Incontri di discernimento e solidarietà
Download

Puoi scaricare questo file nei formati Microsoft Word o PDF
Scarica in formato Microsoft Word (108 KB) Scarica in formato PDF (1.152 KB)

Incontro del 26 ottobre 20131

Biblioteca della Parrocchia di San Romano Martire

Tema: “La Messa sul mondo2 “ - La Liturgia -

Introduce Alberto La Porta – Testimone è Padre Francesco Rossi de Gasperis sj.



Alberto La Porta: Gli incontri di discernimento3 di quest’anno li dedicheremo al tema della “Messa sul mondo”, così come abbiamo condiviso nei due incontri preparatori guidati da Franco Passuello. Oltre a noi dell’associazione Maurizio Polverari, partecipano amici della Parrocchia che ci ospita e amici dell’associazione Teilhard de Chardin ( di Teilhard c’è un prezioso scritto proprio sulla Messa sul mondo, al quale fa riferimento Pio nella sua riflessione su questo tema).

Il parroco, don Marco Fibbi, che ringraziamo vivamente, ci darà ospitalità per tutti i nostri incontri, quelli di discernimento e quelli della Lectio Divina con Padre Pino Stancari, che quest’anno ci porterà a riflettere sul Vecchio Testamento meditando sul libro di Giuditta. Abbiamo infatti dovuto lasciare l’appartamento comune, ma le nostre iniziative in memoria di Pio proseguono proprio qui, nella biblioteca della parrocchia di S. Romano , dove verranno conservarti anche gli scritti ed i libri di Pio , che rimangono a disposizione di tutti per la loro consultazione e valorizzazione.

L’ itinerario che inizia stamane è impegnativo. Seguendo le riflessioni e le proposte di Pio, vorremmo arrivare a far esperienza della Messa sul Mondo, sulla scia delle esperienze di Teilhard de Chardin, avendo presente le nostre realtà di oggi, l’oggi dell’ umanità, della Chiesa, del mondo, per comprendere e ancor più vivere nella sua piena valenza la Messa, fonte e culmine dell’azione della Chiesa, che costruisce i figli di Dio e realizza in una dimensione universale e concreta la salvezza di tutto il creato. Su questo tema Pio aveva lavorato con un gruppo di parroci , con il fine di ricercare la celebrazione della Messa domenicale come Messa sul mondo, in cui siano coinvolti tutti i fedeli in modo non rituale, con una stretta integrazione dell’ascolto della parola di Dio e il discernimento su tutta la realtà.

Gli ultimi tre incontri saranno dedicati a sperimentare la celebrazione della Messa con questa valenza, mentre nei primi 6 incontri cercheremo di comprendere il significato della Messa nei vari suoi momenti, con l’aiuto di esperti qualificati. Oggi iniziamo affrontando il tema della Liturgia, ed abbiamo la fortuna di avere come esperto/testimone Padre Francesco Rossi de Gasperis.

Lo spirito che desideriamo informi questi nostri incontri è quello di metterci in discussione, di fare un discernimento spirituale, cercando innanzitutto di cambiare noi stessi. Partendo dalla comunicazione di Padre Rossi de Gasperis, proveremo a condividere quanto la meditazione proposta suggerisce al nostro spirito.

Un piccolo appunto di Pio che ho ritrovato, fra i tanti, mette in evidenza che nella Messa siamo chiamati all’ intreccio fra ascolto della Parola e lectio mundi; e sottolinea la necessità di fare attenzione a tutta la realtà del mondo, dalle realtà più vicine a quelle più lontane che dobbiamo leggere alla luce della Parola, facendocene carico con un amore universale concreto che proprio attraverso la Messa si può realizzare. Della Messa dunque non ci possiamo appropriare , non possiamo privatizzarla (farne cioè un uso privato e rituale ) e dobbiamo aver sempre presente che la Messa è memoriale della morte e risurrezione di Gesù che come evento di salvezza riguarda tutto il creato, coinvolge tutta l’umanità, ogni singola realtà e l’insieme.

In questo senso è importante comprendere come la Liturgia contribuisce e realizza essa stessa questa redenzione, questa salvezza, questa unità della Chiesa; e stamane rifletteremo proprio su questo primo aspetto della Messa , secondo quanto lo stesso Concilio aveva messo in evidenza: la Messa come atto di culto che realizza la centralità dell’azione salvifica di Dio nel mondo e per il mondo, in relazione alla quale l’uomo non è una semplice comparsa o solo utilizzatore. La stessa evangelizzazione è Liturgia, è atto di culto. Oggi però ci soffermiamo sulla liturgia come momento specifico del fare memoria, con la celebrazione della Messa, della morte e Risurrezione di Gesù.

Ora voglio richiamare alla vostra attenzione una frase di Padre Rossi De Gasperis che ho ritrovato nell’ultima pagina di un suo libro sulla Risurrezione4, che mi pare possa introdurci a questo itinerario per comprendere il significato e la valenza della liturgia eucaristica e giungere a celebrare insieme la Messa sul mondo, quale sperimentazione da offrire senza presunzione alcuna e con spirito di servizio alla comunità cristiana. La Messa , memoriale della morte e Risurrezione di Gesù, nell’oggi del popolo di Dio e della Chiesa che ne è espressione viene illuminata da queste affermazioni sulla Risurrezione:

La Risurrezione di Gesù è la speranza dell’universo e la trasformazione in corpo spirituale, verso cui il nostro corpo cammina, é anche il destino di tutta la realtà. Stiamo andando verso una trasfigurazione, una metamorfosi, che concerne non i soli esseri umani, ma il mondo intero, perché dove ci sono uomini c’è pure il mondo, che è la risultante delle relazioni delle persone tra loro e con Dio. La liberazione non deve essere annunciata soltanto agli esseri umani, ma a ogni creatura, a tutto il creato. Andate in tutto il mondo e annunciate l’Evangelo a tutto il creato!”E ancora si legge:”Non si liberano gli esseri umani dalla schiavitù rinnovando e umanizzando il mondo, ma si libera e si umanizza il mondo rinnovando gli uomini”.“ Questa è l’economia di Dio centrata sul Figlio fatto uomo e sul suo Spirito effuso sulla creazione, mediante la Chiesa del Figlio.”

Dedicare il nostro discernimento alla Messa , nei prossimi mesi, non è un abbandonare l’impegno, l’attenzione alla storia, alle necessità dell’umanità; ma porre l’attenzione proprio sulla storia dell’umanità e su quanto noi viviamo che dalla Messa celebrata e vissuta in tutta la vita dei fedeli ( che si devono spendere per l’umanità sull’esempio del Cristo) riceve luce, sostegno, liberazione,amore.

I nostri incontri, dunque, sono di ascolto del progetto e della iniziativa di Dio e di attenzione al mondo, a quanto ci succede intorno, con uno spirito universale. Desideriamo crescere nella fede e nel servizio all’umanità, senza nessuna chiusura intimistica o elitaria, e diventare più consapevoli. Come la Messa, l’evangelizzazione è un servizio fondamentale per l’umanizzazione del mondo, cosa che stava molto a cuore a Pio e sta a cuore anche a noi.

Per iniziare propongo di leggere una preghiera su cui abbiamo pregato con Suor Chiara Patrizia nel nostro incontro di giugno scorso ad Urbino , preghiera scritta da Padre Teilhard de Chardin, che pone Cristo al centro della vita umana e dell’intero universo :

O Cristo glorioso!Influsso segretamente diffuso in seno alla Materia, e Centro sfavillante in cui si congiungono le innumerevoli fibre del Molteplice.

Potenza implacabile come il Mondo e calda come la Vita; o Tu la cui fronte è di neve, gli occhi di fuoco, i piedi più scintillanti dell’oro in fusione.

