Incontri di discernimento e solidarietà

Gennaio 2000

APPELLO AGLI UMILIATI



Leggevo i salmi dell’ora media del giovedì della terza settimana e l’attenzione si è fermata sui seguenti versetti:

“Prima di essere umiliato andavo errando,
ma ora osservo la tua parola”.
Bene per me se sono stato umiliato,
perché impari ad obbedirti”

Salmo 118/119 – vv. 67.71)


A seguito di questa lettura mi è venuta una quantità tale di pensieri che non riuscirei mai a fissarli ordinatamente. Ogni pensiero poi diventava un tema importante da sviluppare, anche se tutti i temi erano sempre più stretti in una profondissima unità organica. Ora provo, tuttavia, a mettere giù qualche pensiero, per me e per gli altri, sentendo un bisogno imperioso di comunicare: “Un fuoco ardente chiuso nelle mie ossa” (Ger. 20,9).


I. LA COMUNICAZIONE


1. Umiliato dal mondo, dalla Chiesa e, soprattutto dalla mia personale estrema miseria, comunico in obbedienza allo Spirito e alla Parola.

Io umiliato dal mondo? Direi proprio di no. Anzi, come sacerdote religioso, nei vari incarichi che mi sono stati affidati in quella parte del mondo che è l’Italia, mi sembra di essere stato considerato più del giusto. Eppure mi sento umiliato dalle innumerevoli e tremende umiliazioni che subisce tanta parte dell’umanità in un mondo pieno di ingiustizie e violenze.
Io umiliato dalla Chiesa? Anche qui la prima risposta è no: son pieno di debiti, non di carattere economico, nei confronti della mia Chiesa. Né mi sento umiliato dalle umiliazioni che subisce la Chiesa perché penso che siano sempre delle grazie. Se ne rendevano bene conto gli apostoli che “se ne andarono dal sinedrio lieti di essere stati oltraggiati per amore del nome di Gesù.” (Atti 5, 4l).
Io umiliato dalla mia personale estrema miseria? Qui la risposta è subito affermativa. La confessione dei miei limiti e dei miei peccati non finirebbe mai, e se con il tempo c’è qualche miglioramento, cresce la consapevolezza della mancanza di fede, di speranza e di carità.
Ciò nonostante oso comunicare in obbedienza allo Spirito e alla Parola.

Non mi sembra di aver mai sperimentato l’azione in me dello Spirito e mi sono ritrovato piuttosto confuso quando, stimolato anche dalle esperienze raccontate da altri, ho provato a riconoscere dei momenti in cui sono stato ispirato. Ogni passo nel mio cammino spirituale mi è apparso come logicamente successivo ai passi precedenti.
Eppure penso di comunicare “in obbedienza a Dio”, che si è rivelato in Gesù Cristo il quale ha inviato lo Spirito perchè potessimo capire tutto quello che Lui ci ha insegnato: “Il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto.” (Giov 14,26) (cfr Giov 16,13-15). Per questo cercando, nella mia estrema miseria, un’eco della Parola, oso affermare che lo faccio in obbedienza allo Spirito.

2. Una decina di anni fa rivolsi un appello ai piccoli e ai poveri affinchè si unissero per sostenersi in tale esperienza e portassero così grandi frutti per la società.

Ho riletto quel testo e l’ho trovato pieno di senso e del tutto attuale. Il compiacimento per quello che lo Spirito mi aveva dato di capire si fonde con l’amarezza per la scarsità delle risposte. Più esattamente molti grandi a cui mi ero rivolto non lo hanno trasmesso come avrebbero dovuto ai piccoli e ai poveri. Ingenuità della mia attesa!
Premesso che per capire l’appello era necessario cogliere la tragicità del mondo in cui viviamo, senza sentirsi in esso ben installati, richiamavo l’attenzione sul fatto che tutti, per la condizione creaturale, siamo piccoli e poveri e, al tempo stesso, alcuni sono piccoli e poveri perché altri sono grandi e ricchi con tante ingiustizie e violenze.
L’appello era ad essere uniti, non in cerca di una maggiore forza, ma per sostenersi nell’esperienza di debolezza, ricavandone frutti di cui la società ha particolare bisogno: conoscere i suoi reali problemi per crescere e governarsi nel modo migliore, accrescere la carica di gratuità di cui certamente non è priva, rafforzare la volontà di combattere contro il male, scoprendo che il problema di fondo sta nel potere e nella crescita di libertà.
Unirsi, quindi, aiutandosi a riconoscere il valore delle proprie esperienze.
In tal modo si arriverà a nuove analisi, capaci di riconoscere le maggiori risorse nella coscienza dei piccoli e dei poveri. Dalle nuove analisi nasceranno nuovi movimenti, nuove condivisioni e nuove liberazioni.
Seguivano suggerimenti per i sindacati, per la politica che si ritiene forte mentre è debole, per le Acli e in particolare per chi vive esperienze di emarginazione.
Dall’appello, infine, risalivo all’annuncio del Vangelo e alla necessità di una continua conversione della Chiesa.

