Incontri di discernimento e solidarietà
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Incontro del 14 dicembre 20131

Biblioteca della Parrocchia di San Romano Martire

Tema: “La Messa sul mondo2“ - L’Eucarestia -

Introduce Alberto La Porta – Testimone è Pino Stancari con uno scritto sulla Messa3 letto da Laura Marini



Viene proposta la recita dell’ora terza (II settimana di Avvento- sabato)4 e la lettura di due brani tratti dal Vangelo di Giovanni sull’istituzione dell’Eucarestia5 e sulla lavanda dei piedi6.

Cinque minuti di silenzio per meditare sulle letture e per riflettere su quello che esse ci suggeriscono per la nostra vita nel mondo.

Alberto La Porta :Siamo al terzo incontro dell’itinerario che sulla scia di Padre Pio ci siamo proposti quest’anno per giungere ad una consapevole, partecipata, vissuta Messa sul mondo, da offrire come esperienza spirituale ai nostri fratelli nella fede al popolo dei poveri di Javè dei quali ci sentiamo espressione, che ogni settimana si raccoglie in comunità ecclesiali proprie per celebrare la Messa, per fare memoria della morte e Risurrezione di Gesù.

Questo terzo incontro è incentrato sulle dimensioni simboliche, salvifiche e profetiche dell’Eucarestia, alla quale sono ordinati tutti i sacramenti “come a loro specifico fine”.

Purtroppo Padre Rossi de Gasperis ha avuto un impedimento all’ultimo momento per cui dovremo accontentarci per oggi delle nostre deboli forze, dedicando più tempo al discernimento, al rapporto fra Eucarestia e società, politica, impegno del cristiano nel mondo oggi , facendoci aiutare dalla lettura di una riflessione di Padre Pino Stancari , che molti anni fa ha dedicato alla Messa un prezioso piccolo (solo per dimensioni) libro ( di cui Laura ha fatto più copie per tutti).


Abbiamo preparato questo incontro Laura ed io, predisponendo una traccia sulla falsariga dell’ultimo incontro introdotto da Franco Passuello,inserendo il nostro discernimento in una dimensione di preghiera ecclesiale ( ora terza, ora sesta, ascolto della Parola ed ascolto di una testimonianza (scritta in questo caso).

Fin dal primo momento dicevamo che soffermarsi quest’anno sul tema della Messa sul mondo non è affatto un abbandonare l’attenzione alla storia, alla vita, alle necessità dell’umanità; è piuttosto un concentrare l’attenzione di più, con più profondità, sull’ umanità, sul creato, sul cosmo,( tema caro a Teilhard de Chardin ed anche a Pio) celebrando e partecipando all’evento del memoriale della cena del Signore, da cui i fedeli ricevono luce, sostegno, liberazione, amore, vita divina. (Le due letture sono molto pertinenti, avremmo poi modo di scambiarci quello che lo Spirito ci suggerisce).

Fede e corresponsabilità nella storia sono molto correlate. Da questo punto di vista mi ha molto colpito, ne parlavo con Franco Passuello per telefono due giorni fa, l’ultima Enciclica “Evangelii Gaudium” dove Papa Francesco soprattutto dal paragrafo 202 e seguenti7, ci invita ad una corresponsabilità senza confini; si intravvede tutta una sottolineatura del rapporto fra Kerygma e impegno sociale, fra Kerygma e impegno politico


L’evangelizzazione, la costruzione della Chiesa, la celebrazione dei sacramenti e dell’Eucarestia in particolare non rappresentano, (non possono rappresentare!) in alcun modo un momento di chiusura individualistica o di gruppo separato se non contrapposto al mondo esterno; piuttosto ci sollecitano, ci spingono con forza a farci carico, / a sentirci responsabili dell’intera umanità, a cerchi via via più ampi, in quello che Pio definiva amore universale concreto che la Messa realizza , che il Cristo ha realizzato e continua a realizzare, e noi chiamati alla sua sequela a realizzare con la nostra vita.

In sintesi sia nel primo che nel secondo incontro i due relatori/testimoni hanno sottolineato come la Liturgia rituale ( che pur esprime e realizza simbolicamente ma anche realmente la pienezza del culto a Dio) va completata, vitalizzata con una liturgia esistenziale dei cristiani, della Chiesa.


Così con Padre Rossi de Gasperis abbiamo scoperto come la Liturgia sia un atto di culto del popolo di Dio, la Chiesa come mediatrice realizza la concretezza e la centralità dell’azione salvifica di Dio nel mondo , in una dimensione per l’appunto universale.

Al centro della Messa il fare memoria della morte e Risurrezione di Gesù; ma non si tratta di un semplice rito.

Questo far memoria di un Dio che si spende, consuma per ogni uomo e per l’intera umanità,( il Dio che si fa servo come suggerisce Gv. 13, 1-20 come abbiamo appena letto) in noi, nella nostra vita con Lui ed in Lui prosegue in quella direzione: liturgia sostanziale è il nostro spenderci per amore, il nostro consumarci per gli altri seguendo l’esperienza del Cristo. E qui c’è tutto il tema del potere, quale potere va perseguito, che è un filone importante della nostra riflessione.


Con fra Massimo Fusarelli abbiamo compreso il fondamento teologico dei sacramenti (in Dio, nel Mistero, nella rivelazione ) ed il loro radicamento antropologico ( i sacramenti sono per l’uomo, per la storia umana, per la creazione tutta).

Va sottolineato ( ed è essenziale il nostro itinerario non intellettuale ma esistenziale) che l’uomo, il mondo, la creazione non siano destinatari passivi di una salvezza atemporale, cioè fuori del tempo e della storia, ma interlocutori di un rapporto di comunicazione proprio di Dio che si manifesta in precisi tempi, luoghi e persone, anche oggi qui ed ora come in ogni tempo.

L’economia della Rivelazione non ci raggiunge solo razionalmente con un contenuto dottrinale, ma ci raggiunge in un luogo che si può dire simbolico e sintetico che è l’esperienza liturgica. Ed ha aggiunto fra Massimo:”La liturgia della Chiesa è il luogo sintetico e simbolico dove noi (l’umanità, il mondo, il creato) siamo raggiunti dall’economia sacramentale della Rivelazione e possiamo rispondere. Infatti nel Sacramento c’è una iniziativa di Dio, c’è un annuncio della sua Parola, il kerygma, che viene mediato dalla Chiesa e c’è ( è fondamentale, è il terzo momento) il mettersi in moto dei discepoli e della comunità nel fare memoria dell’evento con la loro vita.

La celebrazione liturgica dei sacramenti fa tenere insieme il Mistero di Dio (invisibile agli occhi carnali) e la realtà, l’esperienza, la vita dell’uomo e di tutta la creazione.”

