Incontri di discernimento e solidarietà
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02 aprile 2019

Primo e Secondo Libro di Samuele - quinta parte

La pena inconsolabile di Davide

Quinto incontro del ciclo 2018-2019


Secondo Libro di Samuele, cap. 16, v. 14. Siamo nel pieno di una grande avventura di una vicenda che si sviluppa nell'arco di buona parte della vita di Davide re; la regalità di Davide. Coinvolge in pienezza la sua vicenda umana. Davide è un peccatore. La stabilità del regno dipende dalla presenza di un erede come garanzia per offrire ai sudditi la solidità del futuro; è nella continuità della dinastia che si afferma la positività dell'istituzione regale, che svolge una funzione benefica per la vita di un'intera comunità. Davide ha molti figli, ma ancora l'erede non è stato designato. Leggevamo, nel cap. 7, quella pagina nella quale il Signore è intervenuto in maniera esplicita attraverso la missione affidata al profeta Natan per annunciare a Davide che Lui, il Signore, renderà stabile la sua discendenza. Il Signore darà a Davide un figlio. Davide vorrebbe costruire, secondo il suo progetto, una casa, un tempio al Signore; invece il Signore gli manda a dire che non è Davide che può confidare con fierezza sulla stabilità della casa che si è costruito da solo, ma che è Lui stesso, il Signore, che renderà stabile la discendenza di Davide dandogli un figlio; la promessa messianica. Questa pagina regge lo svolgimento delle vicende successive quando il racconto in maniera diretta, senza tergiversazioni, senza ricerche di giustificazioni più o meno artificiose o più o meno sincere, mette in evidenza la realtà di Davide peccatore proprio perché è compromesso e degradato dall'interno il suo ruolo di sovrano: la sua regalità è inquinata. Stiamo registrando, dal cap. 13 in poi, che nella casa di Davide ne succedono di tutti i colori. E Davide diventa spettatore di come, per l'appunto, la sua paternità è segnata da una sequenza di fallimenti dolorosi che compromettono la sua posizione di sovrano. C'è un'intrinseca connessione - che ormai abbiamo messo a fuoco senza possibilità di dubbio - tra la regalità per la quale Davide è collocato in una posizione di governo, che nessuno gli contesta, e la sua paternità. E laddove Davide è alle prese con i segnali inconfondibili del suo fallimento nell'esercizio della paternità, sta registrando ancora una fragilità, una precarietà, un'insufficienza, un degrado, un'inconsistenza della sua posizione regale. La questione sta assumendo una configurazione che raggiunge il massimo livello della drammaticità perché è in atto la ribellione di Assalonne. Ha fatto trucidare il primogenito Amnòn che aveva approfittato di sua sorella per un suo capriccio; dopo anni di lontananza è tornato a Gerusalemme, si è fatto strada, ha ordito una congiura in maniera da attirare a sé il favore popolare fino al momento in cui è scoppiata la rivolta. Davide è in fuga, piange, è dolente, afflitto, desolato: suo figlio, Assalonne sta marciando su Gerusalemme! È minacciata la sua vita, è in fuga con alcuni collaboratori fedeli, ministri, simpatizzanti che lo accompagnano. Davide è toccato nell'intimo più profondo del suo animo da questa pena inconsolabile, non solo perché è minacciata la sua vita ed è costretto a fuggire dalla capitale e abbandonare la reggia, ma è la stessa paternità di Davide che è segnata dall'esperienza di una disastrosa contraddizione. "Il figlio nato dalle mie viscere, proprio lui è insorto contro di me". Ricordate quel momento, nel corso della fuga, nel quale sale piangendo il declivio che conduce sulla cima del monte degli ulivi - dove anche Gesù piangerà - e da lì scende sull'altro versante verso oriente, verso la valle. È intervenuto Simei, un beniaminita, che lo ha maledetto in maniera volgare, spudorata, con un'asprezza davvero inconcepibile tenendo conto della dignità di Davide che, nel corso degli anni, è stato riconosciuto, celebrato, rispettato; un riferimento certamente prestigioso nella coscienza popolare, a parte il fatto che ora Assalonne ha determinato questa situazione di confusione generale e di tracollo dell'ordine pubblico che gravitava attorno a Davide. Simei si permette di maledire pubblicamente Davide che si sta trascinando a piedi scalzi piangendo lungo la strada del suo esilio perché suo figlio, Assalonne, lo ha spodestato dal trono. Altroché stabilità del trono! Il figlio si è schierato contro di lui con la decisione dichiarata di togliergli la vita. E in quel caso è intervenuto Abisài, il giovane cugino di Davide: "Io adesso vado e gli taglio la testa". E Davide gli ha detto (cap. 16, v. 11): "Ecco, il figlio uscito dalle mie viscere cerca di togliermi la vita. Quanto più ora questo Beniaminita! Lasciate che maledica, poiché glielo ha ordinato il Signore". Davide contempla gli eventi in corso, drammatici più che mai, come una rivelazione della presenza viva del Signore. È il Signore il protagonista di questa storia dolorosissima nell'esperienza di Davide, ma tragica in sé e per sé. C'è proprio il Signore di mezzo. "Forse il Signore guarderà la mia afflizione e mi renderà il bene in cambio della maledizione di oggi". E Davide prosegue nel suo cammino, mentre Simei continua a imprecare contro di lui. Già abbiamo avuto a che fare con i segni di un atteggiamento penitente di Davide, ma adesso tutto quello che avviene, nel contesto di questa precipitosa evoluzione verso una catastrofe civile, il racconto è tutto concentrato attorno alla testimonianza di quel che avviene quando un animo penitente è condotto all'esperienza della paternità e della regalità insieme. Davide penitente, padre e re.