Tu le cui mani imprigionano le stelle;

Tu che sei il Primo e l’Ultimo, il Vivente, il Morto e il Risorto;

Tu che raccogli nella tua esuberante unità tutti i fascini, tutti i gusti, tutte le forze, tutti gli stati;

sei Colui che il mio essere invoca come un’aspirazione vasta come l’Universo.

Tu sei veramente il mio Signore e il mio Dio.”

La nostra giornata vivrà questi momenti:

  1. Padre Francesco inizia con la sua testimonianza

  2. Leggiamo il primo capitolo della lettera agli Efesini

  3. Discernimento, nostre riflessioni /domande

  4. Pausa conviviale preparata da Anna, Soana, Pino M. e Carmelina

  5. Attualizzazione , offerta, scambio di quanto ascoltato; nostre risposte

  6. Conclusione con preghiere personali , Padre Nostro e benedizione

Dopo la preghiera allo Spirito Santo, preceduta da qualche minuto di silenzio, Alberto chiede a Padre Rossi de Gasperis di portare la sua comunicazione spirituale sulla Liturgia.



Padre Rossi de Gasperis: La Liturgia, come dice il termine, è un servizio sociale, un servizio all’umanità che si rifà nella Bibbia alla scelta che il Signore fa di Israele.

Davanti a tutta l’umanità , Io sono il Signore di tutto, dice in Esodo 19, voi siete il mio popolo, la mia proprietà, il popolo di acquisto, il segullà, termine che in ebraico viene dal vocabolario dei popoli razziatori. Ci sono popoli , ancora oggi in Uganda, che vivono di razzie , che non producono, non sono abituati a lavorare la terra e vivono di cose razziate dai villaggi vicini. Quando poi si è fatta una preda, una razzia , si dividono le cose razziate e c’è una parte che il capo banda riserva per sé. Ecco, Segullà è la parte del capo banda, che non si divide, che non si offre ad altri.

Allora il Signore dice: voi siete il popolo di acquisto mio perché mia è tutta la terra. Potrebbe sembrare una contraddizione: se tua è tutta la terra perché Israele è il tuo popolo. Appunto perché questa è la parte riservata a Dio, è il popolo riservato a Dio, è la parte destinata a Dio, è il popolo di Dio , il popolo sacerdotale: Voi siete un popolo sacerdotale, una nazione santa, dedicata al mio nome , voi siete per testimoniare la santità del mio nome a tutti gli altri popoli.

Questo è il discorso della liturgia: cioè è il Servizio personale di Dio per tutti gli altri, è il servizio di Dio e di tutta l’umanità.

Questo in Israele non è stato possibile metterlo in esecuzione perché ad un certo punto bisogna tener conto che se tutte le 12 tribù sono dedicate al servizio di Dio nessuno lavora nel Paese.

Allora bisogna prendere una tribù e dire che a voi non appartiene nessuna parte del Paese e siete ospiti delle altre tribù, siete dedicati a questo servizio a Dio .

Nelle altre tribù i primogeniti sono offerti a Dio ma sono riscattati (come nella purificazione di Maria il 2 febbraio c’è il riscatto del bambino Gesù perché non apparteneva alla tribù di Levi), sono riscattati pagando un tributo.

Tutto questo però è finito con la distruzione del tempio. Il tempio è il luogo della liturgia. il luogo in cui si celebra questo fatto che Israele è tutto un popolo sacerdotale attraverso il culto di Dio. Ma la distruzione del tempio con l’esilio babilonese ha portato alla fine di questo sistema cultuale nel tempio.

In un certo senso la fine della “ cultualità “ nel tempio è stata una liberazione per il popolo: non c’è più il tempio, finiscono i sacrifici, i pellegrinaggi, le processioni, le grandi celebrazioni, le grandi liturgie.

E allora come possiamo dare culto a Dio? Come adempiamo questa destinazione del nostro popolo ad essere popolo del Signore? Noi, con la nostra vita ; ci siamo noi; non c’è più il tempio, ma ci siamo noi. Dunque i sacrifici, i pellegrinaggi le preghiere siamo noi. L’esistenza del popolo diventa liturgia.

Così è chiaro che anche l’evangelizzazione è liturgia, come accennava Alberto, è servizio della Parola di Dio per tutta l’umanità. Non ci sono più luoghi sacri, templi : l’esistenza dell’uomo è il tempio. Il tempio diventa ogni persona umana, ogni persona di Israele per testimoniare questo davanti a tutte le nazioni

Il fine di tutto è rendere l’esistenza umana un tempio di Dio, un culto di Dio.

Questo è il piano di Dio. Ma la cosa diventa molto complicata, perché? Credo che per capire bene questo occorre capire la parola di Gesù quando dice: “chi vede me, vede il Padre”-“chi ha visto me ,ha visto il Padre” e soprattutto rileggere l’Eucarestia nel Vangelo di Giovanni dove non si parla di Eucarestia.

Nel Vangelo di Giovanni Gesù parla di Eucarestia in occasione del suo discorso nella sinagoga di Cafarnao al capitolo 65 , ma nel momento della cena, nel momento dell’Eucarestia, quando gli altri evangelisti parlano della cosiddetta istituzione dell’Eucarestia, Giovanni non parla che della lavanda dei piedi. E prima della lavanda dei piedi Gesù dice:” chi vede me, vede il Padre”. E dopo la lavanda dei piedi dice a Filippo “chi ha visto me ,ha visto il Padre”. E’ la rivelazione di un Dio che ci lava i piedi.

E’ un Dio che è servo e che è Lui il primo che fa questo servizio liturgico di cui parlavo: e questo piano di Dio che vuol realizzare passa attraverso il dono che Dio fa di sé. E’ il Padre che si offre, è il Padre che dice questo è il mio vestito, io me lo tolgo per mettermi a servizio. E’ una teofania del Dio servo. Questa è una cosa molto grossa.

Questo vuol dire che noi siamo vivi dalla morte di Dio. Il nostro Dio è un Dio che si dà ed entra così nel mondo finale della Risurrezione e ci apre il cammino per farci entrare anche noi . Il fine di tutto non è il nostro punto di partenza, ma il punto di arrivo.

C’è un equivoco molto grosso nel nostro modo di concepire anche la fede : che noi dobbiamo costruire il Regno di Dio qui sulla terra. Ed allora l’impegno politico, l’impegno sociale, cosa debbono fare i cristiani per edificare la città dell’uomo. Noi non dobbiamo edificare nessuna città dell’uomo. La città dell’uomo l’ha edificata il Signore risuscitando il Figlio; la situazione finale dell’umanità è quella del Cristo Risorto , non è la nostra; quella nostra è in partenza noi non siamo il punto di arrivo, siamo il punto di partenza.

Ed allora cosa è l’Eucarestia sul mondo: ci sono due termini in questa espressione“Eucarestia” e “mondo”. C’è il mondo, (nel senso di Teilhard de Chardin )l’universo, tutto il creato, e su questo viene applicato quello che Cristo ha fatto di sé, cioè il dono di sé che è la consumazione dell’amore (avendo amato i suoi che erano in questo mondo, li amò fino alla fine). Si potrebbe dire che l’unico vero modo di amare che Dio conosce è quello di donarsi.

Come si celebra allora la Messa sul mondo? Proprio come Israele dopo l’esilio di Babilonia: non c’è più il tempio, ci sono io, e quindi dico a Dio : questo è il mio corpo e questo è il mio sangue.

Andare a Messa non significa quasi niente. Per celebrare la Messa non devo andare, piuttosto devo uscire da me stesso per andare in Cristo che fa questo gesto:”fate questo in memoria di me”fate quello che ho fatto io, ma fatelo voi.

