Incontri di discernimento e solidarietà
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03 aprile 2018

Primo Libro di Samuele - quinta parte

La funzione regale in un contesto di fallimento - Il passaggio da Saul a Davide

Quinto incontro del ciclo 2017-2018


Stiamo leggendo il Primo Libro di Samuele e il nostro programma prevede la lettura anche del Secondo Libro di Samuele: un'unica, grande composizione che ricostruisce gli eventi di quel periodo storico e, soprattutto, ce ne dà un'interpretazione profetica; non per niente questi Libri sono considerati, nella tradizione ebraica, Libri profetici, mentre noi solitamente li denominiamo Libri storici (da Giosuè al Libro dei Re).

Una storia che ci ha coinvolti in una vicenda che registra tutte le conseguenze di un clima di stanchezza e di crisi; il popolo dell'Alleanza, entrato nella Terra che è stata promessa e, finalmente, concessa in eredità, sembra andare, man mano, perdendo la coscienza della propria identità. In questo contesto si isterilisce il filo della presenza singolare di questo popolo di Dio che ha fatto alleanza con la storia umana; tutto riparte dalla comparsa della profezia, una posizione di ascolto della Parola che trova corrispondenza nella figura di Samuele e costituisce il punto di partenza di un percorso che è disposto, nel disegno provvidenziale di Dio, come itinerario di recupero per quanto riguarda l'identità del popolo dell'Alleanza, la sua posizione nella storia, la relazione con il Dio Vivente. Si aprono prospettive nuove: il popolo in rapporto alla Terra, agli altri popoli, alle vicende di una storia che implica un diretto coinvolgimento in tutte le dimensioni del profano. La profezia e il profeta che in questo caso assume in prima persona e con diretta responsabilità la posizione di ascolto della Parola. Da qui riparte il cammino di quella generazione che sembrava destinata a registrare la scomparsa di una presenza nata, in maniera così intima e strutturale, dalla relazione d'Alleanza con il Signore. Samuele viene generato da quella madre che era sterile; è il profeta che assume una posizione di responsabilità storica in rapporto alla vocazione e alla missione del Popolo dell'Alleanza nella storia umana.

A suo tempo intitolavo i primi sette capitoli del Primo Libro di Samuele "Alla presenza del Santo" perché questa vicenda conosce tutti i limiti, le tristezze, la sterilità di una coscienza che tende a svaporare, svanire, disperdersi nella nebbia di un'identità perduta. In quel contesto la crisi del sacerdozio è drammatica e compromette esattamente la vitalità della relazione tra il Signore e Israele. Il Santo è presente, non è latitante, dimentico del rapporto di alleanza instaurato a suo tempo; è protagonista. Ed ecco, è comparso il profeta. Nello stesso tempo il sacramento dell'Alleanza tra il Signore e Israele, l'Arca Santa, si trova temporaneamente accantonato in una località periferica, marginale di nome Kiriat-Iearìm.