Cusài fa il doppio gioco

Cap. 16, vv. 14 - 19. "Il re e tutta la gente che era con lui arrivarono stanchi presso il Giordano e là ripresero fiato". Lì si fermano; un momento di incertezza su come proseguire perché il Giordano è un vero fiume e guadarlo non è un'impresa da poco. Insieme con Davide si sta muovendo gente non abituata a simili imprese per mettere tutti al sicuro e raggiungere l'altra sponda in maniera serena tale da garantire la sopravvivenza.

Nel frattempo che cosa succede? "Intanto Assalonne con tutti gli Israeliti era entrato in Gerusalemme". Assalonne trionfa e "Achitòfel era con lui (il consigliere, il saggio, la figura emblematica del sapiente), Quando Cusài l'Archita (altro sapiente che si era avvicinato a Davide che gli aveva chiesto di restare a Gerusalemme. La presenza di Cusai consente un'evoluzione degli eventi che sarà favorevole a Davide. Cusai fa il doppio gioco), l'amico di Davide, fu giunto presso Assalonne gli disse: «Viva il re! Viva il re!». Assalonne disse a Cusài: «Questa è la fedeltà che hai per il tuo amico? Perché non sei andato con il tuo amico?». Cusài rispose ad Assalonne: «No, io sarò per colui che il Signore e questo popolo e tutti gli Israeliti hanno scelto e con lui rimarrò". Cusai sa solleticare l'animo di Assalonne che è alla ricerca di adulazioni. Cusai, uomo abituato a muoversi negli ambienti del governo, sa ben gestire questa leva: "Il Signore ha scelto te, gli Israeliti ti hanno scelto e con lui io rimarrò (con te)". "E poi di chi sarò schiavo? Non lo sarò forse di suo figlio? Come ho servito tuo padre, così servirò te".


Achitòfel si schiera con Assalonne

Vv. 20-23. Assalonne chiede un consiglio: "Allora Assalonne disse ad Achitòfel: Consultatevi su quello che dobbiamo fare» (inseguire subito suo padre o aspettare). Achitòfel vede lucidamente la scelta da compiere: "Achitòfel rispose ad Assalonne: «Entra dalle concubine che tuo padre ha lasciate a custodia della casa; tutto Israele saprà che ti sei reso odioso a tuo padre e sarà rafforzato il coraggio di tutti i tuoi»". In primo luogo, bisogna prendere possesso della reggia e, quindi, delle concubine del padre: un gesto che dichiara un odio mai più riconciliabile nei confronti del padre (le sue concubine) e, nello stesso tempo è un segno che dà conforto ai congiurati perché si rendano conto che Assalonne fa sul serio e non si sono sbagliati nel seguirlo; l'equilibrio complessivo dell'amministrazione del regno sta cambiando. "Fu dunque piantata una tenda sulla terrazza per Assalonne e Assalonne entrò dalle concubine del padre, alla vista di tutto Israele. In quei giorni un consiglio dato da Achitòfel era come una parola data da Dio a chi lo consulta. Così era di tutti i consigli di Achitòfel per Davide e per Assalonne". Achitòfel esercita un'influenza altamente incisiva nella gestione delle cose pubbliche. Ora Achitòfel dice ad Assalonne: "Bisogna inseguire subito Davide". È un parere che esprime una visione molto lucida della situazione generale perché si espone subito: "Sceglierò dodicimila uomini: mi metterò ad inseguire Davide questa notte; gli piomberò addosso mentre egli è stanco e ha le braccia fiacche; (Davide è allo stremo; coloro che lo accompagnano sono stanchi, sfiduciati, scoraggiati, gente sbandata); lo spaventerò e tutta la gente che è con lui si darà alla fuga io colpirò solo il re e ricondurrò a te tutto il popolo, come ritorna la sposa al marito. La vita di un solo uomo tu cerchi; la gente di lui rimarrà tranquilla»". Questa operazione immediata, rapida ha l'obiettivo di colpire, Davide e così si risparmieranno tutte le altre vite. Non ci sarà alcun'altra vittima e, quindi, a maggior ragione, il popolo si schiererà dalla sua parte. Questo è il consiglio di Achitòfel.