Ho letto ultimamente un bel libro di don Damiano Modena6 “Il silenzio della parola”, dove ho ritrovato una frase del card. Martini che avevo già letto: Martini ha sentito molto la morte vivendo quasi drammaticamente il fatto di morire e si è fatto un sacco di domande, una domanda era questa :“Ma se Cristo è morto per me, perché io debbo morire? Perché noi dobbiamo morire se Cristo è morto per noi?

Ma Gesù non dice, tu stai tranquillo perché quello che devi fare tu lo faccio io, quindi io muoio per te e tu stai bene: No, questa non è la cena del Signore.

La cena del Signore è: quello che ho fatto io in prima persona ora fatelo anche voi nella vostra prima persona. Io vi ho reso possibile di fare quello che fatto io . Questa è l’istituzione dell’Eucarestia;non ha istituito nulla se non facendo Lui quello che poi siamo capaci di fare anche noi. Però questo rito lo fa in un contesto di cena, perché la cena è il segno della comunione.

Mi meraviglio ancora che tanti cristiani più conservatori non amano parlare di cena, parlano dell’ Eucarestia; questo nonostante che nei misteri luminosi del rosario istituiti da Giovanni Paolo II dove al 5°mistero luminoso proponeva di contemplare la cena del Signore. Ora anche la radio vaticana dice che nel 5° mistero si contempla l’ Eucarestia. No, si contempla la cena. Sembra che si contempla l’ostia consacrata messa sull’altare. No l’Eucarestia non è l’ ostia consacrata, l’Eucarestia è la cena , la carità.

Lo dico a volte scherzando : quando a Madrid nella giornata mondiale della gioventù si sono bagnate per la pioggia tutte le ostie preparate per il giorno dopo (18 tende piene di ostie da consacrare) , tutte le ostie si sono rovinate per cui non hanno potuto consacrare niente: il Signore ha voluto dire che l’Eucarestia era lo stare lì di due milioni di giovani in preghiera, sotto la pioggia.

E’ venuto fuori di nuovo l’interrogativo se i divorziati risposati possano o meno fare la comunione. Ora la comunione è il segno della cena, se sono fuori della cena non vi possono partecipare; l’importante non è fare la comunione ma è l’amore. Si può essere in contatto con Dio a prescindere dalla comunione. Non si deve materializzare tutto nell’ostia consacrata. Il fine della vita non è fare la comunione, ma è l’amore.

L’eucarestia è la cena consumata assieme ai fratelli e alle sorelle intorno alla parola del Signore , con il Signore.

L’eucarestia è una cena che è un sacrificio. E’ un sacrificio che si fa durante la cena. E’ la nostra vita che viene offerta: questo è importante; cioè consumarsi nell’amore.

Allora questa mi pare sia la liturgia. Ognuno dovrà trovare nella sua vita i luoghi, i tempi e i modi di consumarsi nell’amore, ma questa è l’unica cosa per cui siamo scelti per essere il popolo sacerdotale di Dio per tutti gli uomini, per tutto il mondo.

Dovremmo apparire, anche agli occhi degli altri uomini in mezzo a cui viviamo, come della gente guardando la quale si capisce qualcosa di chi è Dio. Non so poi se siamo veramente tali.

Con Papa Francesco sta succedendo proprio questo qui a Roma: attira le persone per quello che fa, per quello che è, per quello che dice, aumentano le persone che lo seguono , rende simpatico il nome di Dio. E’ un uomo cui si guarda, cui ci si accosta, cui si vuole bene perché si capisce un po’ di più chi è Dio. Questo è molto importante. Questa è la liturgia.

Ma non riduciamo i sacramenti a cose da fare. Se il pane è azzimo o non azzimo. Quando si riduce tutto a questo si perde completamente l’interesse per Dio. Dio non si interessa a queste cose.

Allora Paolo dice giustamente: io che mi consumo nell’apostolato, nel servizio della parola di Dio, questa è la mia liturgia, io sono il “ liturgo” del Signore. Ma il primo che ha fatto questo, cioè si è consumato nell’amore è Dio stesso, nel Figlio. Ciò ci insegna che il piano di Dio è qualcosa di meraviglioso, qualcosa per cui aspettiamo, verso cui andiamo, non è quello che siamo oggi, che stiamo facendo o facciamo oggi nella situazione odierna.

Certo, qualche anno fa c’era la guerra del Golfo, oggi c’è la guerra in Siria: noi cosa possiamo fare per questo: consumarci nell’amore, cioè prendere questa grande visione della liturgia del mondo e applicarlo a queste situazioni storiche che stiamo vivendo. Le generazioni seguenti faranno lo stesso per le proprie situazioni storiche che vivranno. Far combaciare il piano di Dio che è valido sempre, per tutti, con quelle che sono le situazioni particolari , storiche, che viviamo nella nostra carne di tutti i tempi; questo è il modo di consumarsi nell’amore.

Alberto La Porta: Legge la Lettera di Paolo agli Efesini (cap 1, vers. 1-14)7; seguono le riflessioni/domande sulla relazione di Padre Rossi e sulla lettura.

Liborio Oddo : Questa visione che lei ci ha dato come si concilia con quanto si legge in una lettera di San Paolo “chiunque mangia il pane o beve al calice del Signore in modo indegno , sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore”. Perché Gesù tira fuori questa conseguenza , e cosa vuol dire questo applicato al concetto di “Eucarestia come il consumarsi nell’amore” di cui Lei ci parlava?

Padre Rossi de Gasperis: Questo lo dice Paolo nella 1° lettera ai Corinzi al capitolo 118. Ma proprio lì parla “se quando voi celebrate la cena del Signore( cena che si celebrava fin dall’inizio all’interno del pasto normale e all’interno di questa cena si faceva l’Eucarestia) ognuno si porta il mangiare solo per sé e non per gli altri, che celebrate? “ Poi si dice, adesso diciamo la Messa! No, questo presuppone che anche tutto il mangiare è in comune. Invece se uno porta la cena per sé e chi non ce l’ha non può portare niente, resta senza mangiare, la cena che mangi tu è la tua condanna. Tu ti mangi la condanna non ti mangi la comunione.

Oggi che abbiamo separato la cena dalla Messa questo non si vede bene , ma vale lo stesso: perché se vai a Messa e poi vai a casa tua ed hai da mangiare e sai che l’altro non ha niente, tu mangi la tua condanna, perché non prendi la tua cena come segno della comunione, non ti consumi nell’amore, ma in questo modo ti consumi nell’egoismo. Questo conferma quello che dicevo e cioè che l’Eucarestia è la partecipazione alla stessa azione che è una azione conviviale, perché quella è il segno della comunione.

Pino Macrini: Avevo inteso fino ad oggi la liturgia come una serie di regole comportamentali: un codice di comportamento nel rendere il culto, quindi l’osservanza di certe regole nella preghiera comunitaria, in modo molto formale ed esterno. Lei ci richiama alla sostanza della cosa: alla imitazione di Cristo nel suo amore per gli uomini.

Padre Rossi de Gasperis: Le regole di comportamento sono necessarie per una buona educazione. Per esempio: Se parla uno gli altri stanno zitti, se ci si comporta in modo decente , bene educati, questo è bene.

Le rubriche liturgiche sono proprio quelle regole di comportamento di buona educazione. Ma se prendiamo le cose dalla fine, se capovolgiamo tutto, allora c’è qualcosa che non va. E’ quello che dice Papa, il quale non vuole abolire tutto, vuole solo ripartire da quello che è fondamentale. E’ chiaro che alla cena bisogna essere puntuali, ma questa però non è Liturgia ma una regola di buona educazione da mettere in pratica in ogni circostanza, ma non Liturgia.