La liturgia, come l’arte, la poesia, il gioco, ci diceva fra Massimo, è un tempo “sprecato” , inutile rispetto ad una diffusa preminenza dell’efficienza e della produttività, ma proprio per questo ha un valore smisurato e insostituibile per la vita perché rende presente il modo di comunicare di Dio con il mondo.

Il tema di oggi è l’Eucarestia, su cui leggeremo delle pagine di Padre Pino Stancari.

Per introdurre a questo tema, che è un po’ il centro del nostro itinerario, ripropongo una poesia/ preghiera di Padre Turoldo ( che mia moglie Letizia amava moltissimo) dal titolo:” La tua vita : tuo esodo....la tua Messa”,

Alberto legge una poesia di Padre Davide Maria Turoldo:


LA TUA VITA: tuo Esodo ... la tua MESSA”


Andare, andare insieme

In quest’esodo senza mai fine;

attraversare i nuovi deserti,

per cui non basta la manna a nessuno.


E poi fermarsi, non sotto il ginepro,

né mai più dire: “ora basta Signore”

un albero c’è di ristoro,

un altro pane è il viatico nostro.


DIO, del Tuo pane che , solo, ci sazia,

che sazia l’anima e il cuore dispone

a farsi pane alla fame degli altri,

in abbondanza, Tu donaci sempre


Donaci, Padre, il pane di Cristo,

perché nessuno più muoia di fame;

e nostro cibo e bevanda sia fare

pure noi, sempre, la Tua volontà:

CHI mangia del Tuo pane ha già in sé la vita permanente:

Questo il cibo per varcare dal tempo all’eterno


Mentre porti a compimento,

Figlio di Dio, accompagnaci Tu,

nella traversata, perché non moriamo.

(Davide Maria TUROLDO)


Laura Marini: legge il testo di Padre Pino Stancari sulla” Seconda Parte della Messa- Il tempo dell’offerta”

_ “È necessario ritornare a quanto già detto circa il duplice movimento , che caratterizza la struttura dell’eucarestia: movimento discendente nella prima parte, movimento ascendente nella seconda. L’ascolto della Parola ( da Dio a noi) ora diventa risposta offertoriale: da noi a Dio. Questo movimento ascendente è possibile perché avviene in forza di Cristo; e noi siamo inseriti, innestati, incorporati in lui. Altrimenti il nostro ascolto si chiuderebbe nella solitudine di coloro che ricevono un messaggio e da quel messaggio sono sopraffatti. MA non è così, come sappiamo: l’Eucarestia comporta esattamente il nostro ingresso nell’offerta che Cristo , nostro Signore, ha realizzato una volta per tutte; in lui , con lui e attraverso di lui, anche noi possiamo presentare la nostra risposta a Dio Padre. Si celebra così il mistero della nostra comunione con Cristo e della nostra novità di creature, accolte presso Dio come figli.

Consideriamo ora più da vicino quel che avviene nella seconda parte della Messa, nel tempo dell’offerta. Proviamo a rappresentare su una linea lo svolgimento della seconda parte delle Messa:


I II III

OFFERTORIO / ANAFORA / COMUNIONE

________________________________________________


Ho già usato a più riprese il termine “offerta” , che è più che mai pertinente. In greco, l’equivalente del nostro termine offerta è anafora. Esso può servire per inficiare tutta la seconda parte della Messa, più in particolare il momento centrale di essa. Ora è necessario determinare meglio i confini tra i diversi momenti, che sono riconoscibili all’interno di questo tempo.

Il momento centrale della seconda parte della messa è costituito , dunque , dall’anafora in senso stretto, ossia dalla grande preghiera eucaristica. Compare qui l’aggettivo “eucaristico , come se proprio al centro della seconda parte della Messa si celebrasse l’eucarestia. In realtà eucarestia è già tutto quanto avviene nella prima parte della Messa, inseparabile dalla seconda per quel rapporto strutturale, di cui ci siamo ampiamente occupati. Ma è anche vero che, quando si dice “eucarestia”, si può intendere proprio quel che avviene nel centro della seconda parte della messa. In realtà, lo stesso termine “eucarestia”può essere usato per indicare l’intera celebrazione eucaristica, oppure quel momento particolare, che assume, nello sviluppo della celebrazione, la funzione eucaristica per eccellenza.

Il momento centrale della seconda parte della Messa è incorniciato entro due altri momenti, che sono, l’uno, preparatorio e, l’altro, conclusivo. Definendo preparatorio il primo momento non intendo umiliarlo; e tanto meno, definendo conclusivo il terzo, intendo dire che se ne può fare a meno. E’ evidente, però, che entrambi questi momenti, preparatorio e conclusivo, orientano l’attenzione di tutti verso quel centro della seconda parte della Messa, che è costituito esattamente dalla grande preghiera eucaristica. Prenderò in considerazione dapprima l’offertorio (primo momento) e la comunione( terzo momento), per concentrare poi l’attenzione sull’anafora ( secondo momento).


  1. L’offertorio


Le precedenti riflessioni ci hanno condotti fino al momento conclusivo della prima parte della Messa: la preghiera universale della Chiesa. Si entra adesso nel primo momento del secondo tempo: l’offertorio. L’offertorio consiste, innanzi tutto, nella predisposizione delle offerte (dette, alla latina, le oblate) , ossia il pane e il vino. A queste offerte, che sono essenziali, se ne possono aggiungere altre della più varia natura, comunque destinate alle necessità della Chiesa e dei poveri. Vengono messe in evidenza, però, quelle due creature (il pane e il vino), perché successivamente esse saranno inserite in un percorso assolutamente nuovo. Per ora sono presentate e deposte sulla mensa. Intanto tutti gli altri doni, che una comunità di fedeli vuole offrire come segno di solidarietà e come gesto di condivisione, vengono messi momentaneamente da parte, perché saranno valorizzati in un altro momento ed in un’altra sede.

Spesso l’offertorio acquista risalto e si sviluppa in una vera e propria processione offertoriale. Ma anche quando la processione offertoriale non fosse solennizzata, non essendoci un movimento di fedeli che si avvicina alla mensa per presentare le offerte, c’è sempre comunque , quel minimo di processione offertoriale che è necessario per trasferire le oblate da un tavolo laterale, su cui sono predisposte, alla mensa, oppure almeno per metterle in evidenza, essendo collocate in attesa in una zona non in vista dell’altare. Anzi, il fatto che certe volte le oblate siano già preparate al centro della mensa, non facilita la comprensione del gesto che durante l’offertorio deve essere compiuto: quello di presentare ciò che è ancora giacente in uno spazio appartato. Una vota, a questo punto, si toglieva il velo.