3. Recentemente ho proposto il “giubileo dei piccoli e dei poveri”.

Scorrendo il calendario dell’Anno Santo 2000 sono rimasto colpito dal numero dei giubilei che vengono proposti, a partire dal giubileo dei bambini fino a quello del mondo dello spettacolo.
Mi è venuto così in mente di proporre anche il Giubileo dei piccoli. E’ chiaro che con il termine “piccoli” non intendo solo i bambini. La mia è una proposta trasversale che riguarda tutte le creature che sperimentano la loro radicale insufficienza nelle condizioni di peccato e di morte.
Per piccoli intendo quelli di cui parla il Signore: “In quello stesso istante Gesù esultò nello Spirito e disse: Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, Padre, perché così a Te è piaciuto” (Lc 10,21).
Essendo il Giubileo tempo di conversione e di festa è estremamente importante considerare per che cosa il Signore “esultò” e cercare che la nostra gioia e la nostra festa abbiano lo stesso motivo di fondo: il disegno del Padre.
Provo ad indicare alcune caratteristiche del Giubileo dei piccoli.

In primo luogo penso che debba essere un fatto interiore, un cammino di conversione del cuore nella docilità allo Spirito Santo: “Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù” (Fil. 2,5).
La manifestazione esteriore e comunitaria di questo evento interiore può essere in qualche misura utile e doverosa. Ma il Giubileo dei piccoli sarà molto attento ad evitare che la dimensione esteriore distragga, intralci o addirittura sostituisca quella interiore.
Il Giubileo dei piccoli sarà un impegno a convertire al Signore tutta la propria vita e non solo a compiere qualche opera buona. Questo significa che bisogna cercare la comunione con la morte e la resurrezione del Signore là dove ci si trova a vivere. Non si tratta evidentemente solo del luogo spaziale ma della situazione in cui ci si trova, di quel che accade a noi e attorno a noi, di tutta le “gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini di oggi, dei poveri soprattutto e di coloro che soffrono” (G.S. 1). Stare con fede dove il Signore ci ha posto, attenti al vicino di casa come ai fenomeni della globalizzazione. Questo non significa che non possa essere utile l’andare del pellegrino - non quello del turista - ma occorre fare attenzione che non si tratti di evasione, assentandosi dai luoghi del nostro continuo pellegrinaggio terreno, dove ogni giorno sperimentiamo la nostra piccolezza e con questa la salvezza che viene dal Signore.
Il Giubileo dei piccoli non può essere datato in un giorno, in un mese e neppure in un anno. La gioia e la pace della comunione con il Figlio di Dio e di Maria, che muore e risorge, ci sono proposte dalla Chiesa in tutte le ore, liete e tristi, della nostra giornata terrena. Stabilire una data è utile nella misura in cui serve a ricordarci che tutti i giorni sono buoni, che ogni ora è un’occasione straordinaria per vivere “l’amore di Dio che è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5,5).
Il Giubileo dei piccoli è comunione con tutte le creature di Dio, con tutte le donne e tutti gli uomini della terra, senza escludere nessuno, come lo Spirito Santo che “tutto unisce perché conosce ogni linguaggio” (Antifona di Pentecoste).
Il Giubileo dei piccoli è quindi ricerca di comunione con tutte le gioie che in ogni momento sperimentano gli abitanti del mondo, nella fede che Dio è la sorgente di ogni vera gioia e che, per la resurrezione del Signore, siamo tutti chiamati alla Gerusalemme celeste dove Dio “tergerà ogni lacrima dai nostri occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate” (Ap. 21,4).
Il Giubileo dei piccoli è condivisione con tutte le sofferenze umane, è apertura alla compassione universale e radicale di Dio che “quando venne la pienezza del tempo, mandò suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli” (Gal. 4,4-5).
Quindi il Giubileo dei piccoli è la festa dei peccatori, grandi e piccoli, che trovano la forza per convertirsi sapendo che “ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione” (Lc 15,7).

