Incontri di discernimento e solidarietà
 
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LECTIO DIVINA - Padre Pino Stancari

novembre 2000

Il Libro di Giobbe

Per la conversione

E' una lettura che alle volte disturba e sorprende; la parola di Dio sempre ci interpella in modo da aprirci prospettive, da illuminare strade da cui dipende la conversione della nostra vita, la nostra vera consolazione, ciò per cui val la pena di vivere.

Il libro di Giobbe è particolarmente efficace per la conversione: ci coinvolge in una esperienza alla quale non riusciamo a resistere e da cui siamo come travolti. Troviamo in essa motivi quanto mai determinati per confermare la qualità del dono ricevuto da Dio che ci ha creati e continua ad aprire la strada adatta per il nostro ritorno a lui.

Accostiamoci senz'altro al libro di Giobbe tenendo conto di una premessa necessaria quando si affronta un libro sapienziale. Il libro di Giobbe è un libro sapienziale. La premessa riguarda il significato del termine "sapienza" nella Bibbia e il senso di tutta una dimensione della rivelazione biblica che si chiama appunto sapienza: un linguaggio, delle esperienze, delle situazioni, dei motivi, delle vicende nella storia della salvezza che appartengono alla categoria sapienziale. C'è tutta una tradizione e una letteratura.

La sapienza
Quando si dice sapienza cosa si intende? E' presuntuoso pretendere di dare una definizione di un termine il cui significato si sviluppa nel tempo; bisognerebbe ordinare varie definizioni. Mi limito ad una indicazione ora, con voi. Sapienza è, per l'antico popolo di Israele, una qualità della vita umana per cui gli uomini sono in grado di destreggiarsi in mezzo alle cose del mondo, di prendere contatto con le vicende in cui sono coinvolti, in maniera da realizzare positivamente la propria vita, che si realizza in modo benefico, consolante, gratificante.

Sapienza è qualità molto pratica, artigianale: capacità di stare nel mondo, in mezzo alle persone, di gestire il vissuto con le situazioni imprevedibili e spesso drammatiche. Capacità di vivere bene in mezzo ai problemi personali, sociali, in un mondo sfuggente. Anche gli aspetti tecnologici fanno parte della sapienza, in un contesto in cui gli strumenti sono ancora artigianali e non evoluti come per noi. Ma le situazioni considerate dall'interno si ripropongono. La sapienza è la capacità di vivere bene.

Il principio della sapienza

Tutto dipende da una constatazione: la sapienza è radicata nel timore di Dio. Troviamo frequentemente nella letteratura sapienziale: "il timore del Signore è il principio della sapienza". La sapienza è fondata su quell'atteggiamento profondo del cuore umano che si chiama timore del Signore, che non è, nella Bibbia, lo sgomento, lo spavento, il terrore, ma quello che noi chiameremmo il sentimento del mistero, l'apertura del cuore umano in rapporto al mistero di Dio che è irriducibile alle nostre misure. Il timore del Signore è il mistero che ci contiene, nel quale siamo chiamati a vivere; è l'insieme delle relazioni con l'ambiente che ci circonda, la storia, gli altri e lo stesso rapporto con noi stessi, con quella realtà strampalata che sono io; tutte le relazioni che strutturano la nostra vita umana sono inserite nel mistero della presenza del Dio vivente. Siamo immersi in questo mistero. Il timore del Signore, disposizione a dialogare con il mistero, è la premessa della sapienza che è quindi determinata dall'apertura del cuore al timore del Signore, alla capacità di dialogare con il mistero, Dio, che ci viene incontro attraverso tutte le realtà di questo mondo, che dobbiamo affrontare sempre impreparati.

Così la nostra vita umana piano piano si struttura dialogando con il mistero e impariamo a vivere. Il mistero di Dio ci viene incontro in tutte le situazioni misteriose in noi e negli altri, nelle cose, negli eventi.

Il sapiente religioso e morale e il principio fondamentale.

Il sapiente, nella Bibbia, è intrinsecamente un uomo religioso anche se non ancora legato ad un'osservanza particolare, ha apertura del cuore al mistero che non gli appare spaventoso, ma familiare e che viene incontro attraverso tutte le realtà nel tempo e nello spazio.