Ecco, dunque, presentate in pubblico le oblate (pane e vino). Ora c’è un altro fatto importante che deve essere segnalato: insieme con il pane e con il vino, vengono presentate le persone. La processione offertoriale serve bene a raffigurare anche questo aspetto, che è certamente essenziale: si presentano le persone. E’ come se i partecipanti si facessero avanti, uno per uno, e dicessero: “Ci sono anch’io”. Anticamente, tra la prima e la seconda parte della Messa, avveniva una certa discriminazione tra i catecumeni e i battezzati: infatti, coloro che non erano ancora battezzati, partecipavano solo alla prima parte della Messa, alla scuola, poi uscivano, mentre i battezzati rimanevano presenti e potevano partecipare al banchetto. Adesso i presenti prendono posizione, si riconoscono, si sistemano. L’offertorio è il momenti della presentazione: la presentazione dei doni e delle persone. Ogni cosa viene predisposta; ciascuno si mette al proprio posto.

Naturalmente, in tutta questa seconda parte della Messa, il centro logistico, che ha già di per sé un valore simbolico quanto mai significativo, è la mensa. L’offertorio segna la preparazione prossima del banchetto: dapprima si guarda verso la mensa, poi ci si orienta verso di essa, quindi ci si trasferisc senz’altro a tavola per occupare i posti che sono già pronti, e c’è posto per tutti. Ma chi siede a tavola è ormai persona di casa: si è presentato;è vero che è presente a titolo d’invitato, ma di invitato che ha risposto all’invito e che aderisce volontariamente , anzi appassionatamente, a quell’invito con il proprio dono: con il dono di se stesso, della propria presenza.

Tutto sommato, la prima parte della Messa, ponendo i fedeli in un atteggiamento di ascolto, quasi li invita a essere passivi. Quell’ascolto è, a ben vedere, quanto mai esigente e impegnativo, eppure potrebbe condurre ad una condizione di inerzia. Adesso la seconda parte della Messa esige da tutti una partecipazione assolutamente attiva. Questa considerazione può apparire un poco paradossale, perché spesso a noi più che di partecipazione attiva sembra si debba parlare di un puro spettacolo. Ad un certo momento l’organo si mette a suonare, qualcuno canta, altri si agitano; intanto si assiste ad una specie di sceneggiata per addetti ai lavori... Quale che sia la nostra impressione, la realtà è un’altra: questo è il momento in cui , in un modo o nell’altro, si tratta di segnalare il contributo della presenza di tutti e di ciascuno. Cantando, offrendo un dono, prendendo posizione, sedendosi a tavola, tutti gli invitati assicurano la loro partecipazione. E’ già motivo di gioia, di condivisione, di riposo. Questo è l’offertorio, ma è solo il primo momento.


  1. La comunione


Saltiamo ora dal primo al terzo momento della scoda parte della Messa: è questo il momento della comunione , con l’aggiunta dell’ultima preghiera e del congedo.

Il terzo momento si apre con il Padre Nostro, a cui segue la frazione del pane; la mensa è preparata e i fedeli si accostano per parteciparvi, mangiando il pane, che è il corpo, e bevendo il vino, che è il sangue del Signore.

Anche questo terzo momento della seconda parte della Messa è caratterizzato da una processione: è la processione dei fedeli che si accostano per ricevere la comunione. Si noti come, anche in questo caso, la processione sia orientata verso la mensa. Questo è vero anche quando forse i fedeli non si spostano, o non fanno lunghi percorsi, o non sono inseriti in cortei molto solenni: c’è sempre, comunque, un movimento verso la mensa. Alla prima processione, quella offertoriale, fa contrappunto adesso la processione per la comunione. Conviene notare la differenza: ora non si avanza più per presentare i doni e per presentare se stessi, bensì per ricevere; e questa volta non si ricevono quegli stessi doni che sono stati presentati, ma si riceve il corpo e il sangue del Signore: Ci si è presentati per offrire il proprio dono; ci si presenta ora per ricevere il corpo di Cristo.

Ovviamente, tutto questo suppone la centralità della grande preghiera eucaristica; anche la comunione - per così dire- è subordinata a tale centralità. Bisogna che mi spieghi, ricorrendo a qualche semplificazione descrittiva.

Molto spesso per i fedeli, anche preparati e sensibili, la partecipazione alla Messa è, più o meno, concepita in questo modo: si va in Chiesa, ci si dispone, si nutrono bei pensieri, qualcuno ci aiuta utilmente a rivedere le cose della nostra vita e a ripensarle alla luce della parola del Signore; poi c’è la preghiera eucaristica, il sacerdote compie gesti solenni e pronuncia parole sante, ed ecco è il corpo del Signore che a noi tutti viene presentato sulla mensa; a questo punto è preparato il premio che tra poco, superate alcune formalità di rito, verrà aggiudicato ai migliori, ai più pazienti, ai più concentrati. Giunge finalmente il momento culminante di questo itinerario, quando alcuni -pochi o molti che siano- , per fortuna o per merito, ricevono il corpo del Signore. Dopo questo si può tornare a casa soddisfatti, oppure sperando che vada meglio la volta prossima. Come se andare a Messa significasse ricevere quel premio finale che è la comunione.

Esprimendomi così, banalizzo le cose, che hanno comunque un loro valore e che non sono di per sé riprovevoli. Però è necessario entrare più a fondo nel mistero che si compie là dove viene celebrata l’eucarestia. Infatti, l’eucarestia non è soltanto quel certo itinerario liturgico - sacramentale che ci condurrà, dopo una certa fatica, dopo certi passaggi più o meno accidentali, al premio consolante di ricevere il corpo del Signore. Non è semplicemente così: non si fa la comunione come si riceve un premio. I cristiani si comunicano per partecipare all’offerta che Cristo , nostro Signore, ha compiuto una volta per tutte, per entrare nel suo atto di consegna al Padre, per essere congiunti a lui nel suo movimento ascendente. Si fa la comunione per essere con lui, là dove egli ha pronunciato il suo amen, il suo al Padre. L’eucarestia funziona non per il fatto che chi è buono riceve la comunione, ma perché, ricevendola, noi possiamo entrare nell’amen di Cristo al Padre ed essere incorporati a lui nel suo atto di offerta unico e eterno.

Il centro sta davvero nella grande preghiera eucaristica, in vista della quale sono stati presentati i doni (pane e vino), ora restituiti a noi come corpo e sangue di Cristo, a cui noi comunichiamo. Anche questo terzo momento (la comunione) cronologicamente viene dopo la grande preghiera eucaristica, in realtà, per quanto riguarda il mistero che si compie, esso non fa altro che afferrarci, risucchiarci e inserirci nel vortice prodotto da Gesù con il suo atto di offerta al Padre. Questo non è sempre tanto chiaro, stando alle modalità della nostra partecipazione all’eucarestia; non sempre è evidente che noi facciamo la comunione per offrirci con Cristo a Padre, per essere noi- con tutto il peso della nostra condizione umana e con tutta quella varietà di impegni e di responsabilità che caratterizza il nostro oggi- congiunti a lui, Figlio, che muore, risorge e sale la Padre.