4. Ora nella Chiesa confesso la fede nel Signore veramente risorto.

Credo che la paternità di Dio si rivela con pienezza nella morte e nella risurrezione di Gesù Cristo, che la gloria dell’onnipotenza si manifesta nell’umiliazione della morte in croce.
Le mie parole e i miei pensieri cedono il passo alla lode della Chiesa e all’adorazione silenziosa del mistero infinito. E’ il punto di partenza di tutto il resto.

O Spirito Paraclito,
uno col Padre e il Figlio,
discendi a noi benigno
nell’intimo dei cuori.


Voce e mente si accordino
nel ritmo della lode,
e il tuo fuoco ci unisca
in un’anima sola.


O luce di sapienza,
rivelaci il mistero,
del Dio trino e unico,
forte di eterno amore. Amen

(Inno di terza)


5. Con un intervento che, fidando nello Spirito, spero sia profetico, mi rivolgo a tutti gli umiliati dal mondo, dalla Chiesa e dalla propria miseria.

Nonostante l’insegnamento conciliare circa la vocazione di tutti i cristiani a partecipare alla regalità, al sacerdozio, e alla profezia di Gesù Cristo (Lumen Gentium nn. 12, 31,36), il termine profezia è oggi spesso ignorato e frainteso, fino a contrapporlo all’impegno nel mondo e nella politica.
E’ urgente ritrovare e vivere il significato biblico della profezia per non diventare sale insipido, per non girare a vuoto nel mondo, con il rischio di aumentarne la confusione e la violenza.
Spero, nonostante la mia miseria, di comunicare qualcosa che nasca dall’ascolto della parola di Dio ed abbia, quindi, valenza profetica.

6. Rivolgendomi anni fa ai piccoli ed ai poveri cercavo di passare dall’appello all’annuncio. Ora mi propongo di entrare direttamente nell’annuncio della Chiesa per aiutare a scoprire in esso un appello urgente.

Allora dicevo: “Dall’appello all’annuncio. Appello ai piccoli e ai poveri perché si uniscano per sostenersi in tale esperienza e portare frutti per la società. E’ questo un appello politico che contiene in modo implicito l’annuncio del Vangelo. L’esplicitazione del Vangelo dà senso pieno a questo appello politico”.
Ora potrei dire: “dall’annuncio all’appello“. L’annuncio del Vangelo è chiaramente il fondamento della nostra vocazione. Tutto parte dall’iniziativa di Dio; il battesimo è l’inserimento nella morte e nella risurrezione del Signore e il fondamento dell’etica cristiana (Fuchs).
In tal modo l’urgenza dell’appello politico passa in secondo piano? Assolutamente no perché l’annuncio del Vangelo è rivelazione del senso della storia, dalla città di Caino alla Gerusalemme celeste. (De Lubac).

* I piccoli, i poveri, gli umili.
Sono categorie importantissime per capire la parola di Dio e per annunciarla nel mondo, con la vita più che con le nostre parole.
Ricorrendo, tuttavia, a queste categorie occorre ricordarsi sempre del mistero insondabile che è ogni persona umana, che richiede il massimo rispetto, cercando di ridurre al minimo la violenza delle nostre, pur necessarie, classificazioni.

* C’è una differenza fra piccoli e poveri da un lato e umiliati dall’altro?
Di fatto queste categorie per lo più coincidono.
Mi sembra, tuttavia, che si possa cogliere una differenza: Piccoli e poveri si è, umiliati si diventa. Oserei dire che la qualifica di umiliati è più dinamica, mette più in risalto un divenire, un fatto o meglio una serie di fatti che umiliano. E molto spesso questi fatti sono i comportamenti di chi per i propri interessi, per la propria esaltazione umilia gli altri.
Parlare di umiliati significa molto spesso mettere in luce il peccato di chi è causa dell’umiliazione.