E’ vero che ci siamo degradati al punto da ridurre l’Eucarestia a formalità ( non si può fare la comunione se si è mangiato da meno di un certo tempo, non si può mangiare la carne): ma questa è una miseria in queste condizioni sarebbe meglio non celebrarla l’Eucarestia.

Quello che sta succedendo con il Papa è che lui non scarta la buona educazione, ma non comincia di là. Lui si rifà al momento fondamentale che è l’innamoramento della fede. Quello è importante. Poi da lì si traggono le regole di comportamento che possono essere più adatte ad ogni realtà.

Ma non riduciamo l’Eucarestia, la fede, a delle cose da fare; la fede è un modo di essere. Poi converrà tenere conto delle regole di comportamento, secondo l’educazione di ogni popolo e di ogni cultura, o contesto in cui si vive.

Annarita Innocenzi: Le sue riflessioni sono oggetto da parte mia di profonda meditazione, in particolare questo aspetto della dimensione comunitaria della cena del momento conviviale. Questo mi faceva riflettere sul Sacramento dell’Eucarestia che nel suo essere segno è in qualche modo percezione del Mistero. Mi colpisce molto questo aspetto che potrebbe portarci ad interrogarci sul modo in cui celebriamo la Messa. Il Sacramento, nel suo essere segno, ci porta alla percezione del Mistero. Nel momento in cui si celebra la Messa, il Mistero non è più un fatto individuale ma coinvolge tutto e tutti essendo il rito che diventa memoriale davanti a tutti: è il Mistero dell’ Eucarestia che diventa donazione, partecipazione. Non dovrebbe un po’ cambiare anche il modo di fare memoria nelle nostre Messe? Essere coscienti che siamo tempio di Dio potrebbe migliorare il nostro modo di vivere la Messa , il modo di celebrare la Messa, per essere più vicini a quanto lei ci suggeriva.

Padre Rossi de Gasperis : Non solo la Messa, ma tutti i sacramenti dovrebbero migliorare.

Giulio Cascino : Quanto Lei ci diceva sulla Liturgia mi sembra l’aspetto centrale della fede nel rapporto del popolo di Dio con il suo Dio. Non è una delle tante cose ma è la cosa principale. Nelle Parrocchie che importanza si dà al momento liturgico, alla celebrazione della Messa domenicale che in questa visione è l’evento centrale più importante della settimana?

Come viene vissuta e cosa si può fare per aiutare le Parrocchie a vivere l’Eucarestia in questo modo?

Lei ha parlato di Liturgia come servizio sociale all’umanità, Liturgia come occasione di far capire , far vedere, agli altri chi è Dio. Come fare tutto questo come aiutare i parroci in tutto questo?

Io faccio da molti anni l’esperienza di riunirci intorno al parroco per preparare l’incontro della Messa domenicale pregando sulle letture, formulando delle intenzioni aperte ai problemi del mondo e non solo alle nostre situazioni particolari. La Messa domenicale dovrebbe essere un momento di grande apertura sul mondo proprio perché, quasi in contemporanea, si celebra la stessa Liturgia. Fra quello che Lei ci ha detto e la realtà c’è una grande distanza da colmare.

Padre Rossi de Gasperis : Se si capisce questo potremmo essere sulla buona strada. Ogni Parrocchia dovrebbe essere una scuola del consumarsi nell’amore. Si, anche la preparazione alla Messa domenicale, certamente, ma tutta la settimana dovrebbe essere una pratica del consumarsi nell’amore, nella carità in tutti gli ambiti: nella famiglia, nella scuola , nella professione, per la strada.

Certo, due sposi che si amano danno l’idea di cosa è la fedeltà di Dio. Sposarsi nel Signore vuol dire questo: il nostro amore umano è una piccola cosa, ma ne facciamo il segno di come Dio ama te e me. Stare insieme dopo tanti anni per due sposi è dunque il segno che si è andati al di là del solo amore umano; è il segno dell’amore di Dio. Dappertutto dobbiamo consumarci nell’amore: con i figli, con gli amici, in tutte le situazioni.

Lo dicevo altre volte: che vuol dire che il sepolcro di Gesù è rimasto vuoto? Che Gesù si è consumato nell’amore. Siccome è solo l’amore che rimane e può risorgere, vuol dire che nel sepolcro non c’è rimasto niente di Gesù perché è tutto vivo è tutto risorto.

Nel sepolcro rimangono gli egoismi, le vendette, le gelosie, la mancanza di perdono, tutto quello che è carnale, che è peccato: il peccato non può risorgere. Proprio per questo bisogna cercare di eliminarlo il più possibile dalla nostra vita. Questo vuol dire aiutare ciascuno a purificare il proprio sacerdozio, perché Gesù ha fatto di noi un popolo sacerdotale. Tutti noi siamo sacerdoti.

Il discorso del sacerdozio femminile è vinto in partenza perché il Signore ci ha fatto tutti sacerdoti. Ci ha ordinato lui, uomini e donne sono tutti popolo sacerdotale del Signore. Papa Ratzinger lo ha detto ai Vescovi: dovete aiutare i cristiani a vivere il loro sacerdozio. Questo è il compito dell’episcopato, del presbiterato. Oggi tutti siamo sacerdoti. Quelli che sono ordinati ad un sacerdozio presbiterale debbono aiutare gli altri a vivere il loro sacerdozio. Cioè a consumarsi nell’amore. Nel nuovo testamento tutti siamo sacerdoti. La Messa domenicale è il segno di questo consumarsi nell’amore. Ma è il segno della settimana, non è tutto lì.

Annarita Innocenzi. Mentre lei parlava pensavo all’incarnazione Sembrerebbe che Cristo si è fatto uomo solo per redimere l’uomo dal peccato. Questo implica che se non ci fosse stato il peccato Cristo non si sarebbe fatto uomo. C’è una corrente di pensiero (francescana) che ritiene che Cristo si sarebbe fatto uomo a prescindere dal peccato. Farsi uomo è un atto d’amore. Lei come vede questa posizione ?

Padre Rossi de Gasperis: dobbiamo accogliere la Parola di Dio, la rivelazione di Dio per quello che ci viene detto. Probabilmente è vero quello che dicono i Francescani, ma di fatto noi sappiamo che l’incarnazione storica che è avvenuta è fatta proprio per vincere il peccato. Io mi attengo a quello che viene rivelato. Non sono contrario a questa interpretazione. L’incarnazione di cui leggiamo nelle scritture è l’incarnazione dopo il peccato.

Lo dice anche Giovanni (è venuto fra i suoi ed i suoi non l’hanno accolto).

Non dite però che Cristo si è fatto uomo , è il Figlio di Dio che si è fatto uomo in Cristo. Non è Cristo che si è fatto uomo. E’ già uomo Cristo. E’ importante essere precisi. Come quando si dice Dio ha creato Adamo ed Eva; no Dio ha creato l’uomo e la donna . E’ stato Adamo a dare il nome ad Eva. E’ il frutto del peccato dare il nome alla donna.

Paolo Bonfanti: Mi pare di capire che non c’è bisogno di fare proselitismo, ma di testimonianza.

Padre Rossi de Gasperis: Di questo il Papa ha parlato. Il proselitismo è l’ ingerenza nelle coscienze altrui, è cercare i modi di condurre la gente alla fede con vari trucchi. Proselitismo è anche questa ansia di convertire. Gli uomini non convertono gli altri uomini. Nessuno converte nessuno: è Dio che converte. Testimonianza e segno; opportunità che ci si offre come ha fatto il Papa rispondendo a Scalfari. Si parla per confrontarsi, per spiegarsi, non per imbrogliare l’interlocutore. Poi ognuno se la vede con la propria coscienza, con la propria intelligenza.

