Incontri di discernimento e solidarietà
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Sulle tracce di Pio Appunti sulla Messa sul mondo

di Clara Gennaro

Banchette D’Ivrea 1 marzo 2014



Scrivo queste note per gli amici di Maurizio e di Pio che mi hanno chiesto un commento spirituale alla messa per la parte della messa che inizia con i cosiddetti riti di comunione



Breve introduzione

Questa parte della messa si celebra in due tempi: quello della frazione del pane e quello della comunione vera e propria. All’origine questa parte era molto semplice e sobria poi nel corso dei secoli è divenuta più complessa. Mi soffermo perciò solo sui momenti più importanti: il Padre Nostro; il segno della pace; la frazione del pane e la comunione.



PADRE NOSTRO

Il rito di comunione inizia con la recita del Pater e ciò è profondamente significativo. Se ci accingiamo infatti a nutrirci del pane eucaristico, se ci incontriamo in profondità con il Cristo, se ci nutriamo di Lui e vogliamo essere una cosa sola con Lui, non possiamo farlo, se non nel nome del Padre, nel suo spirito vivificatore.

Padre nostro Ci rivolgiamo a Dio non come a un Dio lontano, ma ci rivolgiamo a Dio come a un padre, a un Dio, non solo vicino a noi, ma a un padre da cui proveniamo, a cui guardiamo con fiducia, che non ci abbandona . Un Padre infatti ha cura dei suoi figli, nutre tenerezza verso di loro e i figli lo amano. Dal Padre viene tutto ciò che è buono per i figli.

Ma Gesù ci insegna a dire Padre nostro , non solo padre mio, quindi nelle parole che rivolgiamo al Padre, noi non preghiamo come persone chiuse nel nostro mondo, ma la nostra voce si fa voce di tutti gli uomini. La mia voce che si alza, che Ti cerca è voce di tutte le creature di queste mondo. Non sono più io che vivo, non sono io che prego, ma con me prega tutto l’universo , tutti coloro che da Te hanno vita. La preghiera del padre nostro è la preghiera della consapevolezza della comunione con tutti gli uomini, con tutti coloro che respirano sotto il nostro cielo. Se preghiamo con il Pater noi sentiamo che noi siamo custodi dei nostri fratelli, la nostra vita non si chiude su noi e su coloro che con noi vivono o che portiamo nei nostri affetti ma la nostra vita si fa larga, non ha confini, abbraccia tutti e ogni cosa.

Padre nostro che sei nei cieli, che sei al di sopra di noi, ma che sei intimo a noi più di quanto noi siamo intimi a noi stessi. Sei al di sopra di noi, ma tutto intorno a noi vive del tuo respiro. Anche se avessi le ali dell’aurora e mi poso sui mari, anche là ti ritrovo , come dice un salmo. In tutto ciò che io vedo, là dove gli occhi del cuore e della mente sono aperti, là è il cielo dove tu abiti.

Sia santificato il tuo nome come in cielo così in terra. Il tuo nome, la tua presenza sia fonte di vita e di bontà come in cielo così anche in terra, perché tutto vive in Te e in Te benediciamo il cielo e la terra.

Dacci oggi il nostro pane quotidiano, dacci il pane del cammino, il pane che ci nutre per il giorno che ci hai dato, perché le forze non vengano meno, perché non siamo sopraffatti dalla fatica. Questo pane è il pane che spezziamo alla tavola dove ci sediamo per nutrire il nostro corpo , per unirci ai nostri cari presenti e anche a quelli assenti ma presenti nei nostri affetti, ma è anche il pane che sei Tu, che ci sostieni, che ti fai tutto per noi e con noi. Questo pane non può essere pane solo nostro. È Dio nostro padre che provvede al nostro pane quotidiano, ma è Lui che a noi affida il compito che tutti gli uomini possano spezzare il loro pane, altrimenti questo pane che noi spezziamo non è quello che viene dall’alto, ma è un pane che non ci nutre, che non prendiamo illuminati dallo sguardo del Padre nostro che è nei cieli.

Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra. Venga il tuo Regno. Cielo e terra in Te sono una cosa sola. Noi aspettiamo cieli nuovi e terra nuovi, dove tutto sarà pieno di Te, dove tutti vedranno come tutto sarà bene e ogni sorta di cose sarà bene, come dice Giuliana di Norwich,1 che in Cristo vedeva oltre e in profondità. Nel giorno che ci hai dato oggi noi vogliano creare zolle di vita nuova, dove qualcosa del tuo spirito, del tuo amore traspaia.

Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori. Nel cammino verso di Te, quando avvertiamo viva la tua presenza, noi con Pietro ti diciamo: allontanati da me perché sono un peccatore. I nostri limiti, le nostre manchevolezze, le nostre povertà ci pesano, sentiamo come siamo così lontani dall’essere una cosa sola con Te, ma Tu che sei nostro padre e che sai che ti vogliamo bene, aiutaci Tu a liberarci da questo peso, perché noi possiamo camminare dietro a Te con nuovo slancio, con leggerezza.

