Incontri di discernimento e solidarietà

21 luglio 2006




Una confessione nell’80° anno di vita e nel 50° di ordinazione sacerdotale (21 luglio 1956).

Confessione nel senso di riconoscimento del mistero di Dio Amore, della sua misericordia, della mia miseria.

Ho vissuto e vivo disagio e speranza nei confronti dell’Eucarestia e quindi della Chiesa.

Il disagio è andato crescendo fino a un vero blocco, la speranza mi ha portato a una rinnovata esperienza ecclesiale.

Al fondo del disagio e della speranza c’è la mia esperienza del rapporto fra la fede e il rito nella Messa, fra la fede e tutta la dimensione istituzionale e sacramentale della Chiesa.





I


Un giorno, più di venti anni fa, tornavo in auto da una festa di battesimo a un centinaio di chilometri da Roma, quando un colpo di sonno mi costrinse a fermarmi in un’area di sosta. Quando mi svegliai dovetti accelerare per essere puntuale alla celebrazione della Messa vespertina del sabato sera in Parrocchia. Durante la celebrazione provai una forte difficoltà a respirare. Arrivai alla fine ma non pochi si accorsero del mio disturbo e qualcuno si allarmò. Dopo pochi giorni il fatto si ripetè mentre celebravo alle Acli e qualcuno si allarmò ancora di più. Erano i giorni in cui Berlinguer si era sentito male mentre parlava in piazza, mi pare a Padova, e poi morì.

Da allora questo disturbo si è impiantato in me stabilmente e non mi è stato più possibile celebrare la Messa tranquillamente.

Poco dopo lo stesso disturbo lo provai ad Ancona mentre parlavo a un ritiro della Pastorale del Lavoro. Pensai di non essere più in grado nemmeno di annunciare la parola di Dio. Ma questo disturbo durò poco.

E’ tornato ripetutamente nella mia mente il pensiero che se la mia fede nel Mistero Pasquale fosse stata più viva non avrebbe lasciato spazio al timore di non riuscire a respirare durante la Messa e mi sarei liberato da quel pensiero parassita che si era insediato in me.

Mi resi anche conto che la lunga preparazione, dal noviziato fino al terzo anno di teologia, durata dodici anni, non aveva facilitato la mia crescita nella dimensione contemplativa e mistica della vita cristiana.

La fede che sperimentavo così scarsa in me non riuscivo molto spesso a coglierla nella celebrazione dell’Eucarestia e degli altri sacramenti, specialmente in quelli più solenni.

Ho sempre tuttavia pensato che solo Dio sa quello che c’è nel profondo di ogni animo umano e mi sono limitato a considerare l’esteriorità, per altro necessaria, dei riti religiosi.

Nella concelebrazione il disturbo non si ripresentava. Alle Acli ho cominciato ad invitare i partecipanti a recitare con me il canone della Messa, e così in altre situazioni in gruppi ristretti.

Nelle omelie non ho avuto difficoltà.

Non potendo ogni volta spiegare a tutti le ragioni per cui mi era così difficile celebrare normalmente ho dovuto in tanti casi trovare delle scuse per non accettare di dire la Messa, specialmente in occasione di matrimoni e di funerali.

Si può capire facilmente come questa mia miseria fosse in genere poco comprensibile, anche tenendo conto che il fiato certo non mi mancava per andare in montagna.

Così dei cinquanta anni di ordinazione sacerdotale devo concludere che quasi una metà li ho vissuti in modo molto scarso, con non poche ansie e corrispettive somatizzazioni, con la vergogna di dover spesso quasi giocare a nascondino.


Avendo recentemente letto il libro di don Tonino Bello “Affliggere i consolati. Lo scandalo dell’Eucarestia” (ed. Meridiana) mi sono sentito molto consolato in quanto afflitto per lo scandalo dell’Eucarestia.

Stimolato anche dalla lettura del bellissimo testo di Teilhard de Chardin “La messe sur le monde” pensai ripetutamente che se avessi potuto celebrare anche una sola Messa sul mondo, avrei realizzato la mia vocazione sacerdotale per il bene della Chiesa.


In questo lungo e penoso quasi digiuno eucaristico la mia riflessione si è sempre più concentrata proprio sulla fede nel Mistero Pasquale, sulla morte e resurrezione di Gesù Cristo. In particolare sul bisogno di essere presenti e operanti nel mondo e nella storia per Cristo, con Cristo ed in Cristo, testimoni della Pasqua del Signore fino agli estremi confini della terra.