Dal capitolo 8 abbiamo avuto a che fare con una seconda parte del grande racconto che ci ha portato fino alla fine del capitolo 15 alla quale davo il titolo di "Fondazione della monarchia": una novità, una svolta laddove il profeta Samuele è implicato direttamente nel dare consacrazione carismatica alla comparsa di un nuovo modello istituzionale: la monarchia. Il popolo chiede un re ma Samuele non è d'accordo; è però "costretto" (per così dire) dal Signore a prendere sul serio quella richiesta e corrispondere ad essa. "Da’ loro un re". L'istituzione monarchica per Samuele non differisce da quella esistente negli altri popoli, mentre invece il popolo dell'Alleanza deve identificarsi in rapporto alla sua diretta appartenenza al Signore, l'unico re, sovrano, colui a cui il popolo appartiene e con il quale è in rapporto diretto e vitale. Il Signore deve spiegare a Samuele che ne hanno bisogno e Samuele è implicato direttamente in questa vicenda tutta interna alla rivelazione di quella provvidenziale misericordia di Dio che si manifesta laddove il popolo dell'Alleanza è alle prese con i segni inconfondibili della propria debolezza. Quell'istituzione corrisponde a un dato di fragilità che Samuele ha registrato con meticolosa precisione e che il Signore, nella Sua visione della vicenda, ha confermato a modo Suo. È proprio in rapporto a questa debolezza che l'istituzione viene instaurata come ulteriore e sempre più feconda dimostrazione di come la misericordia di Dio, che è il Santo, è operante nella storia del popolo e dell'umanità. "É loro un re". Abbiamo avuto modo di conoscere il primo re, Saul, una figura a cui dobbiamo attribuire dei titoli di merito che nessuno può negargli, ma che è espressione di un drammatico fallimento; Saul con le sue grandezze ma anche le sue contraddizioni, è alle prese con la gestione di un potere per il quale non è preparato; i fraintendimenti circa la missione che gli è stata affidata, prigioniero oltretutto dei suoi limiti personali di ordine emotivo, affettivo e psichico. C'è una nota patologica nel vissuto di Saul come nel suo linguaggio religioso condizionato da ombre cupe superstiziose. Saul è un fallimento che già viene contestato. È il Signore che interviene, tramite il profeta Samuele, in maniera drastica e, per quanto abbiamo appreso, irreparabile se non fosse vero che quella stessa istituzione monarchica, che attraverso Saul ha dimostrato il proprio volto fallimentare, è confermata nel suo valore sacramentale: è un segno rivelativo della misericordia di Dio che non ha rinunciato alla sua dichiarazione d'intenti; il Signore deve spiegare a Samuele che hanno bisogno di un re perché sono deboli e perché la misericordia di Dio è presente e operante laddove la debolezza umana è così evidente. È proprio la figura della persona umana che precipita nell'abisso del proprio fallimento ed è quella stessa persona che viene valorizzata come sacramento della misericordia di Dio.

Da Saul ora dobbiamo giungere all'incontro e alla conoscenza di un altro personaggio, Davide. Sono grandi figure quelle che man mano stiamo passando in rassegna nelle pagine di questo Libro: Samuele, Saul, Davide ma, attorno a loro, tanti altri personaggi; abbiamo fatto conoscenza con Giònata, figlio di Saul e ne abbiamo ricevuto un'impressione in certo modo affascinante.

Si tratta di registrare, nel passaggio dal cap. 15 al cap. 16, la diretta, intrinseca connessione che congiunge i due personaggi che, pur così diversi, sono inseparabili nel contesto di una vicenda storica che, per come è possibile per noi ricostruire, ci costringe a considerare come emerge la figura di Davide accanto a Saul; Saul è un pioniere senza modelli (anche per questo meriterebbe molte scusanti per il fallimento che ne è seguito). Davide emerge, cresce e si forma all'ombra di Saul, attraverso la sua testimonianza e anche attraverso il suo fallimento. Il racconto insiste sul legame indissolubile che intercorre fra i due personaggi. Sono i due volti della figura messianica: Saul il volto del re fallito; Davide il volto del re atteso, desiderato che finalmente corrisponde al cuore di Dio.

Alla fine del capitolo 15 Samuele piange a dirotto perché per quanto lo riguarda, con il disastro che ha registrato nell'esperienza pur generosa, ma certamente fallimentare di Saul, la storia del popolo deve fare i conti con un disastro ulteriore che si aggiunge a quelli già registrati (l'Arca Santa si trova a Kiriat-Iearìm; il sacerdozio è allo sbando; il re a cui ha dedicato l'impegno esplicito e risoluto della sua missione in qualità di profeta è meritevole di un rimprovero drastico da parte del Signore). Samuele piange: è l'estrema espressione della testimonianza di una missione profetica; ci sono situazioni nelle quali i profeti possono - e debbono - soltanto piangere. In quel contesto, il Santo è all'opera e non ha rinnegato la sua dichiarazione iniziale per quanto riguarda l'istituzione monarchica nella storia della salvezza. È vero che c'è da registrare il fallimento a conferma di come l'istituzione monarchica è, in tutto e per tutto, corrispondente alla debolezza del popolo che, nel rapporto di alleanza con il Signore, non sta al passo, non regge il peso delle responsabilità che gli sono state affidate; ma è anche vero che la misericordia del Signore ha provvidenzialmente predisposto, attraverso l'istituzione della monarchia, l'attuazione di una volontà gratuita nella sua iniziativa e nell'attuazione di essa, mirata a promuovere la vita del popolo, a fare della storia umana nella sua universalità una storia di salvezza. C'è di mezzo l'intenzione del Dio Vivente di dimostrare come la persona umana (la figura del re) sia abilitata a esercitare un ruolo, un compito, una missione sacramentale. Ecco come la misericordia di Dio conferma la propria intenzione di introdurre nella storia degli uomini, come sacramento della sua volontà di salvezza, la persona umana che assume, in tutto il suo valore redentivo, pedagogico, la funzione regale. Nel contesto di un fallimento il re di cui Dio si compiace; quella presenza nella storia umana della figura che è chiamata a corrispondere alla gratuita volontà d'amore che da sempre è custodita nel segreto di Dio. Sono le grandi figure della storia della salvezza che poi sono le figure di riferimento nella vocazione battesimale di quanti, come noi, hanno ricevuto il sigillo sacramentale. Il sacerdote è figura di mediazione; il profeta è l'ascolto della Parola; il re è quella figura personale che, nel suo cuore umano, è segno sacramentale di quanto è custodito nell'intimo del cuore di Dio.