Il tuo sguardo d’amore e di misericordia ci renda capaci di liberarci dalla tristezza, dalla pesantezza che portiamo in noi per le mancanze d’amore e di attenzione nei nostri confronti dei nostri fratelli. Anche in loro è presente il limite che ci fa sentire tardi nel seguirti; il nostro perdono, portato nel cuore o comunicato, li sostenga nel loro cammino umano e in quello verso di Te. Se il Padre corre verso di noi e ci abbraccia malgrado la nostra grevità, la nostra pesantezza, la nostra fragilità, come non alleggerirci di tutto ciò che ci trattiene, dall’incapacità di comprendere come quelli che non hanno avuto cura e amore per noi, che ci hanno offeso, ferito sono poveri come noi, che vogliono fare il bene e fanno il male ? Trascinaci Tu, Padre, verso l’alto.

Non ci lasciare soli nella tentazione, quando sentiamo prepotenti in noi le spinte ad obbedire a tutto ciò che ci allontana da Te, quando il conformismo ci spinge a vivere pigramente dimentichi di Te, quando rischiamo di perdere il senso profondo della nostra vita, l’orientamento del nostro cammino, se Tu ci sei accanto anche se cadiamo , ti ritroviamo e riprendiamo il cammino verso di Te.

Liberaci dal male, dalla carne, da tutto ciò che ci spinge in basso, dalla nostra istintività, dalla parte oscura che vive in noi. Ma sii anche il respiro profondo del mondo, che aiuti tutti noi lottare perché il male, l’ingiustizia, la ferocia non prevalgano, perché la terra sia terra d’umanità, dove tutti si sentano responsabili del bene dell’altro



Segue il cosiddetto embolismo, cioè uno sviluppo del testo del Padre nostro, aggiunta che sembra risalire al settimo secolo

Liberaci, o Signore, da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni; e con l'aiuto della tua misericordia, vivremo sempre liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento, nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro Salvatore Gesù Cristo. Tuo é il regno, tua la potenza e la gloria nei secoli. Dice la liturgia

È una preghiera semplice ma molto bella che nasce dall’interiorizzazione del Padre nostro, che è stata elaborata dai credenti nei primi secoli. Il cristiano chiede al Signore di donargli una vita libera dal peccato, dal male ed anche da ogni turbamento, perché possa dunque vivere i suoi giorni nella serenità, affrontando tutte le difficoltà con cuore pacificato. E’ una preghiera molto umana, perché tutto possiamo chiedere al Padre delle misericordie. Anche Gesù, d’altronde nell’orto del Getsemani ha chiesto al Padre di allontanare il calice della sofferenza, affidandosi poi alla volontà di Dio.

La vita del credente non è però chiusa in se stessa, ma è una vita segnata e vissuta nell’attesa della beata speranza del compiersi del Regno, di un mondo di comunione in Cristo di tutti gli uomini tra loro e in cui giustizia pace e amore trovino la loro pienezza in Dio, anelito al quale tutti gli uomini intimamente aspirano. Il mondo a cui il cristiano aspira è un mondo in cui non domina il potere che è solo di Dio. Deponga l’uomo – suggerisce il testo di questa preghiera -ogni ricerca di potere, che è apportatore di prevaricazione e di morte perché il potere e la gloria sono solo di Dio, che è pace, amore che vince ogni male, che vince la morte in tutte le sue espressioni. Questa ultima parte della preghiera è la più antica ed è stata aggiunta dai cristiani come conclusione del Padre nostro già nel 3° secolo. e questa parte è presente in tutte le chiese cristiane, non solo in quella cattolica.

Il segno della pace

Il gesto della pace scomparve per lunghi secoli nella liturgia della Messa. E' stato felicemente reintrodotto dalla Riforma Liturgica del Vaticano II.

Dopo la memoria del dono della sua vita da parte del Cristo e nell’accingersi alla comunione con Lui e alla comunione in Lui tra noi, chiediamo al Signore il dono della pace.

Questa richiesta al Signore è fatta con grande umiltà. Come possiamo chiedere la pace se siamo consapevoli della nostra fragilità, della nostra povertà ? Ma tu – diciamo al Signore -guarda non alla nostra fede così fragile, ma a quella della tua Chiesa, di tutti i santi che vivono in te ora qui sulla terra e nella Gerusalemme celeste; guarda a tutti i poveri che hanno sperato in Te, guarda a chi soffre e anela a Te, bene, speranza, amore di ogni creatura sotto il cielo. Dacci la tua pace, pace che ci spinge al di là di noi, pace in cui tutta la sofferenza, la ricerca di giustizia e di bene è tua e in Te nostra.