Cusài contrasta i piani di Achitòfel

Vv. 1-16: "Ma Assalonne disse: «Chiamate anche Cusài l'Archita e sentiamo ciò che ha in bocca anche lui»". Adesso Cusài fa un lungo discorso. Il linguaggio di Achitòfel è molto sobrio, puntuale, preciso; usa immagini suggestive (il ritorno della sposa allo sposo) per programmare un'operazione che deve avvenire in brevissimo tempo, limitando le perdite inutili di gente sbandata per colpire direttamente Davide. Invece il consiglio di Cusài fa uso di un linguaggio ridondante, carico di immagini e sembra che Assalonne ami questo modo di raccontare, descrivere, interpretare le situazioni. V. 6: "Quando Cusài fu giunto da Assalonne, questi gli disse: «Achitòfel ha parlato così e così; dobbiamo fare come ha detto lui? Se no, parla tu!». Cusài rispose ad Assalonne: «Questa volta il consiglio dato da Achitòfel non è buono». Cusài continuò: «Tu conosci tuo padre e i suoi uomini: sai che sono uomini valorosi e che hanno l'animo esasperato come un'orsa nella campagna quando le sono stati rapiti i figli; poi tuo padre è un guerriero e non passerà la notte con il popolo. A quest'ora egli è nascosto in qualche buca o in qualche altro luogo; se fin da principio cadranno alcuni dei tuoi, qualcuno lo verrà a sapere e si dirà: C'è stata una strage tra la gente che segue Assalonne. Allora il più valoroso, anche se avesse un cuore di leone, si avvilirà, perché tutto Israele sa che tuo padre è un prode e che i suoi uomini sono valorosi. Perciò io consiglio che tutto Israele, da Dan fino a Bersabea, si raduni presso di te, numeroso come la sabbia che è sulla riva del mare, e che tu vada in persona alla battaglia. Così lo raggiungeremo in qualunque luogo si troverà e gli piomberemo addosso come la rugiada cade sul suolo; di tutti i suoi uomini non ne scamperà uno solo. Se invece si ritira in qualche città, tutto Israele porterà corde a quella città e noi la trascineremo nella valle, così che non se ne trovi più nemmeno una pietruzza»". Cusài vuole proiettare lo slancio della rivolta in una dimensione grandiosa, una coralità totale con la partecipazione di tutte le tribù, dal nord al sud, per costituire un poderoso esercito in modo tale da sconfiggere in maniera definitiva qualunque resistenza da parte di Davide e di coloro che continuano ad essergli fedeli. "E tu stesso Assalonne scenderai sul campo di battaglia e, in questo modo, non sarà ci scampo per nessuno". Cusài continua a solleticare l'animo di Assalonne che ci tiene a progettare queste soluzioni grandiose, trionfali, spettacolari. E, infatti, Assalonne si schiera dalla parte di Cusài.

V. 14 e seguenti: "Assalonne e tutti gli Israeliti dissero: «Il consiglio di Cusài l'Archita è migliore di quello di Achitòfel». Il Signore aveva stabilito di mandare a vuoto il saggio consiglio di Achitòfel per far cadere la sciagura su Assalonne".

Allora Cusài disse ai sacerdoti Zadòk ed Ebiatàr (viene inviata la notizia; ricordate che i figli dei due sacerdoti erano rimasti a Gerusalemme dove c'è l'Arca santa; i figli che ora sono informati vengono incaricati di trasmettere la notizia a Davide. Nella pagina seguente leggiamo la trascrizione di come, in maniera rocambolesca, questi due giovani figli dei due sacerdoti sfuggono alla cattura degli uomini di Assalonne e riescono a informare Davide che è accampato, per il momento, sulla sponda del Giordano per incoraggiarlo a trasferirsi altrove e organizzarsi in modo che ci sia tutto il tempo per riprendere fiato e ricomporre uno schieramento in grado di affrontare sul campo di battaglia l'esercito di Assalonne.

Nel cap. 17 i due giovani sono informati e, passano attraverso un momento di grave pericolo perché sono stati inseguiti; vengono protetti da gente del posto che conserva un motivo di simpatia nei confronti di Davide e, invece, non vede di buon occhio la presenza di questi nuovi padroni.


Davide, informato, passa il Giordano

Cap. 17, vv. 17, 23. V. 21: "Quando costoro se ne furono partiti, i due uscirono dalla cisterna e andarono ad informare il re Davide. Gli dissero: «Muovetevi e passate in fretta l'acqua, perché così ha consigliato Achitòfel a vostro danno». Allora Davide si mosse con tutta la sua gente e passò il Giordano. All'apparire del giorno, neppure uno era rimasto che non avesse passato il Giordano". Davide ha ricevuto l'informazione, sa che cosa sta succedendo a Gerusalemme; sembra comunque essere condizionato da un atteggiamento piuttosto passivo; è appesantito, si fa portare, è come coinvolto in questa impresa da parte di coloro che si prendono cura di lui e che gli manifestano davvero un affetto straordinario.

Dall'altra parte del Giordano (v. 23): "Achitòfel, vedendo che il suo consiglio non era stato seguito, sellò l'asino e partì per andare a casa sua nella sua città. Mise in ordine gli affari della casa e s'impiccò. Così morì e fu sepolto nel sepolcro di suo padre". Uno dei pochi suicidi nella storia della salvezza. Achitòfel ha visto lucidamente che, stando così le cose: l'impresa di Assalonne andrà incontro a un disastro. Se ne è reso conto e si tira fuori dal gioco in questa maniera così truce.

Un conto è la previsione di Achitofèl circa il prossimo conflitto tra i due schieramenti di forze sul campo di battaglia e altro conto è la regalità di Davide chiamata a maturare nella testimonianza autentica del servizio da svolgere a vantaggio del popolo attraverso l'esercizio della paternità.