Alberto La Porta: Mi permetta una annotazione ripresa dall’introduzione alla raccolta dei testi conciliari 50 anni dopo (a cura di Giuseppe Ruggeri) che penso ci possa illuminare nel nostro itinerario, sulla scia della proposta di Pio : ” ...Tra i compiti conciliari sostanzialmente inevasi resta quello della attuazione della riforma liturgica, non in senso rituale, ma in senso profondo” . La liturgia ha senso se essa dà espressione , all’interno della celebrazione del mistero pasquale, alla vita vissuta dalla comunità. La liturgia deve assecondare l’ascolto e il rito, la interpretazione della Parola che dia significato alla storia quotidiana e la sua immersione rituale nelle vicende di Gesù crocifisso e risorto. Essa è il luogo genetico e il punto di arrivo (culmine e fonte) della quotidianità settimanale. Ma ciò è possibile solo a due condizioni: che nella omelia avvenga questa risignificazione della vita quotidiana e che il popolo cristiano tutto testimoni la propria fatica quotidiana, mentre fino ad oggi praticamente non ha diritto di parola”. Qui viene fuori la nostra responsabilità nel rito , ma poi nella vita della Chiesa.

Come vede Lei questa annotazione?

Padre Rossi de Gasperis: Il rito ha preso la prevalenza su tutto: quello che dirige, guida l’Eucarestia diventa l’unico attore, l’unico responsabile; noi andiamo ad assistere alla Messa ma non a significare quello che abbiamo fatto noi della nostra vita nel corso nella settimana. C’è stato un processo di ritualizzazione progressiva nei secoli per cui siamo arrivati a semplificazioni che i lefevriani hanno rifiutato perché danno importanza a questi riti.

Questa è la miseria umana: ci attacchiamo più a quello che si vede che non a quello che è. Noi siamo molto sensibili all’apparenza. Leggevo un articolo in cui si diceva che le donne sono più preoccupate di essere belle che intelligenti, perché gli uomini apprezzano più la bellezza che l’intelligenza.; ma questo è colpa anche degli uomini, dipende da quanto sono intelligenti gli uomini.

E’ un fatto però che siamo molto più sensibili a quello che si vede che non a quello che è; più preoccupati dell’apparire che dell’essere; poi nel mondo della televisione ancora di più. Siamo diventati di fatto un popolo di spettatori.

Riflettevo che nella Bibbia non c’è una bellezza che non sia anche una bontà e non c’è una bontà che non sia anche bellezza. L’aggettivo biblico per intendere il bello ed il buono è lo stesso. Dio vide che era tutto molto bello. La bibbia dice, parlando di Gesù : io sono il Bel Pastore , non il buon Pastore; ma se sono bello vuol dire che sono buono.

Qualunque bellezza che non fosse bontà, santità, sarebbe superficiale.

Franco Passuello. Questo andare al cuore della liturgia come consumarsi nell’amore mi ha letteralmente commosso. Pur essendo semplice, la difficoltà è enorme. Ciascuno di noi sente che questa è la strada, ma quello che viviamo storicamente si è ritualizzato perché non si è stati capaci di vivere la fede come donazione di sé nell’amore. La liturgia è così diventata un simulacro, intesa come insieme di regole e di riti. E’ semplice ma allo stesso tempo c’è qui tutta la difficoltà di essere discepoli del Signore in questa dimensione.

Nel preparare questo incontro ho molto insistito sul fatto che in questi nostri incontri ci fosse un momento dell’offerta, di donazione consapevole del nostro amore agli altri. Se non usciamo da questi incontri con l’impegno di vivere tutti i giorni la nostra vita come donazione nell’amore agli altri, anche i nostri incontri possono diventare rituali. Mentre lo scrivevo nell’appunto preparatorio mi rendevo conto di quanto sia difficile.

Il mondo è pieno di gesti di donazione di sé, ma penso che ci sia bisogno che questa donazione di sé diventi offerta consapevole e comunitaria, come sta testimoniando questo nuovo Papa, dono davvero inatteso.

Il vivere l’esperienza dei nostri incontri in una parrocchia dopo la fine dell’esperienza degli appartamenti può diventare un bene; ma qui si misura la distanza se ripensiamo a quello che ci diceva Pio nei suoi dieci punti in cui ci chiedeva di provare nelle nostre parrocchie a seguire un percorso in cui la Messa domenicale fosse la cosa che tu prima ci dicevi.

Solo se viviamo questo cammino come cammino in cui noi per primi diventiamo segno e testimonianza del consumarsi nell’amore di Dio potremo essere efficaci nel portare avanti un percorso di questo genere.

Padre Rossi de Gasperis : Proprio perché è difficile Gesù lo ha fatto per primo e ci ha detto come l’ho fatto io fatelo anche voi. Ci rende capaci di farlo con i tempi che sono i nostri. Però andiamo verso un mondo che sarà reso capace di fare pienamente questo ; questo è il mondo della Risurrezione, non è il nostro mondo ancora. Siamo lanciati nella storia ed al di là della storia per fare anche noi quello che Gesù ha fatto della sua vita.

Per questo la tomba di Gesù è vuota, come è vuota la tomba di Maria perché è stata la prima che ha consumato tutta la sua vita nell’amore. L’assunzione di Maria significa che tutta la sua vita è passata nella gloria senza corrompersi nella morte perché la consumazione è già avvenuta nell’amore. Come il Figlio è risorto così è risorta Lei. E questa è la strada anche per ciascuno di noi. Un bellissimo articolo che Giorgio La Pira ha scritto proprio per l’Assunzione di Maria apparso sulla rivista Cronache Sociali e che adesso hanno ristampato a Firenze: l’assunzione è il destino di ogni uomo e di ogni donna; consumarsi nell’amore per partecipare alla glorificazione perché Dio ci alza fino a sé. Questo è il dramma e la storia dell’uomo, ed è la bellezza del piano di Dio che abbiamo letto nella lettera agli Efesini “ a lode della sua gloria”.

Giulio Cascino: L’idea espressa da Padre Teilhard de Chardin nel suo libretto dedicato alla “ Messa sul mondo”, che all’epoca doveva essere considerata una eresia perché è una Messa celebrata senza le specie del pane e del vino, mi sembra che anticipi tutto quello che lei oggi ci dice: celebra una Eucarestia che supera il rito.

Padre Rossi de Gasperis: E’ quello che hanno vissuto gli israeliti nel 6° secolo a.c. dopo l’esilio: non c’è più il tempo ma ci sono io , vengo io con il mio corpo. Questo è il sacrificio, questa è la Messa. Non c’è il tempio ma c’è l’uomo, ci sono loro, c’è l’esistenza umana. .

Alberto La Porta : Lei Padre in uno degli incontri dello scorso anno ci aveva parlato della bellezza e del valore della preghiera di offerta quotidiana: offri te stesso giorno per giorno, le fatiche degli altri, della storia.

Padre Rossi de Gasperis : La religione naturale conosce questo offertorio: animali, piante, i frutti della terra, i soldi . Ma queste cose o sono il segno dell’offerta di se stessi o distruggono la Liturgia. La cosificazione distrugge la Liturgia. E’ come quando mi debbo confessare e mi metto a fare l’elenco, così facendo materializzo la liturgia. E’ vero che ci vogliono però regole di buona educazione, non posso neanche andare a confessarmi senza dire niente.

Don Franco Amatori : A partire da quanto ho ascoltato stamane volevo sottolineare la centralità del Cristo e della Messa domenicale, come luoghi ove la fede diventa esperienza e comunione. Nello stesso tempo avverto in me un certo rincrescimento perché spesso si ha l'impressione di celebrazioni distratte che rimangono lontane dal Mistero di Cristo e assenti al suo sacrificio che continua nel mondo.