Nella piccolezza Davide è sacramento del Signore

Cap. 16, vv. 1-13. Leggiamo tre racconti che descrivono in diversi modi la comparsa di Davide. Gli storici discutono su come siano andate le cose. Leggiamo queste pagine senza preoccuparci troppo di ricostruire percorsi che i tecnici, addetti a questo, riescono a rielaborare con una certa credibilità; i tre racconti sono messi insieme l'uno di seguito all'altro non per rispondere alla preoccupazione di dire come realmente si sono svolti i fatti; incontriamo contraddizioni vistosissime, ma sono diverse sfaccettature di un'unica immagine di Davide che ora compare come espressione di una debolezza costitutiva del personaggio; è una debolezza che diventa prerogativa che gli conferisce il titolo valido per essere consacrato re e per essere sacramento della misericordia di Dio che, nella debolezza di un popolo intero con cui Egli ha fatto alleanza, ha introdotto il segno istituzionale della propria indefettibile volontà d'amore. Tutto avviene in obbedienza al Signore. il v. 35 del cap. 15 concludeva dicendo: "il Signore si era pentito di aver fatto regnare Saul su Israele". All'inizio del cap. 16 leggiamo: "E il Signore disse a Samuele: «Fino a quando piangerai su Saul, mentre io l'ho rigettato perché non regni su Israele? Riempi di olio il tuo corno e parti. Ti ordino di andare da Iesse il Betlemmita, perché tra i suoi figli mi sono scelto un re». Samuele rispose: «Come posso andare? Saul lo verrà a sapere e mi ucciderà» (Samuele è titubante perché si rende conto che anche i suoi movimenti sono sotto controllo: Saul, angosciato com'è, è molto suscettibile e Samuele si sente minacciato). Il Signore soggiunse: «Prenderai con te una giovenca e dirai: Sono venuto per sacrificare al Signore. Inviterai quindi Iesse al sacrificio. Allora io ti indicherò quello che dovrai fare e tu ungerai colui che io ti dirò» (il piano deve restare segreto, ma il Signore seguirà Samuele tappa per tappa). Samuele fece quello che il Signore gli aveva comandato e venne a Betlemme; gli anziani della città gli vennero incontro trepidanti (c'è un certo turbamento; la comparsa di Samuele non può passare inosservata e gli anziani sono preoccupati) e gli chiesero: «E' di buon augurio la tua venuta?». Rispose: «E' di buon augurio. Sono venuto per sacrificare al Signore. Provvedete a purificarvi, poi venite con me al sacrificio». Fece purificare anche Iesse e i suoi figli e li invitò al sacrificio (è in casa di Iesse che Samuele viene ospitato ed è rivolta ai figli di Iesse l'attenzione del profeta perché gli è stato annunciato che uno di loro è scelto per regnare). Quando furono entrati, egli osservò Eliab e chiese: «E' forse davanti al Signore il suo consacrato?». Il Signore rispose a Samuele: «Non guardare al suo aspetto né all'imponenza della sua statura. Io l'ho scartato, perché io non guardo ciò che guarda l'uomo. L'uomo guarda l'apparenza, il Signore guarda il cuore». Iesse fece allora venire Abìnadab e lo presentò a Samuele, ma questi disse: «Nemmeno su costui cade la scelta del Signore». Iesse fece passare Samma e quegli disse: «Nemmeno su costui cade la scelta del Signore». Iesse presentò a Samuele i suoi sette figli e Samuele ripeté a Iesse: «Il Signore non ha scelto nessuno di questi»". È messo in risalto l'antagonismo tra lo sguardo del Signore e lo sguardo umano; lo sguardo umano coglie l'apparenza visibile mentre lo sguardo del Signore è mirato a decifrare la profondità invisibile del cuore. La scelta riguarda la persona che deve svolgere quel ruolo istituzionale con tutte le competenze di cui la figura monarchica è dotata: l'organizzazione interna, le relazioni con l'esterno, l'amministrazione, l'apparato militare. ..."il Signore guarda il cuore". "Samuele chiese a Iesse: «Sono qui tutti i giovani?». Rispose Iesse: «Rimane ancora il più piccolo (senza ricorrere a sdolcinature particolarmente inconcludenti l'insistenza sulla piccolezza - qui e negli altri due racconti che seguono - è più che mai evidente: il più piccolo è sotto lo sguardo del Signore, è colui che detiene nel cuore le prerogative adeguate ad assumere una consacrazione regale) che ora sta a pascolare il gregge» (questa connotazione pastorale del personaggio non è affatto indifferente. È già una funzione pastorale che lo qualifica in vista di quella che sarà la sua responsabilità regale. Nell'Antico Testamento è molto frequente la sovrapposizione fra le due figure: re-pastore, pastore-re). Samuele ordinò a Iesse: «Manda a prenderlo, perché non ci metteremo a tavola prima che egli sia venuto qui». Quegli mandò a chiamarlo e lo fece venire. Era fulvo, con begli occhi e gentile di aspetto. Disse il Signore: «Alzati e ungilo: è lui!». Samuele prese il corno dell'olio e lo consacrò con l'unzione in mezzo ai suoi fratelli, e lo spirito del Signore si posò su Davide da quel giorno in poi. Samuele poi si alzò e tornò a Rama". Sembra che non cambi niente ma il racconto è collocato qui, all'inizio delle pagine dedicate a Davide e a Davide in rapporto a Saul, per esplicitare il fatto che abbiamo a che fare con un'investitura carismatica che è già stabile e definitiva dall'inizio. Lo sguardo del Signore si posa su di lui, il debole, il piccolo, il più piccolo. "Il Signore guarda il cuore".