Dopo quanto ho raccontato della mia esperienza in cinquanta anni di sacerdozio penso sia chiaro che non ho alcuna autorità per criticare e nemmeno valutare le Messe che oggi vengono celebrate. Tanto meno mi sento di poter giudicare chicchessia, cercando di avere pieno rispetto per ogni persona: sacerdote o fedele laico, credente, non credente o diversamente credente.

C’è solo il fatto che ho pensato a lungo alla Messa avendo avuto il tempo per farlo e avendo anche accettato il gusto e la fatica del pensare. Ritengo di poter comunicare agli amici alcuni pensieri non privi di amarezza ma più ancora accompagnati da speranza, pur non avendo alcun titolo particolare per farlo.





II


La grandezza del fenomeno della stessa Messa che si celebra continuamente in tutte le parti del mondo.

Il fenomeno poteva apparire anche più grandioso quando c’era l’obbligo di celebrare tutti in latino ma non era certo grandiosa la realtà di un popolo innumerevole che non capiva quel che si diceva.

Oggi la varietà delle lingue, dei canti, dei comportamenti più o meno liturgici, offre nella fede uno spettacolo di una bellezza straordinaria.

Fermandosi poi a considerare e ponderare ciò di cui si fa memoria, il Mistero Pasquale, rivelazione del Mistero infinito di Dio, tutta la terra si ricopre di una luminosità nuova.



La Messa e il silenzio.

Il silenzio appare fondamentale considerando che la Messa è celebrazione del Mistero.

La lettura della Parola affrettata non sembra annuncio di Dio che ci parla.

L’omelia va collegata alla Parola che è stata annunciata.

La pratica di introduzioni e commenti in altri momenti della celebrazione della Messa, per esempio prima del Padre Nostro, quasi non bastasse la straordinaria densità della preghiera liturgica, può lasciare poco spazio al silenzio necessario per gustare, stupire e adorare.

Il sacerdote che parla molto durante la Messa rischia di diventarne in qualche modo il protagonista: lui dice e fa la Messa, i fedeli laici assistono, più o meno passivamente, loro ascoltano e vanno a Messa.


La mancanza di silenzio non è la causa ma piuttosto la conseguenza dello scarso senso del Mistero. Questo ci richiama al fatto di tanta religiosità che sembra scarsa di fede che è apertura al Mistero rivelato.

Si comprende come oggi teologi e pastori illuminati dallo Spirito, colgano la necessità di una riscoperta della dimensione mistica dell’esistenza cristiana.


Particolare tentazione contro il silenzio e l’adorazione del Mistero può venire anche dal fascino della stessa cultura, dalla preoccupazione moralistica e in qualche caso dalla politica, intesa come impegno per influire sui giochi di potere.


La Messa e la comunità

Alla Messa domenicale tante persone possono ritrovarsi insieme senza conoscersi e quindi senza essere una comunità, come ci si può ritrovare al mercato o in un grande magazzino.

Tuttavia ci si riconosce come cristiani “praticanti” e questo può essere già un conforto per la nostra fede, che spesso ci fa sentire isolati e controcorrente nel mondo. Ci può essere così anche uno stimolo ad aiutarsi a vicenda superando un poco la tendenza a farsi solo gli affari propri.

Al tempo stesso però ci può essere la tentazione di sentirsi migliori di quelli che non vengono a Messa e, peggio ancora, in alcuni casi, con l’animo schierato nei confronti dei non praticanti, dei non credenti e di quelli che credono in altro modo.

Può mancare una vera comunicazione nella fede, necessaria tuttavia alla nostra vita personale ed alla vita della Chiesa, comunicazione che non avviene solo nelle parole, ma anche nel silenzio e soprattutto con la testimonianza della vita.

Questa comunicazione nella fede, resa particolarmente difficile dal numero rilevante delle persone che si ritrovano nella Messa festiva, può dipendere anche da una possibile polarizzazione sulla persona del celebrante e del Parroco.

Accade anche che si ritrovino a Messa persone in grande contrasto fra di loro, il cui dissidio viene coperto senza che vi sia inizio di risanamento.


La Messa e il mondo

“Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito” dice il Vangelo di Giovanni (Giov. 3, 16).

Siamo arrivati a parlare tranquillamente di “mondo cattolico” come se fosse un altro mondo.