* Il termine “umiliati” può facilitare il recupero del concetto di umiltà, così centrale in tutta la rivelazione e così dimenticato nella riflessione dei cristiani riguardo al loro impegno sociale e politico. Non mi pare di aver trovato questa virtù, fondamentale in tutta l’esperienza spirituale, nella dottrina sociale della Chiesa (v. Mongillo nel Nuovo Dizionario di Spiritualità; De Flores, Goffi).
L’umiltà e l’umiliazione sono la chiave della salvezza (Fil 2; Apoc 5)

7. E’ necessaria una dolorosa denuncia, confessione di peccati personali e comunitari

Nell’Enciclica “Sollicitudo rei socialis” Giovanni Paolo II dice: “All’esercizio del ministero dell’evangelizzazione in campo sociale, che è un aspetto della funzione profetica della Chiesa, appartiene pure la denuncia dei mali e delle ingiustizie. Ma conviene chiarire che l’annuncio è sempre più importante della denuncia, e che questa non può prescindere da quello che le offre la vera solidità e la forza della motivazione più alta” (SRS n.41).
Bello, confortante, lieto è l’annuncio, ma convertirsi al Vangelo è un cammino faticoso che ha in fondo la croce. Comincia con la denuncia dei propri peccati ma comporta anche il riconoscimento delle colpe della Chiesa, per essere in essa membra vive e non lasciarsi trasportare pigramente.
La denuncia del male nella Chiesa può dare a qualcuno un sollievo giustificatorio dei propri peccati: si corre il rischio di compiacersi nel giudicare. Il riconoscimento autentico delle carenze della propria Chiesa aumenta l’umiliazione ma apre anche a una grande speranza e rafforza l’amore universale. E’ un atteggiamento ben diverso da certe esaltazioni ecclesiali prive di discernimento che volgono facilmente in idolatria e preparano i più tremendi conflitti tra le diverse religioni.
Nell’umiltà personale e collettiva si ritrova la bellezza ed il conforto della gioia dell’annuncio.


II. A CHI MI RIVOLGO


8. Gli umiliati dal mondo crescono di numero e per la gravità delle umiliazioni nel tempo di una globalizzazione di cui non si vede alternativa.

Il salmo dell’ora media mi ha dato un’ulteriore spinta a rivolgere la mente e il cuore a tutti gli umiliati del mondo che sono la realtà in cui cerco di vivere e specialmente di pregare.
Sei miliardi di sorelle e fratelli, tutti umiliati anche se in grado diversissimo e non pochi di loro che umiliano gli altri con ingiustizia e violenze, con piccole o immense responsabilità. Chi è più da compatire?
La grande umiliazione avviene su vie non molto diverse dalla globalizzazione. A questo punto il mio pensiero è richiamato da tante riflessioni che oggi si fanno su questo cambiamento così radicale, pur nella continuità del cammino storico. A me sembra che la globalizzazione richiami urgentemente la contemplazione e in particolare la Chiesa che esiste per trasmettere e far crescere la tradizione apostolica nella contemplazione di fede del Mistero rivelato (DV. n. 8).
“Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita (poiché la vita si è fatta visibile, noi l’abbiamo veduta e di ciò rendiamo testimonianza e vi annunziamo la vita eterna, che era presso il Padre e si è resa visibile a noi), quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo. Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia perfetta”. (1 Gv. 1, 1-4)
Ci sono degli umiliati nella nostra società italiana che mi sono particolarmente vicini, che occupano uno spazio crescente nei miei pensieri e nel mio affetto: sono i giovani che incontrano grandi difficoltà a trovare lavoro.
Appaiono spesso demotivati, specialmente negli studi universitari, e in qualche misura demoralizzati. Al tempo stesso sono disincantati, con una maturità che può avere un grande valore per la costruzione di un futuro sociale profondamente rinnovato.
Accanto al carrierismo spudorato o nascosto e, ahimè, non di rado benedetto, ci sono molti giovani che si accontentano, e anche questo può essere un segno di maturità e un presupposto della solidarietà. Sono germi di speranza di cambiamento della società.