Mi è sembrato anche molto significativo che l'incontro si sia fatto in Parrocchia, come apertura e servizio anche alla comunità parrocchiale; purtroppo forse i tempi disponibili del gruppo non corrispondono con le disponibilità delle persone del quartiere; ma col tempo potrà diventare meglio punto di incontro.


Padre Rossi de Gasperis : ho dato un corso di esercizi al clero in una diocesi del nord Italia dove un prete mi diceva: sto in una Parrocchia con tanti malati da assistere, tanti vecchi, tante persone da ascoltare, per cui non ce la faccio a dire la Messa tutti i giorni, la dico solo la domenica. Se consumi la tua vita nella carità, fa’ quello che puoi fare, di’ pure la Messa solo la domenica: questa è stata la mia risposta.

Vedo una moltiplicazione di sacramenti, di segni, che non sono adeguati al significato che portano.

Soana Tortora: Sto vivendo questa mattina come una mattina di nuovo inizio. Ripresa di un cammino, sicuramente antico, condiviso con Pio, ma anche inizio di un cammino che con questa introduzione, con questo nucleo di pensiero sento profondamente come inizio di liberazione. Un cammino molto difficile perché, accanto alla liberazione da lacci e orpelli, tutto diviene molto complesso sul piano della responsabilità: vivere se stessi, considerare la propria esistenza come tempio, fa troncare il fiato. Il problema è capire come essere, come diventare tempio, fuori dai segni esteriori che invece diventano sempre di più segni di alienazione, di separazione piuttosto che di unità; con il rischio di vivere dei sacramenti che non sono più segni ma riti. Questo è uno dei compiti che vorrei ci aiutassimo a portare avanti insieme nel segno di quella comunione, di quella cena da condividere.

C’è l’impegno di una condivisione quotidiana, con la propria famiglia, con i propri amici, con le persone a cui vogliamo bene ma è anche importante evitare di farci la nostra piccola chiesa. Provare ad essere segno, a celebrare la Messa sul mondo vuol dire invece essere disponibili a tutto campo e, allo stesso tempo, farlo mantenendo il proprio essere tempio. Sembra quasi una contraddizione.

Cosa poi si condivide nella cena, cosa mettiamo in comune nella cena? Ognuno ha le sue riserve. Quando parlava Padre Francesco mi è venuto in mente il miracolo della moltiplicazione dei pani: ognuno ha messo il proprio pane e il proprio pesce e solo così è stato possibile che ce ne fossero in abbondanza per tutti. Cosa mettiamo in comune noi, anche rispetto ai nostri incontri per non farli diventare riti vuoti?

 Padre Rossi de Gasperis: Mi sembra che voi, tutti voi, avete avuto un grande esempio di cosa significhi consumare la propria vita nella carità con la vita di Pio. Se c’è qualcuno che si è consumato nell’amore è Pio Parisi. Un po’ diverso da Gesù, ma in quella linea lì.

Intervallo e condivisione di un piccolo spuntino.

Alberto La Porta: Di ciò che abbiamo ascoltato nella prima parte della mattinata cosa provoca nella nostra vita, come ci illumina.

Alla domanda che mi poneva anche padre Rossi rispondo che non ci sono cose di Pio organiche sulla Messa sul mondo. Ci sono molti scritti che mano a mano porteremo a conoscenza di tutti.

Vi segnalo un articolo di Pio (scoperto e fotocopiato dall’amico Francesco Giordani) sulla” messa sul mondo del lavoro” apparso sul “giornale dei lavoratori “- nell’inserto Speciale 20° Congresso Eucaristico Nazionale”del 1983 dove Pio richiama Teilhard de Chardin e ci invita ad approfondire il suo pensiero.

Giulio Cascino : fra le tante cose che ci ha detto padre Rossi torna per l’ennesima volta un tema su cui ci siamo spesso soffermati: la teofania del Dio servo. Questo ci ricorda Corradino e le sue riflessioni sul potere nella Bibbia. Corradino ci dice che nella Bibbia c’è la grande notizia che il potere fatto di possesso e che ci seduce quotidianamente, è uno scadente surrogato rispetto al potere vero che è quello della donazione di sé. Padre Rossi ha parlato più volte oggi della donazione di sé. Vorrei chiedere a Padre Rossi qualcosa di più sull’aspetto anche politico di quanto ci viene dalla Scrittura su questo tema del potere vero di Dio rispetto al potere limitato, fragile , dell’uomo.

Padre Rossi de Gasperis: a questo può rispondere lei Alberto

Alberto La Porta: il tema della Liturgia ci riporta al potere del popolo di Dio, dei cristiani, della Chiesa, che è un potere di servizio, di donazione, è un consumarsi nell’amore degli altri. Pio non ci ha mai esortato all’impegno politico in quanto tale, ma il potere verso il quale ci ha spinto è quello di consumarsi per gli altri nella vita quotidiana secondo quello che il Vangelo ci suggerisce. In questo senso ci sono molti luoghi comuni sulle scuole della politica che sono fuorvianti perché impostano l’impegno dei cristiani su un terreno non proprio, non quello più profondo. Se riscoprissimo come Chiesa questo consumarsi per gli altri, anche il nostro contributo alla vita civile e sociale sarebbe sicuramente più efficace. Impegno dei cristiani non in termini di potere buono, ma in termini di persone che testimoniano.

Sono rimasto molto colpito da quanto ci dice Padre Rossi proprio a conclusione del suo libro sui Vangeli della Risurrezione perché mette in evidenza l’annuncio, l’evangelizzazione a tutto il creato : “Andate in tutto il mondo e annunciate il Vangelo a tutto il creato” .

Una seconda considerazione è sulla politica dei cristiani e della Chiesa che dovrebbe consistere nella scoperta di affratellamento, di riscoprire di essere fratelli testimoniandolo nella vita , possibilmente insieme.

La scelta della Chiesa italiana sulla ipotesi culturale è stata fuorviante. Molte energie vengono spese ancora in questa direzione. La cosa fondamentale è l’evangelizzazione. Diceva Padre Francesco lo scorso anno che c’è un problema di manutenzione del mondo, considerando i bisogni delle persone, sapendo però che non tutto si conclude qui. C’è un traguardo verso il futuro che come cristiani dobbiamo testimoniare e vivere; per cui le cose acquistano una dimensione diversa. C’è un traguardo che dobbiamo perseguire che dà un senso completamente diverso a questa vita.

Il potere diventa qualcosa che non ci interessa, ci interessa lavare i piedi. E’ interessante che nel Vangelo di Giovanni non si parli di Eucarestia ma di lavanda dei piedi, e non dovremmo dimenticarlo mai né come singoli né come Chiesa.

Francesco Giordani: mi aveva colpito molto il discorso sul fatto che attraverso il cristiano gli altri devono percepire chi è Dio. Mi è venuto da pensare a tutte le persone con cui quotidianamente ho a che fare: i colleghi di lavoro, le persone di ogni condizione che incontro ogni giorno per strada... Mi chiedo quanto posso essere realmente quello specchio attraverso cui gli altri possono percepire chi è Dio. Il più delle volte penso di no. Tutte le volte che non si riesce a instaurare un rapporto amichevole, che per un motivo o per un altro si litiga. Penso che in questo campo ci sia da fare molta strada, da maturare molto.



Pino Macrini : nel corso della sua esposizione sul tema della Liturgia ha fatto riferimento a due elementi:

Il primo : l’amore del Cristo per l’uomo, vissuto nel concreto della storia umana , fino ad una totale consumazione di se stesso; consumazione fatta giorno per giorno, nella carità verso l’Uomo, verso gli uomini concretamente incontrati sulla sua strada; consumazione portata fino all’estremo sacrificio della donazione di se stesso con la morte sulla croce ( il tema del “sacrificio” mi sembra l’aggancio al tema della “liturgia” , che ne è anche il “ memoriale “ ).