C’è una Chiesa a Roma a via del Corso dove sette suore, figlie della Chiesa, fanno l’adorazione del Santissimo ed aprono la Chiesa dalle 17 alle 22. davanti alla chiesa passano giorno e notte fiumi di persone e sono rari quelli che entrano per adorare il Santissimo.


Raramente ho trovato un livello di laicità, intesa come amore universale per tutte le persone e tutti gli eventi della storia personale e sociale, così alto come nell’abbadessa di un convento di clarisse che osservano una stretta clausura.


La Messa può essere celebrata in chiesa anche con la porta chiusa al mondo, non nel senso materiale che si impedisca a qualcuno di entrare, ma che si vive la celebrazione a prescindere dal mondo che è al di fuori.

C’è la tendenza a un ripiegamento su se stessi, sia pure sul proprio rapporto con Dio con un certo individualismo spirituale, sui presenti, sulla parrocchia e più marcatamente, sull’associazione o il movimento a cui si appartiene.

Ci si ricorda forse delle immagini che la TV ha trasmesso di quel che succede nel mondo: la violenza, le guerre, la miseria causata forse dalla natura e più spesso dagli uomini. Queste immagini qualche volta restano impresse, ma esse non sono la realtà, alla quale si pensa sempre di meno.

Quanto si pensa a quello che succede nel paese o nel quartiere della città in cui si abita, ai disagi di tutti o di molti e a quelli che dovrebbero provvedere, alle numerose persone che sono povere, emarginate, malate, tormentate dalla mancanza di armonia nella famiglia?

Si pensa a quanti nella nostra stessa nazione vivono in condizioni di grande disagio, di precarietà?

Quanto si pensa sopratutto a quel che succede in tutto il mondo, alla gran maggioranza delle popolazioni in confronto delle quali il nostro mondo “occidentale” è in situazione economica molto privilegiata, dimenticando quello che dice il salmo: “L’uomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che periscono”?

Le intenzioni espresse nella preghiera universale, alle quali tuttavia non viene dato talora il peso che sarebbe conveniente, imprimono la loro apertura al mondo a tutta la celebrazione eucaristica?

E le omelie? Non ne ho sentite molte ma ho sentito molti che si lamentano dello scarso riferimento alla Parola, dell’impostazione moralistica, e di uno sguardo al mondo attento più ai suoi peccati che alle sofferenze.


C’è una carenza che a me sembra particolarmente grave nella Messa e in tutta la pastorale: la mancanza di coscienza politica.

E’ una vita che cerco di capire e di comunicare quel che mi sembra si debba intendere con il termine “coscienza politica”. Si tratta della percezione di come si svolge la convivenza umana nell’intreccio di fatti strutturali ed eventi spirituali, delle cause, delle conseguenze, dei processi.

Cosa c’entra questo con la celebrazione della Messa? Sembra che una delle preoccupazioni principali sia quella di tenere la Messa lontana dalla politica e giustamente inorridiamo quando constatiamo delle strumentalizzazioni politiche, cioè a fini di giochi di potere, della religione e di quello che per noi non è il momento più santo, la Messa.

Bisogna mettere a fuoco che cosa si intende per politica e quindi per coscienza politica.

Nella Messa siamo chiamati ad amare il mondo che è amato da Dio e per il quale il Padre ha dato il suo Figlio unigenito.

Questo mondo, questo popolo immenso di donne e di uomini che si succedono sulla terra, vivono insieme. Ma questa convivenza umana è un insieme di armonia e di contrasto, di pace e di guerra, di gratuità, solidarietà e amore, con egoismi, soprusi e violenze di ogni genere.

La tentazione più forte, con i guai conseguenti, sembra dipendere dalla seduzione del potere, come ci insegnano le stesse tentazioni di Gesù nel deserto.

Tutto questo è politica e non può essere dimenticato mentre si celebra il “mistero della fede”, il centro della storia.





La Messa e la conversione

Consideriamo la partecipazione a ogni singola Messa e al tempo stesso l’andare a Messa la domenica. La Messa comincia con l’atto penitenziale che non dovrebbe essere meno importante della confessione individuale.

La Messa poi è essenzialmente conversione a Dio che si rivela e si comunica a noi in Gesù Cristo. E’ l’atto di fede con cui ci apriamo al Mistero Pasquale ed aderiamo a questo con l’offerta dei nostri corpi (Rm. 12, 1-2).