Davide giunge a Macanàim e trova sostegno

Vv. 24-28. V. 24: "Davide era giunto a Macanàim (Macanàim vuol dire accampamento; vi aveva abitato per un certo periodo il figlio di Saul che aveva regnato (per modo di dire) qualche tempo dopo la morte di Saul; poi era stato assassinato anche lui) quando Assalonne passò il Giordano (adesso gli schieramenti si vanno configurando in maniera massiccia sulla scena di un campo di battaglia che +sarà il luogo dello scontro definitivo) con tutti gli Israeliti. Assalonne aveva posto a capo dell'esercito Amasà invece di Ioab. Amasà era figlio di un uomo chiamato Itrà l'Ismaelita, il quale si era unito a Abigàl, figlia di Iesse e sorella di Zeruià, madre di Ioab". Per parte di madre sono cugini, ma il padre di Amasà è un Ismaelita; è un personaggio che non è inserito in maniera perfetta nella comunità di Israele: è un meticcio. È il comandante dell'esercito di Assalonne, è un parente della famiglia di Davide, ed è la figura che Assalonne vuole proporre per scardinare la funzione svolta in maniera molto autorevole da Ioab fino a quel momento. Assalonne ha costituito uno schieramento militare piuttosto imponente e si è accampato nel paese di Gàlaad.

"Quando Davide fu giunto a Macanàim, Sobì, figlio di Nacàs che era da Rabbà, città degli Ammoniti, Machìr, figlio di Ammiel da Lodebàr, e Barzillài, il Galaadita di Roghelìm, portarono letti e tappeti, coppe e vasi di terracotta, grano, orzo, farina, grano arrostito, fave, lenticchie, miele, latte acido e formaggi di pecora e di vacca, per Davide e per la sua gente perché mangiassero; infatti dicevano: «Questa gente ha patito fame, stanchezza e sete nel deserto»". Davide riceve segni di collaborazione, di appoggio; le popolazioni confinanti, i regni che erano stati vassalli di Davide attraverso i loro rappresentanti, gli prestano tutto quello che è necessario a organizzare uno schieramento militare in grado di affrontare la battaglia. È interessante perché Davide è stato costretto a fuggire dalla capitale del suo regno; è in conflitto feroce con il figlio il quale ha raccolto la solidarietà corale di tutti i capi delle tribù compresa la tribù di Giuda che è la tribù di Davide. Davide però trova appoggio presso le popolazioni confinanti (i vassalli). Il fatto è che per questi, che sono estranei alla comunità di Israele, la figura di Davide è ben più affidabile di quella di Assalonne. È come se Davide si rendesse conto - e non è la prima volta - che è più facile essere padre degli altri che non dei propri figli. Come padre degli altri trova subito accoglienza, collaborazione, sostegno. Intanto suo figlio sta marciando contro di lui e la sua gente. La guardia del corpo che si è schierata subito dalla sua parte è composta da mercenari, Filistei. Adesso veniamo a sapere che questi rappresentanti di queste popolazioni che dimorano in quelle regioni orientali portano "letti e tappeti, coppe e vasi di terracotta, grano, orzo, farina, grano arrostito, fave, lenticchie, miele, latte acido e formaggi di pecora e di vacca per Davide e per la sua gente perché mangiassero; infatti dicevano: «Questa gente ha patito fame, stanchezza e sete nel deserto»", quello che è necessario per la sopravvivenza e per impostare la resistenza fino al momento dello scontro.


Davide si preoccupa di Assalonne

Cap. 18, vv. 1-5, la battaglia decisiva: "Davide passò in rassegna la sua gente". Notate come si muove Davide; è la figura di riferimento, non c'è dubbio. Tutti quelli che sono schierati dalla sua parte manifestano stima, apprezzamento e grande devozione nei suoi confronti. Ma Davide è stanco, afflitto; sembra proprio che si stia trascinando in questa vicenda; nomina capi di migliaia e centinaia di persone per comandare la sua gente e poi divide i suoi in tre colonne, tre corpi; un terzo sotto il comando di Ioab, un terzo sotto il comando di Abisai figlio di Zeruià, fratello di Ioab, e un terzo sotto il comando di Ittài di Gat che è il comandante della guardia del corpo. "Poi il re disse al popolo: «Voglio uscire anch'io con voi!». Ma il popolo rispose: «Tu non devi uscire, perché se noi fossimo messi in fuga, non si farebbe alcun caso di noi; quand'anche perisse la metà di noi, non se ne farebbe alcun caso, ma tu conti per diecimila di noi; è meglio che ti tenga pronto a darci aiuto dalla città»". Davide non deve scendere sul campo di battaglia; non è in grado, non è più il guerriero di una volta. "Il re rispose loro: «Farò quello che vi sembra bene»". Davide obbedisce ai suoi; è un re che obbedisce. Vogliono tenerlo lontano dal campo di battaglia e dichiarano in maniera affettuosa che la sua vita vale più di quella della metà di tutti gli uomini che stanno combattendo per lui. In questo contesto Davide riceve dichiarazioni di solidarietà, di apprezzamento, di disponibilità, ma è preoccupato per Assalonne. "Il re si fermò al fianco della porta, mentre tutto l'esercito usciva a schiere di cento e di mille uomini. Il re ordinò a Ioab, ad Abisài e ad Ittài: «Trattatemi con riguardo il giovane Assalonne!». E tutto il popolo udì quanto il re ordinò a tutti i capi nei riguardi di Assalonne". La vita di suo figlio vale più della sua vita.