9. In occasione del giubileo dell’anno 2000 si evidenziano tentazioni e sbandamenti di molti che nella Chiesa esercitano il potere e, di conseguenza, l’umiliazione del popolo di Dio su cui questo potere è esercitato. Non mancano poi le umiliazioni anche per chi umilia gli altri.


Gli umiliati nella Chiesa.

“Bene per me se sono stato umiliato”; il salmo non dice “guai a chi mi ha umiliato”, ma lo si può immaginare cogliendo un parallelo con le beatitudini nel Vangelo di Luca: “Beati voi poveri – guai a voi ricchi”.

Il mio pensiero corre a tante persone che oggi si sentono umiliate all’interno della Chiesa e a tante altre che lo sono senza nemmeno rendersene conto.
L’annuncio del Vangelo, che è il compito primario di tutta la Chiesa, è il vero conforto per ogni essere umano, la vera consolazione in ogni sofferenza, l’esaltazione di chi è piccolo e povero, di chi si umilia, la glorificazione nel Signore di ogni creatura.
“Gesù si recò a Nazareth, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto:


Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato per annunziare ai poveri
un lieto messaggio,
per proclamare ai prigionieri
la liberazione
e ai ciechi la vista;
per rimettere in libertà gli oppressi,
e predicare un anno di grazia del Signore

(Lc 4,16-19)


Questo testo lo si ripete frequentemente in rapporto al prossimo Giubileo, ma non sempre si agisce coerentemente.
Tante esperienze personali di cristiani diversamente collocati nella Chiesa-istituzione manifestano l’umiliazione di ritrovarsi in una Chiesa mondanizzata per i legami economici e le ricchezze, per la seduzione di ogni forma di potere, per l’esteriorizzazione nella preoccupazione dell’immagine e del numero, non quello dei salvati ma quello nella piazza.
Tanti sono umiliati da chi esercita il potere, anche nel campo spirituale, come se l’azione dello Spirito fosse costretta nelle canalizzazioni costruite dagli uomini. Così lo spirito di molti, vivificato dallo Spirito Santo, si trova mortificato da programmazioni umane, illusorie ed arroganti, che trascurano l’ascolto della Parola e dell’intelligenza di questa che è data ai piccoli e negata ai dotti e ai sapienti (cfr. Mt 11,25-27; Lc 10,21-22). L’umiliazione può consistere nell’emarginazione ma anche nell’inquadratura, accompagnata magari da onori formali, in un sistema o in un programma che non risponde affatto al sentire profondo di chi è inquadrato.
Ciò può avvenire come sofferenza, ma anche con acquiescenza, pigra o furbesca; l’umiliazione acconsentita e compiaciuta è il male peggiore.
Più o meno consapevolmente molti sono umiliati perché la loro Chiesa si esalta.

* Gli umiliati nella Chiesa oggi sono tanti anche a causa di un verticismo crescente in gran contrasto con il Concilio Vaticano II. Nella Chiesa che è in Italia questo fenomeno è particolarmente accentuato.
Ci sono umiliati nella Chiesa che soffrono di questa condizione, ma ce ne sono anche di quelli che se ne compiacciono. Tanti si trovano bene in una condizione di deresponsabilizzazione. Qualcuno poi furbescamente strumentalizza la docilità verso i pastori in vista di un avallo dei suoi affari economici e politici.
A questo punto mi pongo il problema di quanto sia necessario rilevare dei fatti, fare dei nomi e cognomi. Penso sia questa una cosa doverosa per non rimanere nel vago, diventando corresponsabili, con una sorta di omertà.
Resta tuttavia il timore di essere giudicati ma soprattutto di cadere in quel giudicare che il Signore ha chiaramente riprovato.


10. Tutti siamo umiliati nella nostra condizione creaturale, nella contraddizione fra il desiderio di vita e il destino di morte, dagli innumerevoli contrasti fra i desideri della carne e quelli dello spirito
L’umiliazione è costitutiva dell’essere creature. Dio ci crea umiliandoci, non per sadismo, ma per unirci a sé.