E’ possibile che si esca dalla Messa come ci si è entrati, senza che nulla sia cambiato, solo con la tranquillità di aver adempiuto ad un precetto della Chiesa.

L’esortazione del sacerdote nell’omelia sembra talora che riguardi una morale non agganciata alla fede nel Mistero Pasquale.

La conversione a Dio comporta quella al prossimo: “Chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede” (1. Giov. 4, 20). In primo luogo quindi conversione ai fratelli che hanno partecipato alla stessa Messa, e poi a tutti in famiglia, nel riposo, nel lavoro. E’ a tutta l’umanità, a cominciare da quelli che sono maggiormente nel bisogno e spesso nel tormento che siamo chiamati a convertirci. La Messa ci immerge nel mondo con i suoi eventi e la sua storia, il cosmo stesso si trasfigura ed accende per il sole di giustizia che contempliamo nella fede, celebrando la Messa (vedi Inno di Lodi del mercoledì).


La conversione della Messa è poi un fatto comunitario e come tale deve essere sentito e in qualche modo manifestato anche nelle opere.

La conversione, che è la Messa, è anche il momento più vivo della conversione ecclesiale. Ricordiamo Paolo: “Completo nella mia carne quello che manca alla passione di Cristo per il suo corpo che è la chiesa” (Col. 1, 24).



Matrimoni

Ho assistito a matrimoni, celebrati durante la Messa, preparati con grandissima cura da persone esemplarmente cristiane, ed ho avuto l’impressione di una grande recita con soggetto religioso. Sono certo della mia poca fede e non penso minimamente a giudicare la fede di quanti partecipavano a questi matrimoni, ma mi è sembrato che l’esteriorità del rito, curata diligentemente, fosse un segno più adatto a una recita che all’esperienza del Mistero Pasquale. Anche in questi casi mi ha colpito la mancanza di silenzio, di stupore, e di riferimento al mondo che rimaneva all’esterno di quella bella festa di amici, festa di famiglia nascente.


Funerali

E’ morta una anziana quasi abbandonata anche dai figli ed ora in chiesa ci sono solo poche amiche e qualche persona che l’aveva aiutata negli ultimi tempi. Il sacerdote fa tutto un pò in fretta eppure sembra questo il momento dello splendore della fede. Quasi senza valore la sua vita piena di sofferenze ed ora amata da Dio, entra nella pienezza della gloria per Cristo, con Cristo ed in Cristo.




III


Qualche via di superamento?

Non sono adatto a dare suggerimenti, posso solo provare a formulare delle speranze, dei sogni, che si riassumono nella prima parte del Padre Nostro.


Penso a piccole comunità in cui si comunichi la fede, la speranza e la carità, in cui le esperienze e i problemi, da quelli più materiali alle ricerche spirituali, vengano condivise, nella comunicazione semplice e sopratutto con l’ascolto reciproco sincero. La fede è arricchita dal rispetto per le diversità nelle luci e nelle ombre che ognuno sperimenta: dall’esperienza di quasi possesso del Mistero che non può tuttavia in alcun modo essere posseduto, alla ricerca ansiosa in un mare di dubbi. La speranza è rafforzata nella comunicazione di modi diversi di fidarsi e di affidare a Dio il presente e il futuro proprio e di tutti.

La carità che pur essendo amore universale si concretizza in innumerevoli dimensioni e forme diverse si rafforza nella condivisione delle fatiche e delle gioie che comporta.

In questa piccola comunità la Messa può diventare il momento della condivisione del silenzio e dell’ascolto del Mistero Infinito che ci viene comunicato nel Mistero Pasquale, e quindi dell’adorazione comunitaria che è l’anima della Chiesa: per Cristo, con Cristo ed in Cristo a te Dio Padre Onnipotente nell’unità dello Spirito Santo ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli.

Così la piccola comunità per quanto di poche persone, forse anche disperse in diverse collocazioni nella società,entra in modo sempre più pieno in comunione con tutta l’umanità e tutti i suoi problemi. La Messa, anche se celebrata tra le quattro mura di una piccola chiesa, è veramente una presenza viva in tutto il mondo. Anche se le porte materiali sono chiuse quelle psicologiche saltano e ci si ritrova, portati dallo Spirito, nel cuore del mondo, della storia e del cosmo.