Disfatta e morte di Assalonne

Vv. 6-18. La battaglia non è descritta, non interessa. Subito veniamo a sapere che lo schieramento di Assalonne è travolto, è sconfitto; ma vengono compiuti errori tattici evidentissimi; si sono collocati in una posizione tale per cui non sono in grado di manovrare, ma non c'è bisogno di dare informazioni particolari, annotazioni di ordine tecnico-militare. Quello che conta è arrivare a precisare che cosa sta avvenendo nell'animo di Davide padre.

"L'esercito uscì in campo contro Israele e la battaglia ebbe luogo nella foresta di Efraim. La gente d'Israele fu in quel luogo sconfitta dai servi di Davide; la strage fu grande: in quel giorno caddero ventimila uomini. La battaglia si estese su tutta la contrada e la foresta divorò in quel giorno molta più gente di quanta non ne avesse divorato la spada". Una moltitudine di caduti, gente ormai sbandata, in fuga, inghiottita nella foresta; lo schieramento poderoso messo in campo da Assalonne non esiste più.

E Assalonne? V. 9: "Ora Assalonne s'imbatté nei servi di Davide (Assalonne è solennemente bardato, ci teneva molto a vestirsi, abbigliarsi, paludarsi nel momento in cui compariva in pubblico). Assalonne cavalcava il mulo; il mulo entrò sotto i rami di un grande terebinto (una quercia) e la testa di Assalonne rimase impigliata nel terebinto (sul campo di battaglia lui, generale comandante, convinto di essere il re del suo popolo con la testa coperta da veli, gualdrappe; ingombrata in maniera micidiale da chissà quale insegna prestigiosa) e così egli restò sospeso fra cielo e terra; mentre il mulo che era sotto di lui passava oltre". Ecco Assalonne. "Un uomo lo vide e venne a riferire a Ioab: «Ho visto Assalonne appeso a un terebinto». Ioab rispose all'uomo che gli portava la notizia: «Dunque, l'hai visto? E perché non l'hai tu, sul posto, steso al suolo? Io non avrei mancato di darti dieci sicli d'argento e una cintura». Ma quell'uomo disse a Ioab: «Quand'anche mi fossero messi in mano mille sicli d'argento, io non stenderei la mano sul figlio del re (tutti hanno sentito quello che Davide ha raccomandato); perché con i nostri orecchi abbiamo udito l'ordine che il re ha dato a te, ad Abisài e a Ittài: Salvatemi il giovane Assalonne! Se io avessi commesso di mia testa una perfidia, poiché nulla rimane nascosto al re, tu stesso saresti sorto contro di me». Allora Ioab disse: «Io non voglio perdere così il tempo con te» (quell'uomo non si è azzardato a toccare Assalonne che è rimasto impigliato in quella maniera così infamante senza riuscire a districarsi). Ioab "prese in mano tre dardi e li immerse nel cuore di Assalonne, che era ancora vivo nel folto del terebinto. Poi dieci giovani scudieri di Ioab circondarono Assalonne, lo colpirono e lo finirono". Assalonne, il ribelle, trucidato in maniera così spietata. "Allora Ioab suonò la tromba e il popolo cessò di inseguire Israele, perché Ioab aveva trattenuto il popolo. Poi presero Assalonne, lo gettarono in una grande fossa nella foresta ed elevarono sopra di lui un enorme mucchio di pietre". Una sepoltura ignominiosa, disonorevole. "Tutto Israele era fuggito ciascuno nella sua tenda (non c'è più nessuno che voglia resistere; non c'è più uno schieramento che si sia ricomposto in una posizione più arretrata, niente di tutto questo. "Ora Assalonne mentre era in vita, si era eretta la stele che è nella Valle del re; perché diceva: «Io non ho un figlio che conservi il ricordo del mio nome»; chiamò quella stele con il suo nome e la si chiamò di Assalonne fino ad oggi". Si era costruito un monumento ma il progetto glorioso che, dal suo punto di vista, doveva rendere mitica la sua figura, adesso è fallito: assistiamo a una morte ingloriosa.