Infatti il sepolcro di Nostro Signore Gesù è stato trovato vuoto , privo del corpo: e non poteva che essere così, proprio perché ciò era la naturale e visibile conseguenza dell’essersi il Cristo consumato, nel suo essere umano, giorno per giorno, spiritualmente e fisicamente, nella realizzazione della sua carità-amore verso l’uomo.

Il secondo elemento , direi strettamente connesso al primo , è che questo suo consumarsi totalmente nella carità – amore verso il prossimo si realizza in un modo che rende visibile e concreto l’operare dell’amore del Padre per il Figlio e per l’Uomo , e questo anche, nel concreto, nel singolo essere umano che storicamente vive l’incontro con Gesù .

Il riferimento a queste due componenti , il totale consumarsi – anche fisico – nell’amore del prossimo , del ns. prossimo ( a cominciare da se stessi e dai familiari fino al “prossimo” senza altra distinzione ) ed , in questo consumarsi, il rendere riconoscibile in concreto l’operare dell’amore di Dio , mi colpiscono nel profondo dell’animo.

Posso trarne la conclusione, molto personale, che proprio questi due parametri/ ( il “consumare se stessi nella carità” ed, in questo, (con la ns. sequela del Cristo ,cui siamo chiamati in quanto cristiani) “aver reso visibile, in concreto, l’amore di Dio per gli uomini “ potrebbero essere, per chi si professa cristiano, i parametri di riferimento per fare, al termine della giornata , un bilancio del proprio agire ed un sincero esame di coscienza (quest’ultimo spesso richiesto in preparazione a speciali momenti di preghiera ) .



Giulio Cascino : Nella riflessione di stamane non c’è stato un riferimento alla Liturgia come momento di preghiera collettiva, aspetto essenziale della vita cristiana. Come far rientrare questo aspetto nella Messa, nell’Eucarestia? A me impressiona che siano poco usati i momenti di silenzio nella Messa, non sono previsti neanche dopo la comunione. La dimensione della preghiera e del silenzio. Dentro alla Liturgia non c’è anche questo aspetto ?

Damiano Nocilla : Mi ha colpito questa distinzione fra come consumare la propria vita nell’amore cui sono chiamati anche i non credenti, e l’essere invitati alla cena cui partecipano i credenti. In ognuna delle tre virtù teologali c’è una parte del consumarsi nell’amore e una parte dell’essere invitati alla cena, e si articola diversamente a seconda di come viviamo. Su questo vorrei sentire qualche parola in più.

Alberto La Porta: invita Padre Francesco a concludere con una sua riflessione a partire da quanto emerso da parte di molti amici.

Padre Rossi de Gasperis : Mi pare che si vuol capire qualcosa di più sul consumarsi nell’amore e sul partecipare alla cena, oltre che alla preghiera e al silenzio.

La preghiera e il silenzio: una vita interiore ricca è necessaria per consumarsi nell’amore. L’amore non consiste nel cogliere le cose in superficie. L’amore sia di Dio, sia di sé, sia degli altri, presuppone capire chi è Dio, chi sono io, chi sono gli altri. Questo si fa maturando nel silenzio, non con le chiacchiere e neanche assieme agli altri; ci vuole anche una attività insieme agli altri, ma poi bisogna essere nel silenzio, bisogna essere con Dio. Purtroppo questa è cosa poco praticata nel nostro mondo e anche nella Chiesa. Purtroppo perdiamo sempre di più il senso dell’interiorità.

E’ vero però che la lavanda dei piedi si fa durante la cena. Dal punta di vista esegetico ci si chiede: ma Giovanni parla dell’Eucarestia o no? No non ne parla, ne parla al capitolo 6; ma nel capitolo 13 si legge: “mentre cenavano”. Siamo nel corso della cena, e Gesù fa una cosa straordinaria perché il racconto del capitolo 13 è preceduto da un prologo che è il più grande prologo a mio avviso del Vangelo di Giovanni, ancora di più del primo capitolo. Gesù , sapendo che il Padre gli ha dato tutto nelle mani, e che lascia il mondo per andare al Padre , si alza da tavola, depone le vesti, e si mette a lavare i piedi9.

Fa questo sapendo che ha il potere del Padre nelle mani. Pensate se uno di noi avesse il potere di Dio. Questo vuol dire che è quello che fa il Padre al posto mio: il Padre è nel Figlio che lava i piedi. Questo è il modo di consumarsi nell’amore: stando a tavola, liberandosi di tutto quello che è per sé. Stando a tavola si partecipa, ci si dona; ci si dona soprattutto se si sta insieme nell’amore. Per questo dicevo che a Madrid 2 milioni di giovani sono rimaste assieme per 20 minuti sotto la pioggia. Chi teneva insieme tutte quelle persone? Che cosa ha dato un senso a questo loro stare insieme? C’è un dono di sé che l’essere insieme domanda.

Il convito è un modo per consumarsi nell’amore. Ma questo deve essere preceduto da una convinzione personale profonda. Non si sta insieme perché ci si è incontrati per caso. Si è andati a partecipare a qualche cosa. C’è una pienezza di senso in questo essere insieme.

Lavare i piedi vuol dire dare la vita: nessuno ha un amore più grande di quello che dà la vita per i propri amici. Dovremmo essere così chiari nel nostro amore reciproco da essere in grado di dare la vita per gli altri, per l’altro.

Questo vuol dire andare a Messa. Se la vita è Messa vuol dire che ogni Messa è l’ultima perché dopo io non ci sono più, mi sono donato. Questo fa della nostra morte la Messa vera. Nella morte non ci si dona per poi tornare a casa, ci si dona per non esserci più. Ed allora non c’è amore più grande di chi muore per i propri amici.

Questo vuol dire togliere alla morte ogni significato egoistico, ogni significato di disperazione: è l’unico atto d’amore che ci vien chiesto senza ritorno. Finalmente ci viene chiesto di donarci veramente. E’ l’atto d’amore più grande, è il capolavoro della nostra vita la nostra morte, se diventa davvero dono di sé. Prepararsi in tutta la vita alla morte, prepararsi ad amare , ad amare fino alla fine per essere alleggeriti da ogni ripiegamento su di sé.

Trovo tutto questo espresso molto bene nella Risurrezione di Gesù.

Gesù è morto persino senza sentire più che il Padre era con lui.

Dio mio Dio mio perché mi hai abbandonato”. Ti chiamo Dio, ma non ti vedo più.

Ma tornando a quello che dicevo: perché è necessario che addirittura Dio muoia per entrare nella gloria. Questo ci dovrebbe far meditare lungamente sul processo di crescita di noi nell’amore. Si cresce nell’amore morendo. Anche meditare sul peccato, sul male, sulla redenzione. Cos’è l’ostacolo che bisogna vincere? Io credo che l’ostacolo vero è proprio la voglia di potere.

Sapendo che Dio gli ha dato tutto nelle mani si alza e lava i piedi, non si alza per conquistare niente , per costruire lui qualcosa, si alza per servire. Questo vuol dire che c’è un ostacolo da superare che è quello di costruire qualcosa, di affermarsi, di farsi un nome. La costruzione della Torre di Babele è farsi un nome, quando solo Dio può dare il nome all’uomo. Di affermarsi, in fondo.

Perché diamo tanta importanza alla politica. Ma che è più importante il servire o la politica?

Dovremmo in un certo senso dire “ l’unico che può fare la politica è Dio”. Lui ha un disegno e conosce dove andiamo. La politica non è nelle nostre mani. Si, la politica dello Stato, va bene, ma questo non ci deve interessare, questo ci può chiedere dei servizi. E invece questo è il peccato fondamentale: non appena Israele ha una terra vuole farsi un regno. Dacci un re perché vogliamo essere un popolo come gli altri popoli.