Questa pace anelata, amata il Signore nella sua bontà ce la dona e noi ce la doniamo, ce la scambiamo, perché nel Signore, nell’aspirazione al bene, all’amore, noi siamo e vogliamo essere una cosa sola

Quello della pace è un gesto anzitutto di accoglienza della pace che viene dal Risorto e quindi è un gesto di conversione.

È anche annuncio di una pace già donataci attraverso il Cristo, ma ancora da realizzarsi nella sua pienezza nel Regno. Quindi il segno della pace è anche un gesto profetico che annuncia la pace che regnerà in tutto l'universo.

Nel segno della pace noi invochiamo con cuore tremante la pace sul mondo, su tutti coloro che patiscono nelle guerre, su tutti coloro cui viene negato il pane. Questa pace noi la invochiamo perché il cuore dei potenti si converta e su tutti noi perché non ci rassegniamo alle guerre, all’ingiustizia, alla sopraffazione degli uomini sugli uomini. La invochiamo su tutti coloro che patiscono silenziosamente per le sofferenze dai tanti nomi del corpo e dello spirito.

Questo richiesta e questo scambio della pace non è un gesto superficiale, ma è un annuncio che ci facciamo gli uni gli altri della pace che Gesù ci ha donato; è un augurio che questa pace sia avvertita in profondità da colui al quale l'annunciamo ed è anche espressione della pace che desideriamo per quella persona alla quale la comunichiamo.

Va osservato che molti danno la mano ma non guardano neppure coloro ai quali vogliono comunicare la pace: può essere che questo dipenda dalla timidezza, ma bisognerebbe sforzarsi di comprendere il valore del gesto e tentare di comunicare anche con il viso e con il cuore quello che si sta facendo.

La Frazione del pane

Quando non si usavano le ostie, ma si spezzava il pane, questo gesto occupava un certo tempo, ora che il sacerdote generalmente spezza solo un'ostia più grande, il gesto non è comprensibile facilmente dall'assemblea. Proprio ripensando all'eucarestia e al modo in cui la celebriamo nella nostra comunità di Banchette abbiamo pensato di mettere in evidenza questo momento liturgico che è centrale e molto significativo. Nello spezzare in più parti l'ostia più grande, infatti, il prete dice adesso queste parole: "Questo pane spezzato è segno della vita di Cristo donata e spezzata per noi, come cibo di vita eterna".

La frazione del pane è una parte essenziale della messa, è il cuore stesso dell'Eucarestia, tanto che la Messa fu anche chiamata 'frazione del pane'. Questo è posto in evidenza dal racconto dei discepoli di Emmaus, là dove si dice che essi lo riconobbero nello spezzare del pane (Luca, cap. 24 versetto 35).

Questo è un gesto che è stato per lungo tempo del padre di famiglia che spezzava e divideva il pane che era frutto del suo sudore, della sua fatica; distribuirlo ai figli rappresentava come una comunione di se stesso, del frutto della sua vita che egli dava loro per farli crescere, per farli vivere.

Il Pane eucaristico spezzato perché ce ne nutriamo è dunque segno della vita di Cristo spezzata per noi. Se Cristo ha dato la sua vita, l'ha spezzata per noi, ciò comporta che anche noi che riceviamo questo pane spezzato, dobbiamo spezzare, dare, la nostra vita per i fratelli e per tutti gli uomini come ha fatto il nostro Signore e Maestro.

La comunione

Il momento della consacrazione del canone in cui facciamo memoria dell’ultima cena e quello della comunione sono due momenti che ci appaiono diversi, ma in realtà fanno parte di un tutt’uno.

Nel canone abbiamo ascoltato e accolto in noi -ascolto che è partecipazione, memoria che rende presente ciò che è avvenuto non nel passato, ma nel presente di Dio e nel presente della nostra storia – la vita del Cristo donata e spezzata per noi. Questa vita diventa nell’eucarestia nostro alimento, ciò che dà respiro, ciò che ci apre alla vita del Cristo e di Dio. Nella comunione tutto ci viene offerto, tutto è dono moltiplicato, apertura ad una vita alta e benedetta. Siamo in cammino verso una vita in pienezza in cui saremo tutti in Dio e Dio sarà in tutti e in ogni cosa.

Chi si accosta all’eucarestia si avvia in processione verso l’altare, verso la mensa del Signore. La processione che facciamo per ricevere il corpo di Cristo è una confessione della nostra comune povertà e della necessità per la nostra vita di ricevere il nutrimento che Cristo ci dona nutrendoci con la sua stessa vita. Dice un bel testo cristiano peregrinamur in Dominum. Andiamo cioè come pellegrini in cammino per incontrare il Signore. Il pellegrino è povero, non ha nulla se non il pane del cammino, è l’Elia affaticato che ha coscienza delle sue povertà, dei suoi limiti – non sono migliore dei miei padri dice Elia- che riceve il pane dell’angelo che gli dà la forza di riprendere la via.