Davide viene informato

Vv. 19-32. La notizia arriva a Davide. "Achimaaz figlio di Zadòk disse a Ioab: «Correrò a portare al re la notizia che il Signore gli ha fatto giustizia contro i suoi nemici». Ioab gli rispose: «Oggi tu non sarai l'uomo della buona notizia, la porterai un altro giorno; non porterai oggi la bella notizia perché il figlio del re è morto»". Ioab si rende conto che non è una bella notizia, non è il giorno dell'Evangelo (bella notizia) per Davide perché il figlio del re è morto. "Poi Ioab disse all'Etiope: «Và e riferisci al re quello che hai visto». L'Etiope si prostrò a Ioab e corse via. Achimaaz, figlio di Zadòk, disse di nuovo a Ioab: «Qualunque cosa avvenga, lasciami correre dietro all'Etiope»". Achimaaz vuole darsi da fare anche lui, comunque. Ioab lo ha dissuaso, non è il momento di annunciare a Davide questa buona notizia perché oggi non c'è un evangelo per Davide, ma Achimaaz vuole correre. "Ioab gli disse: «Ma perché correre, figlio mio? La buona notizia non ti porterà nulla di buono». E l'altro: «Qualunque cosa avvenga, voglio correre». Ioab gli disse: «Corri!». Allora Achimaaz prese la corsa per la strada della valle e oltrepassò l'Etiope. Davide stava seduto fra le due porte; la sentinella salì sul tetto della porta dal lato del muro; alzò gli occhi, guardò ed ecco un uomo correre tutto solo. La sentinella gridò e avvertì il re. Il re disse: «Se è solo, porta una buona notizia»". Il re è in attesa di una buona notizia, di un evangelo; sta sospirando, trepidando. "Se è solo" perché se fosse stato sconfitto ci sarebbe una rotta precipitosa, un movimento di gente allo sbaraglio. "Quegli andava avvicinandosi sempre più. Poi la sentinella vide un altro uomo che correva e gridò al guardiano: «Ecco un altro uomo correre tutto solo!». E il re: «Anche questo porta una buona notizia». La sentinella disse: «Il modo di correre del primo mi pare quello di Achimaaz, figlio di Zadòk». E il re disse: «E' un uomo dabbene: viene certo per una lieta notizia!»". Per la terza volta aspetta una buona notizia, un evangelo. "Achimaaz gridò al re: «Pace!». Prostratosi dinanzi al re con la faccia a terra, disse: «Benedetto sia il Signore tuo Dio che ha messo in tuo potere gli uomini che avevano alzato le mani contro il re mio signore!»". Notate come reagisce Davide; v. 29: "Il re disse: «Il giovane Assalonne sta bene?»". "Quale pace per Assalonne? Sta bene?". E Achimaaz si ferma, non dice niente. "Achimaàz rispose: «Quando Ioab mandava il servo del re e me tuo servo, io vidi un gran tumulto, ma non so di che cosa si trattasse». Il re gli disse: «Mettiti là, da parte». Quegli si mise da parte e aspettò. Ed ecco arrivare l'Etiope che disse: «Buone notizie per il re mio signore! Il Signore ti ha reso oggi giustizia, liberandoti dalle mani di quanti erano insorti contro di te». Il re disse all'Etiope: «Il giovane Assalonne sta bene?»". Questa è la preoccupazione di Davide: "e mio figlio Assalonne?". "L'Etiope rispose: «Diventino come quel giovane i nemici del re mio signore e quanti insorgono contro di te per farti il male!»". Adesso è chiaro, la risposta è tagliente. Assalonne ha ricevuto quello che si merita un ribelle che vuole il male del re. Assalonne è morto.


La vittoria di Davide è giorno di lutto e di pianto: il rimprovero di Ioab

Cap. 19, vv. 1-9. "Allora il re fu scosso da un tremito (Davide è in lutto. È il giorno della vittoria, ma è il giorno di un lutto inconsolabile), salì al piano di sopra della porta e pianse; diceva in lacrime: «Figlio mio! Assalonne figlio mio, figlio mio Assalonne! Fossi morto io invece di te, Assalonne, figlio mio, figlio mio!»". Una vittoria listata a lutto. Intanto il popolo è vittorioso, vuole far festa, ha vinto; ha messo in gioco la vita di molti per confermare la regalità di Davide. Ma Davide ha perso il figlio: è un dolore desolato. V. 2: "Fu riferito a Ioab: «Ecco il re piange e fa lutto per Assalonne». La vittoria in quel giorno si cambiò in lutto per tutto il popolo, perché il popolo sentì dire in quel giorno: «Il re è molto afflitto a causa del figlio» (è un bel pasticcio però). Il popolo in quel giorno rientrò in città furtivamente, come avrebbe fatto gente vergognosa per essere fuggita in battaglia. Il re si era coperta la faccia e gridava a gran voce: «Figlio mio Assalonne, Assalonne figlio mio, figlio mio!». Allora Ioab entrò in casa del re e disse: «Tu copri oggi di rossore il volto di tutta la tua gente, che in questo giorno ha salvato la vita a te, ai tuoi figli e alle tue figlie, alle tue mogli e alle tue concubine, perché mostri di amare quelli che ti odiano e di odiare quelli che ti amano". Ioab lo rimprovera aspramente: "non si fa così!". "Infatti, oggi tu mostri chiaramente che capi e ministri per te non contano nulla; ora io ho capito che, se Assalonne fosse vivo e noi fossimo quest'oggi tutti morti, allora sarebbe una cosa giusta ai tuoi occhi. Ora dunque alzati, esci e parla al cuore della tua gente; perché io giuro per il Signore che, se non esci, neppure un uomo resterà con te questa notte; questa sarebbe per te la peggiore sventura di tutte quelle che ti sono cadute addosso dalla tua giovinezza fino ad oggi»". È un intervento durissimo questo di Ioab per costringere Davide a prendere posizione: "rispetto all'amore che hai ricevuto tu manifesti odio, tu disprezzi la vita della gente; tu devi parlare al cuore della gente". Intanto però Davide piange perché è morto Assalonne, suo figlio.