Vorrei aggiungere ancora tre precisazioni. Nel cuore della grande preghiera eucaristica, in seguito all’ultima riforma liturgica, è stato inserito un intervento dell’assemblea. Quando il sacerdote dice: “Mistero della fede”, i fedeli rispondono con una formula particolare. Questa risposta dei fedeli al grido rivolto loro dal sacerdote, già anticipa e assorbe all’interno della grande preghiera eucaristica, in qualche modo, quello che sarà il gesto di quanti avanzeranno per comunicarsi.

Ed ecco una seconda precisazione. Quando il corpo del Signore viene distribuito nella comunione ai fedeli, è chiesta loro una risposta ed esattamente l’amen . Quell’amen , proclamato dai cristiani quando ricevono il corpo del Signore, fa tutt’uno con l’amen che è stato proclamato come conclusione e pienezza della preghiera eucaristica. Quando ci viene richiesto l’amen dinanzi al corpo del Signore, non si tratta soltanto di fornire l’attestato della fede nella presenza eucaristica. Questo è il momento in cui ci è chiesto esattamente di presentarci per ricevere il corpo del Signore e per offrirci, nell’incontro con Lui, al Padre che ci ha chiamati e che attende da noi, nel nostro oggi, una risposta obbediente e filiale. Ora questa risposta è possibile appunto in forza dell’atto unico ed eterno compiuto da Cristo Signore. È proprio vero che questo terzo momento della seconda parte della Messa non è il momento culminante, nel senso che non è il momento centrale. Ma è anche vero che i due momenti non si possono separare, perché questo terzo è già inserito nel secondo che è quello centrale.


( Ricordo, precisa Laura, parlando della sua esperienza, che spesso andavo a Messa per mettere a posto la mia coscienza. A questo punto mi sembrava che qualcosa non andasse e mi sono astenuta dall’andare a Messa e, conseguentemente, dall’Eucarestia per tanti mesi. Finché poi ho ripreso, grazie anche a Pio, perché per fortuna si cammina si cresce).


Ed ecco una terza precisazione. Se è vero che il terzo momento della seconda parte della Messa è orientato verso il momento centrale, è anche vero che esso produce una specie di rimbalzo, che suscita un rinnovato slancio nei fedeli e li proietta verso quella che sarà la loro vita, di giorno in giorno, di settimana in settimana, in mezzo a tutte le situazioni complicate, che bisogna comunque affrontare nella nostra esistenza umana. Far la comunione ha sempre una caratteristica di viatico , nel senso di cibo che accompagnerà lungo la via e darà forza, coraggio e sostegno per la strada ancora da percorrere. Questa affermazione non contraddice le precedenti, ma le completa: si fa la comunione guardando a quel che sarà, ricevendola come viatico per essere pronti ad affrontare la strada; si fa la comunione per andare verso il mondo, pur restando radicati in Cristo, nell’atto di rispondere con lui Sì al Padre, che ci chiama e ci invia.


  1. La mensa: altare, tavola, roccia, sepolcro


Consideriamo finalmente che cosa accade nel secondo momento della seconda parte della Messa. Qui il luogo è senz’altro la mensa ( che siamo soliti denominare altare). Se l’offertorio e la comunione si presentano come un movimento verso la mensa( in un caso per offrire, nell’altro per ricevere) , quanto avviene nel secondo momento si svolge attorno alla mensa , o meglio sulla mensa. Già la mensa è, di per se stessa, un segno di cui bisogna che comprendiamo, anche soltanto sommariamente, l’importanza. Quando si dice “mensa” , il significato più ovvio è quello di tavola per un banchetto; eppure nella tradizione della Chiesa si intendono anche altri significati, provenienti dall’antica tradizione biblica, arricchita poi dall’esperienza dei discepoli del Signore. Sono almeno due i significati, che ci aiutano a caratterizzare il valore della mensa eucaristica e devono essere persi in considerazione.

Il primo è quello di riccia. La mensa è la roccia da cui, secondo l’antico racconto biblico(Es. 17,5s; Num. 20,7-11), scaturì l’acqua nel deserto: quella roccia di cui parla poi San Paolo, dicendo che “era Cristo”(1Cor. 10,4). La mensa è il corpo di Cristo da cui scaturisce l’acqua che disseta, da cui proviene ogni benessere e consolazione per noi che siamo i suoi discepoli. Una volta l’altare doveva essere sempre di pietra: reminiscenza di quelli che erano gli altari antichi. È questo un segno liturgico che rievoca tanti episodi dell’antico testamento, ma soprattutto ci riporta ad dato neotestamentario per cui il Signore Gesù è la “pietra angolare” , su cui si costruisce l’intero edificio(cfr. Mt. 21,42s e par. ; 1 Cor. 3,11; 1Pt. 2,4-8).Tanto è vero che l’altare viene incensato, viene trattato sempre con particolare devozione, e dinanzi ad esso si china la testa; infatti nelle nostre Chiese, per il fatto stesso di essere presente, l’altare è un segno, un richiamo, un simbolo della presenza di Cristo, pietra su cui siamo edificati e da cui siamo alimentati.

Il secondo significato da segnalare proviene dagli usi liturgici praticati nell’antico tempio d’Israele, e poi da una pagina dell’Apocalisse: la mensa è il luogo nel quale è versato e custodito il sangue dei martiri. È la tomba dei martiri. Un tempo non si poteva celebrare la Messa, se non c’erano le reliquie dei martiri, incastonate nella pietra dell’altare. Queste consuetudini oggi non sono più imposte così rigorosamente; anzi, a riguardo di queste cose, si è fin troppo disinvolti. Ma rimangono il richiamo e il messaggio contenuti in quella tradizione. Come nell’antico tempio il sangue delle vittime era versato ai piedi dell’altare, così si legge nell’Apocalisse: “Quando l’Agnello aprì il quinto sigillo, vidi sotto l’altare le anime di coloro che furono immolati a causa della parola di Dio .”(Apoc. 6, 9-11). E’ il sangue dei martiri. Noi celebriamo l’Eucarestia sulla mensa, che è il corpo di Cristo e insieme il corpo dei martiri; è il sangue di Cristo ed insieme il sangue dei credenti che ci hanno preceduto nell’essere uno con il Cristo, comunione con lui, figli con il Figlio.