Ma il popolo di Dio non può essere come tutti gli altri popoli. E’ un popolo di sacerdoti per tutti gli altri popoli. E questo si esprime in tante forme, in tanti contesti: metto su famiglia, metto su casa, mi son fatto la macchina, ho comprato l’appartamento. Tutto riporta all’io: ho fatto. Ho una professione, ho fatto tanti figli.

L’essere dipende dall’avere. Invece in Gesù l’essere è fatto per darsi, per perdersi nell’amore.

L’Eucarestia dovrebbe essere il momento celebrativo di questo, se abbiamo capito questo e lo celebriamo insieme, e stiamo insieme come popolo di Dio, vuol dire che accettiamo la politica di Dio senza fare la nostra. Ci consegniamo al Padre che sa cosa farne della nostra vita. Ci consegniamo al Padre che sa dove ci porta, sa che la nostra vita non finirà. Una volta che ci siamo non finiamo più, ma che cosa diventeremo lo sappiamo molto poco. Sappiamo che c’è la salvezza, sappiamo che c’è il fratello maggiore che passa davanti a noi e che dice: “seguimi”.

Ma non possiamo immaginare dove andiamo. Non è un mondo da immaginare.

Alberto La Porta: a nome di tutti ringrazio Padre Francesco per averci regalato questa mattinata stando con noi per aiutarci a vivere meglio la nostra fede.

Ricordo i prossimi impegni:

23 novembre incontro sui sacramenti con Padre Massimo Fusarelli

14 dicembre ci ritroveremo con Padre Francesco Rossi de Gasperis sul tema dell’Eucarestia.

Nel nuovo anno punterei ad incontrarci il terzo sabato del mese.

Con spirito di gioia e di gratitudine possiamo passare alla conclusione di questo nostro incontro recitando il l Padre nostro.

NOTE

1 Presenti: Alberto La Porta, Franco Passuello, Annarita Innocenzi (dell’associazione T. d. Ch.), Soana Tortora, Liborio Oddo, Damiano Nocilla, Massimo Panvini, Paolo Bonfanti, Francesco Giordani, Roberto Giordani, Pino e Carmelina Macrini, Anna Polverari, Antonio Russodivito, don Franco Amatori, Maria Celeste Fonte, Pino Baldassari, Anna (un’amica di Anna Polverari)

2 Cfr. Appunto di Franco Passuello “Ancora in cammino come discepoli del Risorto” condiviso nelle riunioni del 16 settembre e 2 ottobre e distribuito a tutti gli invitati a questo 1° incontro sulla Liturgia.

3 Il resoconto dei nostri incontri di discernimento dello scorso anno sono pubblicati sul nostro sito: www.incontripioparisi.it

4 E’ risorto, non è qui! , di Francesco Rossi de Gasperis, - Lectio sui vangeli della Risurrezione, Pardes edizioni, Bologna 2008

5 Gv. 6, 52-58: “Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro:-Come può costui darci la sua carne da mangiare?- Gesù disse: - In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre , che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno.-”

6 Don Damiano Modena ha assistito il card. Martini fino alla fine della sua vita terrena

7 “ Io Paolo, apostolo di Gesù Cristo per volontà di Dio, scrivo ai fratelli della città di Efeso che credono in Cristo Gesù: Dio nostro Padre e Gesù Cristo nostro Signore, diano a voi grazia e pace.

Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo. Egli ci ha uniti a Cristo nel cielo, ci ha dato tutte le benedizioni dello Spirito.

Prima della Creazione del mondo Dio ci ha scelti per mezzo di Cristo, per renderci santi e senza difetti di fronte a Lui.

Nel suo amore Dio aveva deciso di farci diventare suoi figli per mezzo di Gesù Cristo. Così ha deciso, perché così ha voluto nella sua bontà. A Dio dunque sia lode, per il dono meraviglioso che egli ci ha fatto per mezzo di Gesù suo amatissimo figlio.

Perché Cristo è morto per noi e noi siamo liberati; i nostri peccati sono perdonati. Questa è la ricchezza della grazia di Dio. Egli l’ha data a noi con abbondanza. Ci ha dato la piena sapienza e la piena intelligenza; ci ha fatto conoscere il segreto progetto della sua volontà;quello che fin fa principio generosamente aveva deciso di realizzare per mezzo di Cristo.

Così Dio conduce la storia al suo compimento; riunisce tutte le cose, quelle del cielo e quelle della terra sotto un unico capo, Cristo. E anche noi, perché a Cristo siamo uniti, abbiamo avuto la nostra parte: nel suo progetto Dio ha scelto anche noi fin dal principio. E Dio realizza tutto ciò che ha stabilito. Così ha voluto che fossimo una lode della sua grandezza, noi che prima degli altri abbiamo sperato in Cristo.

E anche voi siete uniti a Cristo. Quando avete ascoltato l’annuncio della verità, il messaggio del Vangelo che vi portò la salvezza, e avete creduto in Cristo. Allora Dio vi ha segnati con il suo sigillo: lo Spirito Santo che aveva promesso.

Lo Spirito Santo è garanzia della nostra futura eredità: di quella piena liberazione che Dio ci darà, perché possiamo lodare la sua grandezza.”

8 1 Corinzi, 11, 17-33 : “Mentre vi do queste istruzioni, non posso lodarvi perché vi riunite insieme non per meglio , ma per il peggio. Innanzi tutto sento dire che, quando vi radunate in assemblea, vi sono divisioni fra voi, e in parte lo credo. E’ necessario infatti che sorgano fazioni tra voi, perché in mezzo a voi si manifestino quelli che hanno superato la prova. Quando dunque vi radunate insieme, il vostro non è più un mangiare la cena del Signore. Ciascuno infatti, quando siede a tavola, comincia a prendere il proprio pasto e così uno ha fame, l’altro è ubriaco. Non avete forse le vostre case per mangiare e per bere? O volete gettare il disprezzo sulla Chiesa di Dio e umiliare chi non ha niente? Che devo dirvi?Lodarvi? In questo non vi lodo!

Io infatti ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: Il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: -Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me- Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: -Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo ogni volta che ne bevete in memoria di me .- Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga. Perciò chiunque mangia il pane o beve al calice del Signore in modo indegno , sarà colpevole verso il copro e il sangue del Signore. Ciascuno dunque esamini se stesso e poi mangi del pane e beva del calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna. E’ per questo che fra voi ci sono molti ammalati e infermi, e un buon numero sono morti. Se però ci esaminassimo attentamente da noi stessi, non saremmo giudicati; quando poi siamo giudicati dal Signore, siamo da lui ammoniti per non essere condannati insieme con il mondo.

Perciò, fratelli miei quando vi radunate per la cena, aspettatevi gli uni gli altri. E se qualcuno ha fame , mangi a casa, perché non vi raduniate a vostra condanna. Quanto alle altre cose, le sistemerò alla mia venuta.”

9 Gv. 13, 1-5: “Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine.

Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto.

Discernimento


Incontri 2013-2014 - Ancora in cammino come discepoli del Risorto. Un possibile percorso per con-celebrare una Messa sul mondo


  • 26 ottobre 2013
    Incontro 1
    La Messa sul mondo. La liturgia
  • 23 novembre 2013
    La Messa sul mondo. I sacramenti
  • 14 dicembre 2013
    La Messa sul mondo. L'Eucarestia
  • 14 gennaio 2014
    Riti di introduzione. Liturgia della parola
  • 15 febbraio 2014
    Riti di liturgia eucaristica
  • 15 marzo 2014
    Riti di comunione e di conclusione

Contributi di Clara Gennaro sulla Messa sul mondo