Finalmente Davide regna, senza spirito di vendetta

Vv. 10-15. "Allora il re si alzò e si sedette sulla porta; fu dato quest'annunzio a tutto il popolo: «Ecco il re sta seduto alla porta». E tutto il popolo venne alla presenza del re". È il trionfo, un trionfo mestissimo, nel silenzio generale. Davide re ha vinto, trionfa; Davide piange, ha perso il figlio. Che cosa vuol dire regnare per Davide quando si tratta per lui di assumere l'intensità, la profondità, la drammaticità radicale di questo dolore? E questo dolore riguarda il figlio Assalonne e riguarda i suoi figli, la sua casa; riguarda la sua paternità che porta in sé le evidenti conseguenze di un inquinamento che viene da lontano, ma che lo costringe adesso a rendersi conto di come questo suo dolore lo apre a relazioni di compassione universale, di accoglienza, di benevolenza verso tutti gli svergognati della terra. Davide re sta imparando a regnare.

È un passaggio veramente decisivo; è come se tutto il nostro percorso dovesse condurci proprio qui. "Gli Israeliti erano fuggiti ognuno alla sua tenda (quelli di Assalonne). In tutte le tribù d'Israele tutto il popolo stava discutendo e diceva: «Il re ci ha liberati dalle mani dei nostri nemici e ci ha salvati dalle mani dei Filistei; ora è dovuto fuggire dal paese a causa di Assalonne. Ma quanto ad Assalonne, che noi avevamo consacrato perché regnasse su di noi, è morto in battaglia. Ora perché non cercate di far tornare il re?»". Nelle diverse tribù i rappresentanti, le persone autorevoli, gli sceicchi dei clan qualificati si danno un gran da fare perché adesso bisogna preparare il rientro di Davide re. Tutta l'impresa si è rivelata una follia tragica dal punto di vista politico. Bisogna ritornare alla situazione antecedente e favorire e accompagnare il rientro di Davide a Gerusalemme; la reggia, il trono, il governo, la ricomposizione dell'ordine da cui dipende la gestione del regno. Questa gente discute: "Il re ci ha liberati dalle mani dei nostri nemici"; vengono apprezzati tutti i titoli di merito per Davide. "È vero che noi avevamo consacrato Assalonne, ma ora bisogna tornare alla situazione antecedente".

"Ciò che si diceva in tutto Israele era giunto a conoscenza del re" che intanto continua a dimorare in quella regione orientale. "Davide mandò a dire ai sacerdoti Zadòk ed Ebiatàr: «Riferite agli anziani di Giuda (quelli di Giuda si devono dare da fare. Anche quelli di Giuda hanno tradito Davide; appoggiando Assalonne hanno pensato di poter rivendicare titoli di autorevolezza che la loro tribù meritava e che, invece, Davide non avrebbe garantito perché ha sviluppato una politica di carattere più ecumenico): Perché volete essere gli ultimi a far tornare il re alla sua casa? Voi siete mio osso e mia carne e perché dunque sareste gli ultimi a far tornare il re? Dite ad Amasà (il generale che comandava l'esercito di Assalonne): Non sei forse mio osso e mia carne? (Davide assume un atteggiamento estremamente conciliante; non ha motivo di vendicarsi nei confronti di nessuno. Davide sta percorrendo strade di ricomposizione, ristabilimento di equilibri che non dipendono in alcun modo da una volontà di vendetta). ... Così piegò il cuore di tutti gli uomini di Giuda (Davide attira a sé il cuore di quelli che appartengono alla tribù di Giuda invece di punirli, reprimerli, decimarli), come se fosse stato il cuore di un sol uomo; essi mandarono a dire al re: «Ritorna tu e tutti i tuoi ministri». Il re dunque tornò ". È il viaggio del ritorno, il viaggio della conversione; siamo in piena Quaresima. È il ritorno di Davide a Gerusalemme dopo tutto quello che è successo: viene nuovamente collocato sul trono, al suo posto. Un accompagnamento che coinvolge quelli della sua tribù e le altre tribù che subito accorreranno. E intorno a Davide rimangono molte situazioni che restano ambigue, ma Davide regna. Perché? Guardate. "Il re dunque tornò". È un drammatico processo di conversione nella vita di Davide: Davide diventa re. È re da un pezzo, ma Davide diventa re adesso, sta diventando re oggi nel momento in cui titolo regale per eccellenza, determinante, qualificante è il dolore che gli consente di compatire tutti gli svergognati della terra. Allora diventa re, non prima. "Il re dunque tornò e giunse al Giordano; quelli di Giuda vennero a Gàlgala per andare incontro al re e per fargli passare il Giordano". Fanno la passerella necessaria per attraversare il fiume.


