere, sempre nella dimensione sociale della nostra esistenza di cui stiamo parlando, che alle volte ne parliamo prescindendo completamente dal Vangelo, altre volte parliamo del Vangelo prescindendo dal mondo, da quello che realmente succede. La linea fondamentale per arrivare a convertire al Vangelo il nostro conversare (qualche volta è anche conversare un po’ di meno) è l’ascolto della parola di Dio, della Bibbia, la liturgia pasquale, eucaristica la cui conclusione è “con Cristo, per Cristo, in Cristo, morto e risorto”.

In questi giorni varie persone mi hanno chiesto cosa penso di Andreotti. Non è che pensi molto ad Andreotti in particolare. Posso condividere quello che dice quando afferma di avere fiducia nella giustizia. Ma al tempo spesso penso moltissimo ad Andreotti, ma non alle sue responsabilità, a quello che ha fatto o non ha fatto. Ma ad Andreotti che è stato l’uomo di fiducia di gran parte dell’episcopato italiano per molto tempo e Andreotti, mi sembra, è l’uomo del potere, un grande esperto del potere. Tirando le conclusioni gran parte dell’episcopato italiano si fidava del potere. Questa è una cosa molto grossa, molto evidente, su cui bisognerebbe riflettere. In fondo quest’uomo, caratterizzato da questa grande capacità di potere (“Il potere logora chi non ce l’ha…, l’esaltazione del potere) è stato l’uomo che ha dato più fiducia, il politico di cui la chiesa gerarchica si è fidata di più. Non tutti quanti, ma tanti. E’ una cosa che dovrebbe farci pensare.

Pensando a persone la cui conversazione a me ha sempre fatto impressione, il cui conversare era profondamente cristiano, mi viene in mente Lazzati (tutta la sua preparazione, i giudizi che non mancavano) e Vittorio Bachelet (eravamo della stessa classe, ci conoscevamo)

Pensavo anche che quando definiamo nei “Dialoghi sulla laicità” che la laicità è la vita cristiana, è la profezia del popolo di Dio sul mondo, il termine profezia va benissimo, però forse se al posto della profezia del popolo di Dio sul mondo ci mettessimo la conversazione del popolo di Dio sul mondo, il modo con cui i cristiani conversano delle cose del mondo e conversano non solo con le parole, ma con i comportamenti sarebbe la stessa cosa. La profezia del popolo di Dio sul mondo è la conversazione evangelica, convertita al Vangelo, del popolo di Dio. Forse il termine “conversazione” spaventa un po’ meno del termine “profezia”.