Davide è gradito a Saul

Vv. 14-23. Nel secondo racconto Davide entra in scena in qualità di musico, di cantore. "Lo spirito del Signore si era ritirato da Saul (notate la connessione tra i due racconti: il precedente si chiude con l'affermazione che "lo spirito del Signore si posò su Davide" e adesso "lo spirito del Signore si era ritirato da Saul") ed egli veniva atterrito da uno spirito cattivo, da parte del Signore (i tecnici direbbero che Saul è affetto da uno stato maniaco-depressivo. D'altronde la vita di corte, con i suoi equilibri e tutte le sue procedure, non gli si addice, ma è la patologia del ruolo pubblico; Saul sta male). Allora i servi di Saul gli dissero: «Vedi, un cattivo spirito sovrumano ti turba. Comandi il signor nostro ai ministri che gli stanno intorno e noi cercheremo un uomo abile a suonare la cetra. Quando il sovrumano spirito cattivo ti investirà, quegli metterà mano alla cetra e ti sentirai meglio». Saul rispose ai ministri: «Ebbene cercatemi un uomo che suoni bene e fatelo venire da me». Rispose uno dei giovani: «Ecco, ho visto il figlio di Iesse il Betlemmita: egli sa suonare ed è forte e coraggioso, abile nelle armi, saggio di parole, di bell'aspetto e il Signore è con lui» (questo è il dato determinante). Saul mandò messaggeri a Iesse con quest'invito: «Mandami Davide tuo figlio, quello che sta con il gregge» (questa connotazione pastorale è presente in tutti e tre i racconti). Iesse preparò un asino e provvide pane e un otre di vino e un capretto, affidò tutto a Davide suo figlio e lo inviò a Saul (bisogna riverire il sovrano e Davide vuole dimostrare la propria devozione al sovrano). Davide giunse da Saul e cominciò a stare alla sua presenza. Saul gli si affezionò molto e Davide divenne suo scudiero (Davide a corte ottiene un successo pressoché indiscusso; ci sa fare, è una persona umanamente molto dotata e Saul, fin dall'inizio, si affeziona, manifesta la sua soddisfazione per come Davide si comporta; sa intervenire al momento opportuno, è discreto, attento. Ẻ così che Davide fa carriera; una carriera rapida, prestigiosa ed è oggetto di una benevolenza generale; è l'ambiente intero intorno a Davide che gli manifesta comprensione, accoglienza, affetto, benevolenza). E Saul mandò a dire a Iesse: «Rimanga Davide con me, perché ha trovato grazia ai miei occhi». Quando dunque lo spirito sovrumano investiva Saul, Davide prendeva in mano la cetra e suonava: Saul si calmava e si sentiva meglio e lo spirito cattivo si ritirava da lui".