E Dio si umilia per unirci a Lui. Siamo amorevolmente chiamati ad accettare questa umiliazione-comunione, rinunciando ad ogni autonomia nei confronti di Dio.
La contraddizione fra desiderio di vita ed esperienza di morte, quando si acuisce dolorosamente, spinge all’unione con Dio nell’esercizio delle virtù teologali e alla dimensione contemplativa della nostra vita.
I contrasti fra i desideri della carne e quelli dello spirito creano in noi una tensione dolorosa che ci dispone all’attesa operante della resurrezione in Gesù Cristo.


III. L’APPELLO


11. Accogliamo liberamente e generosamente le umiliazioni che ci uniscono al Signore che ha salvato il mondo con la morte in croce.

E’ la vita cristiana. E’ la vocazione della Chiesa.
Accade in un momento, qui ed ora, e si protrae per tutta la vita. E’ un gesto interiore, semplice, silenzioso e liberante , che penetra in tutti i nostri impegni di lavoro, familiari e sociali.
E’ un cambiamento radicale e rivoluzionario con lo stile e il fascino della mistica.
E’ al di là di ogni ragionevolezza ma salva la ragione ed ogni altra facoltà umana.


12.Mi rivolgo a quanti sono umiliati e in quanto si sentono umiliati: aiutiamoci a credere che per la sua umiliazione il Signore dà senso e salva la storia di ognuno e dell’umanità

Elemento centrale dell’appello agli umiliati è l’invito ad essere uniti nella comunicazione delle proprie esperienze. L’esperienza è unica e molteplice, la comunicazione aiuta il discernimento di fede di ciò che ognuno sperimenta e della realtà ecclesiale e mondana in cui tutti viviamo.
Aiutiamoci a credere. In che cosa può consistere questo aiuto dato che credere è un fatto interiore e un dono dello Spirito che opera in noi?
Immersi e sommersi nella mondanità, cioè in una continua stimolazione a cercare dei beni che ci distraggono da Dio, dobbiamo aiutarci ad emergere a resistere. Non si tratta di ignorare o rifiutare un mondo che dobbiamo amare e in cui dobbiamo operare, ma di stare in esso, rimanendo in ascolto di Dio. “Abita la terra e vivi con fede” (Salmo 36/37, 3)
Aiutiamoci a stare in ascolto della Parola, celebrando con fede il Mistero Pasquale, rendendo la nostra vita una continua eucarestia.


13. Cominciamo a leggere tutti gli eventi, da quelli personali a quelli che ci coinvolgono nella globalizzazione, come estensione del Mistero Pasquale.

Mi rivolgo agli umiliati in quanto si sentono tali e accettano in qualche modo questa condizione perché ne intravedono il valore. Non mi rivolgo quindi, almeno in primo luogo, a quanti sono solo arrabbiati contro chi li umilia e cercano di vendicarsi rovesciando la posizione. Gli umiliati che, più o meno consapevolmente, sono uniti a Gesù Cristo che disse: “Venite a me voi tutti …. imparate da me che sono mite ed umile di cuore” (Mt 11), sono coloro che possono capire il senso di quello che oggi succede.
In un mondo che per molti versi non sa più dove sta andando sono gli umiliati che possono far luce sul presente e sul futuro. Loro sono coinvolti ma non stravolti. Chi sta fuori in posizione privilegiata, perché ricco e potente o perché distaccato in studi accademici gratificanti, non capisce. Non serve vedere, magari sul piccolo schermo, per poi giudicare ed agire, occorre provare sulla propria pelle per capire quel che succede. Oggi tanti parlano di globalizzazione. Molti essendo già globalizzati nella mente e nel cuore, non sanno fare altro che assecondare il fenomeno, vivendo, e quel che è peggio, diffondendo pie illusioni. Qualcuno che riflette con più acume (Latouche) rileva che la prima cosa da fare è liberarsi dal convincimento che le cose non possono andare diversamente da come vanno.
Solo gli umiliati potranno reagire in modo efficace.

Nel 1995 l’editrice AVE pubblicò un libro da me curato: “La cattedra dei piccoli e dei poveri”. Qualcuno raccolse con entusiasmo la proposta - provocazione, ma la pratica di tale cattedra risulta ardua, forse impossibile senza un’esperienza di fede adulta. Eppure questa cattedra è urgente ed è per questo necessario prendere le distanze e denunciare non poche cattedre di grandi e di ricchi, sul piano materiale come su quello di una cultura aliena dal servizio.
A proposito di cattedre sarebbe bene aver sempre presente quanto dice il Signore nel capitolo 23 di Matteo circa l’ipocrisia e la vanità degli scribi e dei farisei.