Nell’avviarci a ricevere il corpo di Cristo non siamo soli, ci sono compagni quelli con i quali condividiamo l’eucarestia, coloro che portiamo nel cuore, negli affetti ma sentiamo anche presente nell’anelito ad una vita buona, piena, divina tutta l’umanità. Chi vive in parrocchia poi conosce e sa la pena di tanti che gli sono vicini : la malattia che lo sfibra, il dolore per la separazione dei figli di cui conosce l’infelicità, la debolezza e il timore per le forze che vengono meno, la solitudine e il sentirsi persi nel mondo. Sono lì con noi, che con la mano tesa aspettiamo tutti il pane della vita dal Signore.

Quanto l’eucarestia sia essenziale per le nostre vite lo esprime con grande forza l’evangelista Giovanni al capitolo sesto in cui riporta le parole di Gesù: “come il Padre che ha la vita ha mandato me e io vivo per il Padre, così chi mangia di me vivrà per me”. Quando Gesù dice chi mangia di Lui vivrà per Lui vuol dire che comunicherà alla vita sua, vivrà della sua vita.

Gesù spezza per noi la sua vita e ce la dona perché ce ne alimentiamo, perché anche noi diventiamo partecipi della sua vita divina. Grazie alla comunione noi entriamo infatti in intima comunione con il Cristo che ci comunica la vita in pienezza, quella vita cioè che chiede solo di crescere e di svilupparsi perché noi diventiamo una cosa sola con il Signore.

Tutta la storia si concentra e si consuma nell’eucarestia. Tutte le pene della storia, quella presente, quella passata e quella futura, trovano riscatto, accoglienza in Dio e resurrezione, nell’ascensione verso la gioia, la vita in pienezza che non ci sarà tolta, ma donata con una misura al di là di ogni nostra speranza.

La comunione con il Cristo ci apre ad una dimensione nuova della vita che abbraccia tutti gli uomini e tutto il creato, che ci rende uomini e donne di comunione, non chiusi negli stretti orizzonti delle nostre esistenze. Nella comunione noi moriamo alla nostra piccola chiusa vita, all’oscuro che abita in noi per risorgere con Cristo a una vita che si apra sul mondo tutto; nella comunione portiamo in noi il seme della resurrezione per tutte le pene di ogni sofferente sotto il sole. E’ un portare con sé nell’ascensione al monte della Trasfigurazione e della consolazione le pene, le speranze, il travaglio del mondo , sapendo , sperando che Egli, il Padre asciugherà ogni lacrima nei nostri occhi.

È nell’eucarestia poi che si crea la comunità: il comunicare infatti allo stesso Pane ci unisce in profondità perché come dice Paolo: c’è un solo pane per noi tutti, che pur essendo molti siamo un corpo unico: tutti infatti partecipiamo al pane unico (1 Cor,10,17).

Quello dell’eucarestia è un dono che ci viene fatto non perché lo rinserriamo e lo chiudiamo nella nostra vita, ma perché a nostra volta lo doniamo. La vita che Dio in Cristo ci dona perché viva, cresca, fiorisca, deve farsi dunque dono per gli altri. La vita che si apre a Dio non può infatti che essere vita spezzata per amore e donata. L’eucarestia è per chi la riceve è infatti impegno, tensione, attenzione ai bisogni, alle esigenze alle necessità degli altri e ci vengono in cuore le parole che il Signore ci suggerisce donandoci il pane di vita: Oh, mie creature siate l’una il pane dell’altra

(da Marie Noel, diario2)

1 Giuliana di Norwich è una mistica medievale vissuta nel Quattordicesimo secolo. Ha scritto in inglese un Libro della rivelazione dell’amore di Dio, che ha delle pagine splendide.

2 Marie Noel è una poetessa e scrittrice francese del novecento, autrice di un Diario molto bello, che è stato tradotto in italiano da Adriana Zarri, ma purtroppo non è oggi reperibile

Discernimento


Incontri 2013-2014 - Ancora in cammino come discepoli del Risorto. Un possibile percorso per con-celebrare una Messa sul mondo


  • 26 ottobre 2013
    La Messa sul mondo. La liturgia
  • 23 novembre 2013
    La Messa sul mondo. I sacramenti
  • 14 dicembre 2013
    La Messa sul mondo. L'Eucarestia
  • 14 gennaio 2014
    Riti di introduzione. Liturgia della parola
  • 15 febbraio 2014
    Riti di liturgia eucaristica
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Contributi di Clara Gennaro sulla Messa sul mondo


  • 01 marzo 2014
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