Le nostre chiese ancora si affollano la domenica e più ancora in alcune grande occasioni liturgiche. Quale speranza, o quale sogno, per questi momenti che sono i più importanti e non solo per il numero, nella vita della Chiesa? Queste grandi realtà non si possono certo dimenticare o lasciare in secondo piano per vivere con le piccole comunità. Non penso nemmeno che si possano auspicare drastici cambiamenti che potrebbero mortificare ciò che è vivo per opera dello Spirito, anche laddove l’organizzazione e la cura pastorale attuale appaiono poco propizie a formare l’essenziale dimensione comunitaria e adorante nella vita ecclesiale.

Credo che, con il massimo rispetto per le esperienze e i cammini di ognuno, si possa tentare di assecondare l’opera dello Spirito per una maturazione della fede ecclesiale, accettando serenamente la fatica quotidiana che si prolunga in tutto il tempo che Dio mette a nostra disposizione.

Un passo può essere quello di aprire le porte delle nostre chiese, in particolare quando si celebra la Messa, aprirle al mondo. Ci sono le intenzioni che vengono richieste per i defunti o per qualche particolare problema dei viventi che più ci stanno a cuore. Non vanno negate ma sempre più accompagnate dall’apertura agli orizzonti reali dell’umanità, della storia e del cosmo. “Grido a te dai confini della Terra” (Salmo 61).

Sembra poi urgente una catechesi che prepari la celebrazione del Mistero Pasquale. Si può pensare anche a diminuire le celebrazioni della Messa ed aumentare la preparazione.








IV


Qualche spunto per la catechesi.


Il tema di fondo è sempre lo stesso:


Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito” (Giov. 3, 16)


Iniziamo con quanto la liturgia ci propone a conclusione della preghiera eucaristica:


Per Cristo, con Cristo e in Cristo

a te Dio Padre onnipotente

nell’unità dello Spirito Santo

ogni onore e gloria

per tutti i secoli dei secoli. Amen”.



Tutte le sofferenze umane

Quelle causate dalle ingiustizie e dalle violenze degli uomini,

quelle non attribuibili a responsabilità umane ma alla nostra condizione fragile e mortale.


Tutte le ricerche di Dio:

quelle di chi pensa di avere la fede,

quelle di chi la cerca in modo esplicito fra tanti dubbi e incertezze più o meno formulate,

quelle di chi sperimenta in modo drammatico la propria precarietà e insufficienza,

quelle di chi cerca in modo idolatrico i beni di questo mondo (anche l’idolatria è in qualche modo ricerca di Dio),

quelle di chi pecca e prova pentimento,

quelle soprattutto di chi supera il proprio egoismo e vive l’amore.


Convergono

Non si disperdono in infinite direzioni diverse,

non si cancellano con il tempo che passa,

non si annullano,

confluiscono in un tutto organico (un corpo mistico)

come pietre vive per l’edificazione dell’edificio spirituale (la Gerusalemme celeste).


Verso la maturazione

E’ un processo che avviene in tutta l’evoluzione cosmica e dura come la storia umana. “Nei secoli dei secoli”.


Della fede ecclesiale

La fede non va confusa con la religione.

Superare il modo corrente e travolgente di concepire la Chiesa in primo luogo come istituzione, come gerarchia, come mondo a sè, porzione eletta dell’umanità; tutte cose non prive di significato a condizione che siano considerate in un secondo tempo e in un secondo piano.

Fede ecclesiale significa in primo luogo fede universale, il cui soggetto è lo Spirito di Dio che opera in tutto l’universo. Il termine “cattolico” significa originariamente “universale”; oggi talvolta è abusato o scartato.



La Messa fonte e culmine della fede ecclesiale

La fede matura

La vita eterna. “Gesù le disse: Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno” (Giov. 11, 25-26).


Superamento dell’individualismo

anche e sopratutto spirituale

(cfr. Henri de Lubac, Cattolicesimo, gli aspetto sociali del dogma)





V


Una rinnovata esperienza ecclesiale.


Il disagio e la speranza per il rapporto fra la fede e il rito, nella Messa e in tutta la dimensione sacramentale della Chiesa, mi hanno portato in questo 80° anno di vita e 50 anni di ordinazione sacerdotale a una rinnovata esperienza ecclesiale.