14. A partire da una lettura nuova degli eventi gli umiliati potranno diventare soggetti di nuovi movimenti politici.

Con molta esitazione aggiungo a movimenti la qualifica “politici”. Il termine politica è sempre più legato al potere, alla ricerca, alla gestione e alla conservazione del potere. Quanti hanno potere non sono disposti a riconoscere la soggettività politica a chi opera dal basso per costruire la società, la polis. E quanti non hanno potere lo cercano come condizione per migliorare la società. Chi umilia non dà spazio a chi è umiliato.
Ciò conferma che la novità, il respiro nella convivenza umana, può venire solo da chi è umiliato.
L’umiliazione riconosciuta come un bene è forza vincente (1 Giov. 4). E’ la possibilità di resistenza alle forze immense della globalizzazione, è la capacità di rottura in profondità con le forze dominanti.
L’umiliazione con il suo immenso valore è l’esperienza più diffusa nell’umanità e ne è la più grande risorsa, ma è anche la realtà più negata da una minoranza, sempre più ristretta e condizionata, di coloro che hanno i grandi poteri del mondo.


15. Resistiamo alle forze poderose che dall’interno e dall’esterno, anche nella Chiesa, ci spingono a guardare il mondo con sapienza solo umana.

E’ urgente mettere a tema la resistenza, ricordando il passato, ma soprattutto guardando il presente

Occorre prendere coscienza delle forze contrarie che puntano, più o meno consapevolmente, proprio ad ottundere le coscienze.

Per raccogliere il valore dell’umiliazione occorre rinunciare a innumerevoli compensazioni ragionevoli ma distanti dalla via del Signore: rinunciare alla rivincita, alla rivalsa, alla rivendicazione personale e comunitaria, alla appartenenza religiosa, alla religiosità che sostituisce o lascia in secondo piano la fede.
E’ necessaria la denuncia non per deresponsabilizzarsi, ma per promuovere un’alternativa non di potere ma al potere.
Il cambio di chi gestisce il potere può essere molto importante. Oggi, tuttavia, tale problema è enfatizzato fino a trascurare ogni azione dal basso, o anche quella dall’alto rivolta in primo luogo alla maturazione di una coscienza politica popolare. Per questo non si comprende il Vangelo come alternativa “al” potere e lo si forza a diventare alternativa “di” potere.


16. Stringiamoci a Cristo pietra viva.

“Deposta dunque ogni malizia e ogni frode e ipocrisia, le gelosie e ogni maldicenza, come bambini appena nati bramate il puro latte spirituale, per crescere con esso verso la salvezza: se davvero avete già gustato quanto è buono il Signore.
Stringendovi a lui, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo” (1 Pietro 2, 1-5).
Mentre si moltiplicano forme di religiosità che vanno sempre rispettate anche se appaiono lontane dalla fede, che sta in silenzio davanti al mistero di Dio, occorre concentrarsi nell’adorazione di Gesù Cristo, della sua morte e risurrezione.
L’umiliazione più forte deriva da chi esercita il potere in modo autoritario rifacendosi a Gesù Cristo che “humiliavit semetipsum”.


17. Contribuiamo alla crescita della Chiesa dei piccoli, dei poveri e degli umiliati, nella sequela di Gesù Cristo

La Chiesa umiliata.
E’ il contrario della Chiesa trionfante!
La Chiesa umiliata libera ed esalta l’umanità, la Chiesa trionfante su questa terra l’umilia.

Oggi, come sempre da venti secoli, c’è una chiesa che si esalta ed è esaltata dal mondo, venendo meno alla sua vocazione, alla sequela del suo Signore sulla via di Gerusalemme, verso l’ignominia della croce e il trionfo della risurrezione.
“Prima di essere umiliato andavo errando, ma ora osservo la tua parola”. Vale per i singoli, per le comunità, per tutta la Chiesa. Una Chiesa che nel rapporto con il mondo coltiva la sapienza umana mettendo da parte la sapienza divina rivelata, ha urgente bisogno di essere umiliata per ritrovare la parola.
Io penso che tutti i cuori sono umiliati perché in tutti opera lo Spirito inviato dal Padre e da Gesù.
Constato invece che nel pensiero, nella cultura, nell’organizzazione, nell’azione pastorale, nel rapporto con il mondo di molti cristiani si annidano germi di trionfalismo terreno.
La compiacenza del mondo per una Chiesa mondanizzata, che in quanto tale non è più un lievito ma solo una bella confezione che non cambia in nulla il prodotto, è un segnale molto negativo.