Il sapiente immediatamente viene proiettato nel discernimento etico e morale della vita perché il bene è dove la vita umana si realizza, il male dove va in frantumi ed è sciupata. Si viene così determinando una specie di principio fondamentale: un uomo buono trova riscontri favorevoli nella sua vita, porta frutto e crescenti benedizioni. Viceversa un uomo che si ribella al mistero di Dio è un uomo cattivo, vive male e la sua vita andrà precipitando in un baratro di contraddizioni: la sua vita diventa un inferno.

Il principio va in crisi.

C'è un momento nello svolgimento della ricerca sapienziale (generazioni e secoli che passano) in cui il principio va in crisi. Esso non è più vero. I conti non tornano più.

La tradizione sapienziale non è un fatto di specialisti, ma dei poveri uomini di questo mondo che vogliono vivere bene.

In primo luogo l'ambiente della sapienza è la famiglia, dagli anziani ai giovani. Da un certo punto in poi appare una realtà meglio qualificata, una scuola: il Re Salomone è il grande partono della tradizione sapienziale ed egli, a sua volta, riceve un'eredità che poi trasmette e diffonde, la sapienza salomonica. Le scuole sapienziali sono a servizio dell'uomo comune di questo mondo.

Nell'ultimo periodo prima dell'esilio, VI° secolo avanti Cristo, c'è una crisi nella scuola dei sapienti: non è vero che un uomo buono va incontro a una vita favorevole e uno cattivo a una vita disgraziata. Non si tratta di stabilire nuove regole, ma bisogna confrontarsi con le situazioni e constatare che il principio non vale universalmente. E se non vale una volta non è più un principio. La crisi avviene pochi decenni prima della grande tragedia dell'esilio. ci saranno sviluppi ulteriori. Ora dobbiamo leggere il libro di Giobbe.

Leggiamo il libro di Giobbe. La crisi è affrontata

Il libro di Giobbe è la testimonianza della crisi. E' un libro monumentale, uno dei grandi libri sapienziali di tutta la Bibbia.

La crisi viene affrontata con grande lucidità, con intraprendenza, provocatoriamente. Come dicevo preferiremmo talvolta non toccare queste pagine che scottano e infastidiscono. Come mai nella Bibbia un libro che ha più domande che risposte ci mette in crisi? E' appunto il libro della crisi. Ci dice quale è il problema per cui occorre ridiscutere tutto da capo, è un'indicazione quanto mai impegnativa in una prospettiva di conversione.

Ora dobbiamo leggere il libro di Giobbe facendo qualche piccolo passo.

Contatto diretto con il testo.

Impratichitevi nella lettura del testo, senza spaventarvi, il contatto diretto con la parola di Dio è necessario, ha un valore primario e insostituibile. Io posso dirvi delle cose, ma ciò che rimane determinante perché la parola di Dio riempia e converta la nostra vita è il contatto personale e comunitario, comunque diretto con il testo.

Un racconto in prosa.

Il libro di Giobbe si apre con un racconto in prosa nei primi due capitoli espressione di una ricerca nell'ambito delle scuole sapienziali, antecedenti a momenti più drammatici, quelli che esprimono la crisi ormai scoppiata in modo travolgente, che leggeremo nei capitoli successivi. Il libro di Giobbe si conclude con la ripresa del racconto in prosa. Dal c. 3 in poi prosegue in versi ed è la poesia più alta di tutto l'Antico Testamento, anche dal punto di vista letterario; è uno dei capolavori della letteratura universale.

Racconto didattico, per una scuola. Sei quadri con alternanza fra due ambienti: la terra e il cielo.

1° quadro (vv. 1-5): "c'era …" poco importa sapere dove era la terra di Us, potrebbe essere anche Pietralata. E' una situazione esemplare in cui possiamo ritrovarci. Un uomo chiamato Giobbe integro e retto che temeva Dio ed era alieno dal male; chi teme Dio è sapiente.

(legge il testo)

Giobbe non è un illuso, sa che le situazioni possono inquinarsi, accompagna quindi la vita dei figli con la testimonianza della sua limpida devozione religiosa.

2° quadro (vv. 6-12): dalla terra al cielo. La corte celeste si raduna. Satana qui è una figura ancora imprecisata (noi intendiamo l'angelo ribelle), qui "il satana" in ebraico "l'accusatore", è quello che noi chiameremmo il pubblico ministero, colui che deve dimostrare contro la tesi sostenuta dal presidente che qui è il Signore: Giobbe è buono, sapiente. Si tratta della vocazione umana e Dio vuole dimostrare che essa si realizza.