Davide grazia Simèi e incontra Merib-Bàal

Cap. 19, vv. 16-31. Ricompare Simei, quello che l'aveva maledetto. "Simeì, figlio di Ghera, Beniaminita, che era di Bacurìm, si affrettò a scendere con gli uomini di Giuda incontro al re Davide". Vuole andare subito incontro a Davide perché è convinto che per lui le cose si mettono malamente. "Aveva con sé mille uomini di Beniamino. Zibà, il servo della casa di Saul, i suoi quindici figli con lui e i suoi venti servi si erano precipitati al Giordano prima del re e avevano servito per far passare la famiglia del re e per fare quanto a lui sarebbe piaciuto. Intanto Simeì, figlio di Ghera, si gettò ai piedi del re nel momento in cui passava il Giordano e disse al re: «Il mio signore non tenga conto della mia colpa! Non ricordarti di quanto il tuo servo ha commesso quando il re mio Signore è uscito da Gerusalemme; il re non lo conservi nella sua mente (nel suo cuore)! Perché il tuo servo riconosce di aver peccato ed ecco, oggi, primo di tutta la casa di Giuseppe, sono sceso incontro al re mio signore» (ti sono venuto subito incontro)". E interviene Abisài quello che avrebbe dovuto tagliare la testa di Davide. "Ma Abisài figlio di Zeruià, disse: «Non dovrà forse essere messo a morte Simeì perché ha maledetto il consacrato del Signore?». Davide disse: «Che ho io in comune con voi, o figli di Zeruià, che vi mostriate oggi miei avversari?". "Voi siete Satana per me, siete i miei nemici, aggressori, contestatori, coloro che pretendono di interpretare questa vicenda in maniera esattamente opposta a quello che è il criterio che ormai ho acquisito per essere, oggi, re". E aggiunge: "Si può mettere a morte oggi qualcuno in Israele? Non so dunque che oggi divento re di Israele?». Il re disse a Simeì: «Tu non morirai!». E il re glielo giurò". Oggi è il giorno in cui Davide diventa re: è il giorno della vita, non il giorno della vendetta. Ed è il giorno della vita che Davide è in grado di condividere in virtù di quel dolore che ha segnato la sua paternità; quel dolore che è divenuto, allo stesso tempo, insieme con l'evidenza incontestabile del suo fallimento, il tramite di relazioni nuove, aperte a una comunione universale, a una compassione senza limiti. Per questo diventa re; ed è una regalità che è in grado di offrire un dono di vita alla moltitudine derelitta di tutti gli uomini in preda delle contraddizioni che riducono la vicenda umana a consumarsi entro dinamiche di morte. In questa vicenda umana Davide regna proprio là dove il suo dolore di padre è dolore fecondo in grado di offrire un segno generativo di vita. "Oggi divento re. Non sapete che oggi divento re?". È una delle grandi pagine di tutta la rivelazione biblica. Siamo nel cuore della Quaresima; quest'anno stiamo leggendo il Vangelo secondo Luca; la passione secondo Luca verrà proclamata nella Domenica delle Palme e in quel racconto ricordiamo che la presenza dei due malfattori accanto al Signore crocifisso è segnalata da tutti gli altri evangelisti. Ma solo nel Vangelo secondo Luca c'è una conversazione tra i due malfattori e Gesù. Uno dei due dice: "Se tu sei il Cristo, il Messia, il Re; salvati. Se tu ti salvi noi ci salveremo. Questo malfattore sarebbe il cattivo ladrone. Ma che cosa c'è di perverso in questa sua invocazione? Sta dicendo: "Osanna, se tu sei il Messia salvaci". Pover'uomo sta crepando: "Se tu sei il Messia salvaci". E l'altro dice: "Non hai capito una cosa: noi siamo colpevoli, ma Lui è innocente e condivide la nostra vergogna. Sta condividendo la nostra pena, il nostro dolore, la nostra sconfitta, la nostra morte. Sta morendo con noi. Non hai capito che noi ci salviamo non perché Lui si salva, ma perché Lui si perde con noi?". Si rivolge al Signore e lo chiama per nome: "Gesù, ricordati di me nel tuo Regno". E Gesù risponde: "Oggi sarai con me". Oggi è l'oggi di Davide: oggi diventa re, laddove quel suo essere svergognato insieme con tutti i derelitti della terra che vanno incontro alla morte apre il varco che introduce nel Paradiso, nel giardino della vita. "Oggi con me nel giardino della vita". Questo nella Passione secondo Luca. Qui è la vicenda di Davide, premonizione eloquentissima che ci orienta esattamente in quella prospettiva. "Vi siete resi conto del fatto che oggi divento re?". E oggi è il giorno della vita e "tu non morirai".

Dopo di che compare Merib-Bàal che dice: "Ma io non sapevo come fare; ero il figlio zoppo di Saul; Zibà se ne è andato per conto suo". Davide però tranquillizza tutti: "Fate a metà delle vostre cose. Merib-Bàal resta quotidianamente assiso alla tavola di Davide". E così di seguito.

Il mese prossimo avremo modo di concentrare in modo sempre più preciso l'attenzione su questa figura così determinante nello sviluppo complessivo della storia della salvezza: la regalità di Davide nel dolore della sua paternità.

Lectio divina


2018-2019 - Libri di Samuele


  • 02 aprile 2019
    Primo e Secondo Libro di Samuele - quinta parte
    La pena inconsolabile di Davide