La prima esperienza è nata da un forte radicamento religioso, in primo luogo nella famiglia e nella scuola tenuta dai Gesuiti, in cui ho studiato, dalla prima elementare alla maturità classica (1932-1944). E’ seguita la formazione nella Compagnia iniziata con due anni di noviziato più un terzo nella stessa casa di Galloro. In questi primi anni ha avuto un influsso importante il rapporto con il giovane Padre Giandomenico Maddalena, considerato (in quegli anni) un pò un’eccezione all’interno della Compagnia, che proponeva in primo luogo la passione per Gesù Cristo. Il mio rapporto con la Chiesa era caratterizzato dal primato dell’istituzione: la Chiesa istituzionale e la Compagnia di Gesù.

Mi appariva importantissima la dottrina e quindi lo studio, in particolare quanto presi qualche contatto con S. Tommaso.

Ritenevo poi che la dottrina sociale della Chiesa e le sue organizzazioni fossero la salvezza della società e della storia, in particolare contro il materialismo ateo.

Riguardo alla mia vita spirituale, continuamente sollecitata dalla continua esortazione “fatevi santi”, ero concentrato sull’impegno morale ed ascetico.

La lettura di “Cristo, vita dell’anima” di Dom Columba Marmion fu un’apertura al Mistero che accese in me la più grande speranza.

Nel più intimo della mia vita la Chiesa, con la sua grandezza istituzionale e dottrinale, con la sua gerarchia e i suoi santi, canonizzati o meno, mi appariva come la più grande garanzia della fede in Dio e in Gesù Cristo, fede sempre provata da incertezze e da ansia.


La rinnovata e rafforzata esperienza ecclesiale


Oggi il pensiero della Chiesa in primo luogo suscita in me un sentimento profondo del Mistero Infinito di Dio che si manifesta nel mistero di ogni creatura, in particolare di ogni donna e di ogni uomo, e nel Mistero Pasquale di Gesù Cristo risorto.

Quando penso alla Chiesa colgo con ammirazione e stupore la pazienza, la solidarietà e la gratuità diffuse in tutto il mondo per opera dello Spirito inviato dal Padre e dal Figlio. Il volto dei piccoli, dei poveri e dei sofferenti, il sorriso dei bimbi e la gioia di quanti amano sono come sacramenti di Gesù Cristo, il Figlio dell’uomo, figlio di Dio e di Maria.


Vivo la Chiesa nell’amicizia che si realizza con pienezza nella comunicazione della fede in Dio, nella tribolazione e nella consolazione che essa comporta. Nell’amicizia spirituale colgo l’anima della Chiesa. Questa amicizia diventa sacramento più evidente quando è vissuta nell’esperienza della morte e nell’inizio di una nuova vita.

La Chiesa poi è quella della tradizione apostolica di cui parla la “Dei Verbum” del Concilio al n. 8. “Questa Tradizione di origine apostolica progredisce nella Chiesa con l’assistenza dello Spirito Santo: cresce infatti la comprensione, tanto delle cose quanto delle parole trasmesse, sia con la riflessione e lo studio dei credenti, i quali le meditano in cuor loro (cfr. Lc 2, 19 e 51), sia con l’esperienza data da una più profonda intelligenza delle cose spirituali, sia per la predicazione di coloro i quali con la successione episcopale hanno ricevuto un carisma sicuro di verità. La Chiesa cioè, nel corso dei secoli, tende incessantemente alla pienezza della verità divina, finchè in essa vengano a compimento le parole di Dio”


Infine è anche nelle continue catastrofi che vedo l’avanzare del Regno di Dio di cui la Chiesa è la realizzazione “già e non ancora”.


Molto spesso sento parlare di Chiesa e mi si rivolgono domande in proposito, per lo più critiche e qualche volta di difesa ed esaltazione della medesima. Il mio imbarazzo è grande e non manco, quando mi sembra opportuno, manifestarlo, perchè si parla di Chiesa e si intende solo l’istituzione, la sua gerarchia e alcuni che si professano devoti della Chiesa. Non mancano gli atei devoti. Questa riduzione del Mistero della Chiesa, per motivi culturali e anche semplicemente di potere, mi rattrista profondamente ma penso che anche questo tradimento è recuperato dalla infinita misericordia di Dio.



P. Pio Parisi s.j.



P.S. Ho letto recentemente:


  • La Messa. Per comprendere, celebrare e vivere l’Eucarestia. Comunità cristiana di Banchette d’Ivrea

  • Pino Stancari, La nostra partecipazione alla Messa, Marra ed.

  • Don Tonino Bello, Affliggere i consolati, lo scandalo dell’Eucarestia, ed. La Meridiana.