(Liborio riferisce di come l’esperienza alla partecipazione alla Messa da parte del popolo di Dio è stata sempre stata favorita dalla Chiesa. Ricorda come Pio X avesse scritto all’editore Marietti per ringraziarlo della diffusione del nuovo Messale, curato da Padre Betti. La difficoltà a seguire la Messa da parte delle persone era legata essenzialmente alla poca scolarizzazione )


La mensa, dunque, è la tavola imbandita per mangiare insieme; è la roccia; è il sepolcro di martiri. Noi mangiamo sulla pietra di un sepolcro: non c’è niente di macabro, o di disgustoso, in questo. Da Cristo noi veniamo sfamati e dissetati, dai martiri di Cristo noi siamo accompagnati in questo banchetto.


(Qui la lettura si interrompe. È opportuno continuare la lettura nell’allegato al presente resoconto dove viene proposto in modo completo l’intero paragrafo III ( Il tempo dell’offerta) e il paragrafo IV (Per la salvezza del mondo).

Si interrompe la riflessione per un momento di convivialità.



Alberto invita a riprendere l’incontro dando la parola a Francesco Giordani che legge un testo di Pio sulla Messa tratto dallo scritto “L’Apocalisse nel deserto”8


A partire dalla Messa cerchiamo di raggiungere la guerra del Golfo, e tutte le guerre che l’hanno preceduta , tutti i peccati che delle guerre sono causa ed effetto, tutte le sofferenze e le speranze che sono il vissuto più profondo degli uomini e dei popoli in guerra. La Messa è memoriale della passione e della morte di Gesù in cui il peccato degli uomini raggiunge la massima gravità con l’uccisione del giusto, Figlio di Dio, e in cui si compie il giudizio di salvezza: “Prendete e bevetene tutti: Questo è il calice del mio Sangue per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati”. Il sangue di Cristo raggiunge il sangue versato nel Golfo. Come con l’incarnazione del Figlio di Dio ogni uomo è stato raggiunto (Redemptor Hominis) così con la sua passione e morte danno valore redentivo ad ogni sofferenza degli uomini, in particolare a quelle causate dal peccato che fu la causa di tutto quello che il Signore ha subito. A questo punto risuonano in noi le accuse di quanti assolutizzano la morale e la politica:”Con la morte di Cristo si giustificano coloro che compiono le violenze e si addormentano le coscienze di quelli che le subiscono!” Ma non dobbiamo lasciarci sviare nel cammino delle fede. Riconosciamo umilmente tutti i peccati che abbiamo fatto strumentalizzando la dottrina della fede ma non abbandoniamo la ricerca della vera fede che non può mai essere asservita a progetti umani perché è opera dello Spirito e sapienza di Dio. Nessuno ci fermi nel credere e nell’annunciare che ogni sofferenza umana è raggiunta e salvata dal patire di Gesù. Facciamo una scelta concreta: invece di spendere tanto tempo a guardare passivamente le immagini di guerra, cerchiamo di aprirci alla realtà che tali immagini veicolano e di cogliere in esse la presenza operante della sofferenza , della morte e risurrezione del Signore. Su tutte le sofferenze umane ripetiamo con fermezza: “dalla morte la vita, per Gesù Cristo che vive e regna nei secoli dei secoli”. (omissis) Nella Messa, celebrando nella fede la passione e morte del Signore, ci apriamo al mistero del suo amore infinito:”avendo amato i suoi che erano nel mondo li amò sino alla fine”, (Gv 13,1). E l’amore di Cristo raggiunge tutto l’amore che gli uomini vivono nella guerra del Golfo. Non scandalizziamoci sentendo dire che nella guerra si ama. Si soffre perché si ama la propria vita e quella dei propri cari, la vita di tutto il popolo e di tutti gli uomini. Non diciamo che nella guerra c’è solo l’odio , sarebbe un giudizio veramente disumano! L’amore è frammisto all’odio, come il grano all’erbaccia, guardiamoci dallo sradicare tutto. E dove c’è l’amore, anche solo il giusto amore per la vita, là c’è Cristo. La Messa è celebrazione della vittoria di Gesù sul peccato e sulla morte. Andiamo dove c’è la guerra con la certezza della vittoria del Signore. Allora non ci sentiremo più di partecipare alle attese della vittoria di questa o quella parte, ma vivremo nella fiduciosa attesa della manifestazione piena di una vittoria che già è avvenuta sulla croce. E nei fatti stessi della guerra vedremo innumerevoli prolungamenti della vittoria di Cristo. La Messa è celebrazione della perfetta conversione a Dio. A partire dalla Messa, celebrazione comunitaria della fede nel mistero pasquale, siamo spinti ad andare nel Golfo, ad entrare in questa terribile guerra non per uccidere ma per lasciare che muoia in noi l’uomo vecchio con il suo egoismo e le sue sicurezze (S. Paolo).


Edmondo Cesarini : La mia esperienza del rapporto con l'Eucarestia – il mio “vissuto”, come

si dice - deriva dalla riflessione sul senso dell'offertorio come presentazione all'altare della nostra vita che si rende disponibile alla “discesa” dello Spirito Santo (l'Amore) e sul senso teologico del Corpo di Cristo, che è la Chiesa, in cui la nostra vita, animata dall' Amore, viene inserita, come “cellula”, come “tralcio”.


Il pane-e-vino “frutto della terra e del lavoro” è per me simbolo della nostra umanità – che è frutto della natura e delle nostre azioni. Nell' epiclesi lo Spirito scende, cioè attiva e vivifica la nostra umanità e la “consacra” come Chiesa, Corpo di Cristo. “Questo è il mio Corpo”: due o tre riuniti in Suo nome costituiscono il suo Corpo...


La partecipazione all'Eucarestia sull'altare deve insegnarci ed indurci a fare della nostra stessa vita una “Messa”, in cui la nostra umanità – esprimendosi nella carità – diviene Corpo di Cristo. (1Cr 12,27), formando così la pienezza del Corpo di Lui (Ef 1,23) che cresce appunto mediante l'attività di ognuno nella carità (Ef 4,16).


Questo è il nostro compito di cristiani: sotto l'azione dello Spirito attuare la pienezza del Corpo. Oserei dire che tutta la materialità, la sofferenza, la difficoltà della vita umana è la materia -”il pane ed il vino” - del sacramento cosmico con cui l'umanità è chiamata a divenire Corpo di Cristo. Forse più che “Messa sul mondo” occorre usare l'espressione “Messa del mondo”.


Noi siamo sacerdoti che possiamo celebrare tutti i giorni con le nostre azioni il sacramento dell'Eucarestia per cui la nostra umanità viene a costituire la Chiesa, il vero Corpo di Cristo.