La speranza per il 2000 e 2001.

Penso alla speranza teologale, che riguarda il tempo della nostra vita terrena e della storia in stretto collegamento con il nuovo cielo e la nuova terra, per cui Dio ci crea, ci redime e ci santifica. Speranza teologale fondata sulla fede nell’onnipotenza di Dio che si manifesta soprattutto nella sua misericordia.
Spero che nell’anno giubilare lo Spirito di Dio converta i cuori interiormente, nascostamente perché “Il regno di Dio non viene in modo di attirare l’attenzione, e nessuno dirà: eccolo qui o eccolo là. Perché il regno di Dio è in mezzo a voi”. E’ la risposta di Gesù ai farisei che gli domandavano: “Quando verrà il regno di Dio?” (Lc 17,20-21). E lo Spirito fa gustare quanto è buono il Signore, condizione questa per bramare il puro latte spirituale della parola di Dio (cfr. 1 Pr 2, 1-2).
Questo speriamo per il 2000 nonostante le distrazioni e le tentazioni che vengono dall’impegno organizzativo, dal coinvolgimento economico e dalla preoccupazione dell’immagine.
La speranza teologale si fa ancora più grande per il 2001; quando lo Spirito di Dio non diminuirà i suoi doni, le tentazioni di esteriorizzazione e di mondanizzazione saranno meno violente e più forte sarà il bisogno di ritrovare nell’interiorità il rapporto con Dio, e in lui con tutta l’umanità e tutta la creazione.
La riscoperta dell’importanza degli umiliati per la salvezza del mondo aiuta il superamento della frattura tra la fede e la vita, fra il cammino spirituale e l’impegno nel mondo, fra la mistica e la politica.


La luce

“Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza per usare a tutti misericordia!
O profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio! Quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie!” (Rm 11,32-33).
“Prima di essere umiliato andavo errando, ma ora osservo la tua parola” (Sal. 118-119,67).
Un raggio di luce è penetrato nella confusione dei miei pensieri e dei miei sentimenti.

“Notte, tenebre e nebbia,
fuggite: entra la luce,
viene Cristo Signore.
Il sole di giustizia
trasfigura ed accende
l’Universo in attesa.”

(Inno di lodi del mercoledì)


Sono umiliato per l’umiliazione di tutta l’umanità.
Ogni giorno notizie di sciagure, di guerre, di ingiustizie e di violenze.
Il declino di tutti e di tutto verso una fine che è sullo sfondo di ogni più promettente inizio.
La corporeità che mentre sostiene lo spirito lo condiziona e lo spegne.
Il frastuono che esaspera chi non si lascia travolgere.
L’esaltazione della banalità e dell’insignificanza.
Il culto idolatrico della personalità.
Questa realtà umiliata è visitata, penetrata, salvata, glorificata dal Figlio di Dio. E’ l’estensione del Mistero Pasquale.
Ogni piccola o grande presa di coscienza della miseria della condizione umana turba il discorso cristiano che da sempre ripeto a me stesso e agli altri. La mia religiosità è continuamente messa in crisi, ma la fede scende in profondità, si purifica e si espande con l’allargarsi dell’orizzonte della miseria umana.
“La tradizione di origine apostolica progredisce nella Chiesa con l’assistenza dello Spirito Santo” (DV n. 8). E questo accade nell’umiliazione della Chiesa, dei credenti e di tutti gli uomini che gridando pregano, più o meno coscientemente, e il Signore li ascolta.

Con gioia pura ed umile,
tra i canti e le preghiere,
accogliamo il Signore,
Salvatore dei poveri,
la gloria del tuo volto
splenda su un mondo nuovo!
A te sia lode o Cristo,
al Padre e al Santo Spirito,
oggi e sempre nei secoli.

Amen


(Inno di lodi del mercoledì)