(legge il testo)

Dio dice: vedi come la mia intenzione di dialogo particolare con l'umanità si realizza in Giobbe?

Satana: credi che Giobbe tema Dio per nulla.

Ecco il motivo della contestazione: Giobbe è interessato a sé e non alla sua vocazione. Il rapporto di amore che Dio voleva realizzare è in realtà un gioco d'interessi. Giobbe di Dio non sa che farsene, tra lui e Giobbe la relazione non è gratuita. Questa è la contestazione, è il tema di fondo che percorre tutto il libro di Giobbe: il mistero della relazione fra Dio e noi che sorpassa tutti i calcoli e gli interessi.

3° quadro (vv. 13-22): di nuovo sulla terra.

(legge il testo)

4° quadro (vv. 2, 1-6): si ritorna in cielo.

(legge il testo)

Un limite posto da Dio a satana: risparmiare la vita di Giobbe.

5° quadro (2, 7-10): di nuovo sulla terra.

Il malessere di Giobbe non è solo fisico, riguarda tutte le relazioni sociali a causa delle malattie della pelle. Sono attaccati i contenuti interiori della sua figura, della sua persona.

La moglie lo esorta a maledire Dio, anche lei è diventata feroce, ostile nella incomprensione.

Giobbe rimane al suo posto nell'atteggiamento del cuore, anche se la sua stessa posizione personale è tragicamente squalificata.

Giobbe rimane in un profondissimo silenzio che in realtà acquista una straordinaria eloquenza.

6° quadro (2, 11-13): di nuovo sulla terra invece che in cielo (rinviato) Giobbe in situazione catastrofica sperimenta il fallimento: il principio di tutta la tradizione sapienziale è clamorosamente smentito. Un uomo buono, giusto, sapiente è straziato, il dolore è nella carne e nell'anima, nei suoi pensieri e nei suoi sentimenti, in una devastazione interiore. Giobbe affronta lo scandalo del principio smentito.

La gratuità della relazione con Dio.

Tutto il libro di Giobbe è pervaso dal dolore e per questo lo evitiamo, ma ci riporta al tema di fondo: la gratuità della relazione con Dio. La vita umana nel rapporto con Dio è esperienza di un imprevisto paradossale, per cui la relazione con Dio non si sviluppa secondo il criterio sapienziale: il principio della retribuzione dimostra di non valere per capire quel che succede; ci illudevamo. Giobbe rimane al suo posto, la relazione con Dio è il contenuto della sua vita anche se il principio della retribuzione non è valido.

Gli amici.

Si presentano tre amici.
(legge il testo)
Sono determinati dalla convinzione degli uomini di scuola. Apparentemente vogliono confortare l'amico ma son convinti che Giobbe è colpevole e non capiscono il suo dolore.

Non lo riconoscono perché è un rudere, ma anche perché c'è un impedimento dentro di loro: sono condizionati dal principio di scuola, non comprendono. Schiamazzano, gridano … in realtà sono muti, non hanno nulla da dire. Crisi: i maestri non hanno più nulla da dire.

Affacciamoci al c. 3

Giobbe prende la parola. E' una pagina unica in tutta la Bibbia, è un lamento purissimo di chi non ce la fa più a spiegarsi il motivo della sua sofferenza. Giobbe è e rimane credente ma non comprende come sia impostata la relazione fra Dio e gli uomini, dato che i riferimenti sapienziali non lo aiutano affatto.

E' il dolore che Giobbe versa alla presenza del Dio vivente in atteggiamento di totale affidamento, abbandono, gratuità.

(legge il testo)

vv. 3-10. Ia strofa

Ora il mio nemico è la vita.

(Ci sono alcuni problemi di traduzione di un testo molto macinato)

Sono morto quando sono stato concepito.

vv. 11-19 2a strofa

Invoca la morte, è il linguaggio di chi è immerso nel dolore, linguaggio che ha posto nella Sacra Scrittura.

Nella morte si pareggia e non si soffrono più dislivelli e ingiustizie.

vv. 20-26 3a strofa

Perché dare la luce ad un infelice.

Giobbe parla di tutto con Dio, non ha problemi di fede. Il circuito vitale è solo per esasperare il dolore.

Giobbe con il suo silenzio dà voce al dolore umano, a tutte le tragedie che affliggono l'umanità. Restiamo in ascolto del silenzio lamentoso di Giobbe. E' una ricerca che subito mette in gioco i contenuti più semplici e profondi della nostra vita.


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