Soana Tortora: Ascoltando la lettura di Pino Stancari emerge l’idea che a partire dalla liturgia della Parola l’offerta è quella di Cristo, non è la nostra; la nostra è solo una risposta, è il nostro Fiat. L’unica cosa che possiamo offrire è noi stessi,la nostra vita. L’eucarestia può essere il cuore della nostra esperienza di cristiani in modo che quando si esce dalla celebrazione si riesca a capire cosa accade nel tempo che ci è dato di vivere , nella liturgia quotidiana della nostra vita: capire cosa accade dopo la Messa. Capire come ci mettiamo in gioco una volta usciti dalla Messa.




Don Marco Fibbi: recita l’ora sesta ( II settimana di Avvento - sabato)9 assieme al gruppo.


Prima di congedarsi don Marco precisa che ha un impegno a mezzogiorno con la mensa per le persone che si rivolgono alla parrocchia per il pranzo. Sottolinea così come la liturgia delle ore scandisce il tempo ma è essa stessa un richiamo ai bisogni essenziali dell’uomo: si respira della preghiera e della parola e si vive del pane quotidiano.

Il messaggio del Papa alla Caritas ci interpella in prima persona: noi che abbiamo il di più stiamo rubando a chi non ne ha; questa è la causa degli squilibri che sono sotto gli occhi di tutti.

Nel messaggio della Pace il Papa raccomanda la solidarietà perché solo questo può arginare gli squilibri sociali che sempre più si evidenziano nel nostro mondo globalizzato.

La recita del Padre Nostro ci richiama a questa necessità del pane quotidiano.

Don Marco non nasconde il suo interesse ad ospitare in parrocchia le iniziative dell’associazione.


Tillo Nocera : da tempo mi fa impressione nella preghiera di Offertorio recitata dal celebrante la frase “ Padre, ti offriamo il sacrificio a te gradito “. La perplessità mi deriva dal fatto che al Padre dovrebbe essere gradito il sacrificio riparatorio redentivo del Figlio. È questa lettura del tutto contraria sia al Testamento ebraico in cui l’episodio del sacrificio del figlio di Abramo significa che Dio ha abolito i sacrifici umani, sia all’interpretazione della morte in Croce di Gesù. Essa è stata la conseguenza della coerenza di Gesù nell’annuncio del regno di giustizia e di amore per gli uomini, eliminato proprio dai potenti contro i quali Gesù manteneva un rapporto conflittuale proprio perché impedivano la diffusione del regno.

Inoltre mi lascia perplesso la frase del catechismo secondo cui l’Eucaristia contiene corpo, sangue, anima e divinità di Gesù; e ci sono pronti i devoti dei miracoli di Bolsena e di Lanciano a confermare questa espressione. A me pare che la consacrazione sia il momento culminante di presenza mistica di Gesù e la nostra commemorazione della sua morte e resurrezione. Il corpo ed il sangue fisico di Gesù mi lasciano assai perplesso. Se fosse vera tale formula catechistica, quando Gesù pronunciò le parole della consacrazione avremmo avuto presenti due corpi di Gesù, quello di lui vivente e quello che lui consacrava fisicamente nel pane. E ciò non è logico.


Alberto La Porta : ricorda la discussione fra chi dice che la Messa è sacrificio e chi dice che la Messa è banchetto. I Francescani hanno maturato l’idea che Gesù si sarebbe incarnato ugualmente anche senza il peccato originale. Padre Rossi, interpellato in proposito nel nostro precedente incontro, ha segnalato che la Scrittura fa riferimento al peccato di Adamo e al nuovo Adamo, Gesù , Figlio di Dio che ci salva dal peccato. Ma nessuno può dire che la tesi dei francescani non possa essere accettabile: è vera l’una e l’altra, non c’è contraddizione.


Tillo Nocera: la teologia dell’incarnazione di Gesù di discesa dall’alto ( il Verbo si è fatto carne, Giovanni ed egli , pur essendo di natura divina, si umiliò sino alla morte di croce, Paolo ) mi sembra troppo sacrale e preferisco la teologia della progressiva presa di coscienza di Gesù della sua missione ( discesa dello Spirito nel Giordano, visto solo da lui; trasfigurazione, presa di coscienza collettiva con gli apostoli; l’affermazione del soldato romano subito dopo la morte di Gesù : questi era veramente figlio di Dio , che è il riconoscimento da parte dell’umanità).

Tutta la liturgia della messa mi sembra risentire troppo della concezione sacrificale della redenzione; le continue invocazioni all’Agnello di Dio che prende su di sé i peccati del mondo, il continuo riferimento al valore sacrificale del rito più che al valore del far memoria della Morte e Resurrezione di Gesù, mi rendono sempre più di difficile comprensione il senso della messa e lo rendono quasi incomprensibile a chi non è credente.

GiulioCascino : Vivo la centralità della Messa fin dal 1973 dopo una chiacchierata con Padre Alberto Parisi quando discutemmo della necessità di preparare la Messa domenicale leggendo in gruppo le letture che sarebbero state proclamate la domenica.

Ma vivo costantemente tutto questo in modo problematico: oscillo fra sentimenti di grande consolazione ( Gesù è il protagonista della storia e ci permette di leggere la storia dalla fine) e fra sentimenti di scoraggiamento. È vero che è lui il protagonista, ma ha scelto un modo per incastrarci: Lui ci salva ma ci chiede una risposta che non è facile, è problematica.

Nel Vangelo di domani leggeremo che Giovanni Battista , pur cresciuto insieme a Gesù , non ha le idee chiare perché chiede a Gesù: sei tu o dobbiamo aspettare un altro?

Lui ci chiama a rispondere quotidianamente, come diceva Edmondo.

Pendolo dunque fra queste due situazioni: o totalmente lontano e insufficiente o vicino e consolato dalla Parola e dalla unione con lui e al mondo, alla vita che vivo.

Ma tutto questo va fatto comunitariamente con strumenti quali:

- la preghiera

- la comunità, Chiesa ( due o tre riuniti nel mio nome)

- la liturgia.

In tutte le parrocchie va vissuta la centralità della Messa come fatto esistenziale.



Alcuni avvisi:

Giulio ricorda che gli incontri del gruppo Teilhard de Chardin si terranno alla Cappella dell’Università.

Alberto precisa che a metà luglio ci sarà un incontro sulla Messa cui anche noi siamo chiamati a partecipare.

Edmondo precisa che ci sarà, forse proprio in Cappella, il prossimo incontro sul cristianesimo delle origini di cui ci farà sapere la data ).



Pino Macrini:Riflettendo su quanto finora è stato proposto alla ns. meditazione, nel corso degli incontri precedenti e di questo in corso di svolgimento sul tema della Liturgia, vorrei soffermarmi un attimo su alcuni elementi per condividere con voi qualche ulteriore riflessione.

Un primo elemento è l’esigenza, che mi sembra di cogliere come molto diffusa, di approfondire la conoscenza del valore “sostanziale” della Liturgia in generale, di contro alla opinione ( purtroppo anch’essa molto diffusa ed entrata nel linguaggio comune, anche “ politico “ ) che ritiene la Liturgia essere una serie di azioni di culto esteriori, strettamente disciplinate quanto alla forma, e per questo meramente “ rituali “

In particolare, proprio con riferimento più specifico alla Liturgia Eucaristica domenicale ( la S. Messa), mi sembra di poter cogliere come molto diffusa l’esigenza di una più profonda conoscenza del significato e del valore delle varie azioni liturgiche che in essa si attuano e di una partecipazione del popolo di Dio più consapevole, più permeata del sentimento di far parte di una Comunità Ecclesiale insieme con la quale si partecipa all’azione liturgica offrendo al Signore sull’altare tutto il proprio vissuto quotidiano, sia individuale che familiare e sociale .

In questo colgo anche una particolare sintonia tra l’attività di approfondimento sul tema che si sta svolgendo nel ns. gruppetto ed una analoga iniziativa in corso nella mia Parrocchia, che ci ospita , dove - con il sostegno e l’incoraggiamento del ns. Parroco , don Marco Fibbi, che avete conosciuto e che è molto sensibile sul tema di una crescita delle coscienze e della partecipazione consapevole - esiste ed opera un Gruppo Liturgico ( uno tra i numerosi Gruppi operativi parrocchiali ) che si occupa appunto delle celebrazioni liturgiche, in particolare di quella eucaristica domenicale, con l’intento di individuare e concretizzare tutte quelle iniziative ( linee di approfondimento culturale e singole azioni liturgiche e modalità di partecipazione dei fedeli) che possano favorire una partecipazione alla celebrazione liturgica in una dimensione davvero più consapevole, più comunitaria e più collegata con il vissuto quotidiano.

In questo quadro, come suggerito anche da altri amici qui presenti, sarebbe auspicabile davvero sviluppare una sinergia con questo Gruppo Parrocchiale, per approfondire insieme il tema ed arricchirci reciprocamente scambiando le proprie esperienze che , mi sembra , si svolgono in contesti con esigenze in parte diverse.

Altro elemento che mi sembra di poter cogliere come esigenza condivisa e diffusa è quello di approfondire il particolare, profondo e inscindibile legame che tiene insieme i vari momenti della celebrazione liturgica eucaristica, particolarmente quelli dell’ Ascolto della Parola , quello della Consacrazione Eucaristica e quello della Comunione dei fedeli, sottolineandone l’intrinseca unità , che nasce dal loro originario inserimento in un unico contesto conviviale ( la Cena pasquale celebrata dal Nostro Signore ) caratterizzato dallo spirito di profonda “ amicizia “ , di “ comunità ecclesiale “ , dei partecipanti e dal richiamo anche alle vicende personali, al vissuto storico, di ciascuno di essi ( il Cristo e gli Apostoli).

E proprio alla luce di questo profondo legame unitario fra i vari singoli momenti della concelebrazione eucaristica fra loro e con il vissuto quotidiano di ciascuno di noi , con le nostre esperienze personali, familiari, di lavoro , come cittadini del mondo, ( tutto questo è – forse - quello che, per come io l’ho capito, sinteticamente potrebbe indicare l’espressione tanto amata da Pio : “ la Messa sul mondo “ ) mi sembrano davvero prive di senso alcune opinioni correnti tra i fedeli come quella che, ad es., faceva derivare una “ valida “ partecipazione alla S. Messa a seconda della fase in cui si era arrivati in chiesa ( se prima o dopo che era stato tolto il velo dal calice, o l’innalzamento dello stesso , o se prima o dopo l’omelia del sacerdote , e così via ), o la ammissibilità di omelie e preghiere a seconda che avessero o meno riferimenti alla “ materialità “ del vissuto quotidiano.

Personalmente sto poi prendendo sempre più coscienza di una serie di “ fratture “ ( qualcuna anche sottile ed invisibile , ma non per questo meno preoccupante ) tra celebrazione liturgica eucaristica e vita personale, vissuta e da vivere : fratture che personalmente mi pesano non poco e che mi auguro possano davvero ricomporsi e sanarsi proprio nella luce e con l’aiuto che viene dal “Cristo risorto “ , di cui si fa appunto “memoriale” particolarmente nella Celebrazione Eucaristica.

Alberto La Porta: rispondendo ad una interlocuzione di Giulio sulla importanza dei momenti di silenzio da rispettare e valorizzare durante la celebrazione della Messa si impegna a segnalare il quesito a Padre Rossi de Gasperis che è stato invitato come testimone per l’incontro previsto per il 15 febbraio.

Soana Tortora: Quando ancora ci vedevamo con Pio ci eravamo posti il problema di condividere questa nostra esperienza con le persone della Parrocchia vicina o delle nostre parrocchie.

Oggi da don Marco mi sembra di aver colto un bel segnale di attenzione alla nostra esperienza e di soddisfazione per averci ospiti della sua parrocchia. Cerchiamo dunque di capire come condividere , a partire dalla parrocchia che ci ospita , questa nostra esperienza per evitare la inevitabile chiusura cui può essere soggetto un gruppo un po’ sui generis come il nostro.

Anna Polverari: per me questa è la mia parrocchia, però in precedenza non l’ho mai vissuta come la sto vivendo ultimamente prendendo parte alle varie attività. Questa mia disponibilità vorrei venisse intesa come una testimonianza di quello che Dio mi chiede e non come mia bravura. È questo che mi dà garanzia: che posso essere specchio, testimone di Gesù. Il mio impegno è relativo, ma è importante il rapporto che ho con i ragazzi del doposcuola. Faccio errori anche in questa esperienza, ma è importante riconoscerlo. Per riprendere il discorso di Soana il rischio che noi qui in parrocchia possiamo essere visti come un gruppo sofisticato c’è. Ci vedono come persone che parlano troppo difficile. Questo aggancio di cui faceva cenno Soana e lo stesso don Marco è un po’ complicato, ed è per questo che non mi sono mai trovata bene qui. I gruppi in essere sono necessariamente un po’ chiusi.

Ma ora, essendo riuscita a metterci piede, non intendo più rinunciare alla parrocchia.

Liborio Oddo: Le parole di don Marco di poco fa mi hanno commosso : ci sono delle persone che hanno fame. Il legame fra la preghiera e il pane è importante.

È importante altresì che pian piano riusciamo a darci una mano rimanendo aperti alle persone di questa parrocchia che possono partecipare anche alle nostre iniziative.


Anna, a conclusione della giornata, legge dei pensieri di Suor Chiara Patrizia :


1.Pregare: sfiorare l’irraggiungibile, vedere la gloria di Jahvè che passa e non morire, lasciarsi accecare dai bagliori dell’Immenso nello spazio sempre troppo ristretto. Bere alla fonte dell’acqua viva. Entrare nel Fuoco che fa morire per donare la nuova vita.

2. Pregare: grido di battaglia. Lotta, invocazione, supplica, ricerca, anelito, desiderio, fame, sete, vuoto, silenzio, comunione, stupore, conoscenza. Estasi, beatitudine.


3. Pregare: vita nascosta che inebria di festa, quasi scroscio d’acqua sorgiva al fondo del cuore divenuto silente e capace di custodire l’Amore.


Prossimi incontri:

15 febbraio 9,30-13,00 - coordina Soana – testimone Padre Francesco Rossi de Gasperis

15 marzo 9,30-13,00 - coordina Giulio - testimone Fra Massimo Fusarelli ofm


NOTE

1 Presenti: Alberto La Porta, Laura Marini, Edmondo Cesarini (dell’associazione T. d. Ch.), Soana Tortora, Liborio Oddo, Massimo Panvini, Francesco Giordani, Roberto Giordani, Pino e Carmelina Macrini, Anna Polverari, Antonio Russodivito, Pino Baldassari, Giulio Cascino, Paolo Bonfanti, Tillo Nocera, Damiano Nocilla, don Marco Fibbi (Parroco di San Romano Martire)

2 Cfr. Appunto di Franco Passuello “Ancora in cammino come discepoli del Risorto” condiviso nelle riunioni del 16 settembre e 2 ottobre e distribuito a tutti gli invitati nel 1° incontro sulla Liturgia del 26 ottobre.

3 Pino Stancari S.I., La Nostra Partecipazione alla Messa, Edizioni ADP – Roma, dicembre 2001

4 ORA TERZA:

V. O Dio vieni a Salvarmi/R. Signore vieni presto in mio aiuto/ Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. Come era nel principio, ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen. Alleluia.

INNO: L’ora terza risuona / nel servizio di lode: con cuore puro e ardente/ preghiamo Dio glorioso. / Venga su noi, Signore, / il dono dello Spirito,/ che in quest’ora discese/ sulla Chiesa nascente./ Si rinnovi il prodigio/ di quella Pentecoste,/che rivelò alle genti/ la luce del tuo regno./ Sia lode al Padre e al Figlio/ e allo Spirito Santo,/ al Dio trino e unico, / nei secoli sia gloria. Amen.

Antifona: I profeti l’avevano annunziato:/ il Salvatore nascerà dalla Vergine Maria.

Lettura breve Is 4,2: In quel giorno, il germoglio del Signore crescerà in onore e gloria e il frutto della terra sarà a magnificenza e ornamento per gli scampati di Israele.

V. Le nazioni temeranno il tuo nome, Signore/ R. La tua gloria, a tutti i re della terra.


5 Gv 6, 51-58 : “ Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” Allora i giudei si misero a discutere tra di loro : “Come può costui darci la sua carne da mangiare?” Gesù disse: “ In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue , non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno perché la mia carne è vero cibo e i mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno.”

6 Gv 13, 1-20: “Prima della sesta di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine. Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita, Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto. Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: “Signore, tu lavi i piedi a me?” Rispose Gesù: “Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo”. Gli disse Pietro: “ Tu non mi laverai i piedi in eterno! Gli rispose Gesù: “ Se non ti laverò , non avrai parte con me” Gli disse Simon Pietro: Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!”. Soggiunse Gesù: “Chi ha fatto il bagno , non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti”. Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: “Non tutti siete puri”.

Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: “Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi. In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose , siete beati se le mettete in pratica. Non parlo di tutti voi;io conosco quelli che ho scelto, ma deve compiersi la Scrittura: Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo calcagno. Ve lo dico fin d’ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io Sono. In verità, in verità io vi dico: chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato”:

7 Evangelii Gaudium- Esortazione apostolica ai vescovi, ai presbiteri e ai diaconi, alle persone consacrate e ai fedeli laici sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale- Libreria editrice Vaticana, Città del vaticano, 2013

8 Pio Parisi, L’Apocalisse nel deserto- Gesù Risorto e la Storia- ( scritto da Pio nel 1991 in occasione della guerra del Golfo)- Stampato a giugno 2013 in occasione del secondo anniversario della morte di Pio.

9 Ora Sesta: O Dio vieni a salvarmi/ Signore vieni presto in mio aiuto/ Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo/ Come era nel principio, ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen. Alleluia.

Inno: L’ora sesta c’invita/al servizio divino:/inneggiamo al Signore/ con fervore di spirito./ In quest’ora sul Golgota,/vero agnello pasquale,/Cristo paga il riscatto/ per la nostra salvezza./ Dinanzi alla sua gloria/ anche il sole si oscura:/risplenda la sua grazia/ nell’intimo dei cuori./Sia lode al Padre e al Figlio,/ e allo Spirito Santo,/al Dio trino ed unico/ nei secoli sia gloria. Amen./

Antifona : L’angelo Gabriele disse a Maria/ Ave, piena di grazia, il Signore è con te; /tu sei benedetta fra le donne.

Salmo 118, 81-88: Mi consumo nell’attesa della tua salvezza, /spero nella tua parola./ Si consumano i miei occhi dietro la tua promessa,/ mentre dico: “Quando mi darai conforto?”. /Io sono come un otre esposti al fumo,/ ma non dimentico i tuoi insegnamenti./ Quanti saranno i giorni del tuo servo?/ Quando farai giustizia dei miei persecutori?/Mi hanno scavato fosse gli insolenti/che seguono la tua legge./ Verità sono tutti i tuoi comandi; / a torto mi perseguitano : vieni in mio aiuto. / Per poco non mi hanno bandito dalla terra, ma io non ho abbandonato i tuoi precetti./ Secondo il tuo amore fammi vivere/ e osserverò le parole della tua bocca./

Gloria al Padre e al Figlio / e allo Spirito Santo. / Come era nel principio , e ora e sempre,/ nei secoli dei secoli. Amen.

Padre nostro

Benedizione finale

Discernimento


Incontri 2013-2014 - Ancora in cammino come discepoli del Risorto. Un possibile percorso per con-celebrare una Messa sul mondo


  • 26 ottobre 2013
    La Messa sul mondo. La liturgia
  • 23 novembre 2013
    La Messa sul mondo. I sacramenti
  • 14 dicembre 2013
    Incontro 3
    La Messa sul mondo. L'Eucarestia
  • 14 gennaio 2014
    Riti di introduzione. Liturgia della parola
  • 15 febbraio 2014
    Riti di liturgia eucaristica
  • 15 marzo 2014
    Riti di comunione e di conclusione

Contributi di Clara Gennaro sulla Messa sul mondo