Il conflitto tra Davide e Golia; e l'amicizia di Davide con Giònata

Capp. 17-18, vv. 1-5. È il racconto famoso dello scontro con il filisteo Golia. I tecnici che si dedicano all'analisi del testo affermano che abbiamo a che fare con un racconto che è la composizione di diversi racconti. Il nome Golia appare solo in due versetti; è il filisteo, un gigante mastodontico, alto quasi tre metri, supercorazzato e armato nel contesto di una relazione piuttosto severa e drammatica tra Israele e i filistei che esercitano una pressione dominante su quel territorio. Israele sta cercando di emergere e la fondazione della monarchia è stata collocata proprio in questa prospettiva; le tribù di Israele possono affermare la propria posizione in quel contesto se assumono un'organizzazione di tipo monarchico in modo tale da poter affrontare gli ostacoli rappresentati, in questo caso, dal dominio filisteo. I filistei dimorano lungo la costa, vengono dal mare; conoscono le tecnologie riguardanti la fusione dei metalli, usano le apparecchiature necessarie per trarne gli strumenti utili non solo sul piano militare; la loro presenza è dotata di una qualità superiore rispetto alle popolazioni del territorio; appartengono a un ciclo di civiltà superiore.

"I Filistei radunarono di nuovo l'esercito per la guerra e si ammassarono a Soco di Giuda e si accamparono tra Soco e Azeka, a Efes-Dammìm. Anche Saul e gli Israeliti si radunarono e si accamparono nella valle del Terebinto e si schierarono a battaglia di fronte ai Filistei (il campo di battaglia non è come possiamo immaginarlo noi; è una specie di piattaforma sulla quale si svolgono dei duelli; è una specie di torneo). Dall'accampamento dei Filistei uscì un campione, chiamato Golia, di Gat; era alto sei cubiti e un palmo. Aveva in testa un elmo di bronzo ed era rivestito di una corazza a piastre, il cui peso era di cinquemila sicli di bronzo. Portava alle gambe schinieri di bronzo e un giavellotto di bronzo tra le spalle. L'asta della sua lancia era come un subbio di tessitori e la lama dell'asta pesava seicento sicli di ferro; davanti a lui avanzava il suo scudiero. Egli si fermò davanti alle schiere d'Israele e gridò loro: «Perché siete usciti e vi siete schierati a battaglia? Non sono io Filisteo e voi servi di Saul? Scegliete un uomo tra di voi che scenda contro di me (è una sfida sprezzante rivolta a Saul rappresentato da uno dei suoi guerrieri, ma nessuno è in grado di affrontare il filisteo). Se sarà capace di combattere con me e mi abbatterà, noi saremo vostri schiavi. Se invece prevarrò io su di lui e lo abbatterò, sarete voi nostri schiavi e sarete soggetti a noi». Il Filisteo aggiungeva: «Io ho lanciato oggi una sfida alle schiere d'Israele. Datemi un uomo e combatteremo insieme». Saul e tutto Israele udirono le parole del Filisteo; ne rimasero colpiti ed ebbero grande paura". Grande paura, terrore generale. In questo contesto compare Davide perché "Davide era figlio di un Efratita da Betlemme di Giuda chiamato Iesse, che aveva otto figli. Al tempo di Saul, quest'uomo era anziano e avanti negli anni. I tre figli maggiori di Iesse erano andati con Saul in guerra. Di questi tre figli, che erano andati in guerra, il maggiore si chiamava Eliab, il secondo Abìnadab, il terzo Samma. Davide era ancor giovane quando i tre maggiori erano partiti dietro Saul. Egli andava e veniva dal seguito di Saul e badava al gregge di suo padre in Betlemme.

Il Filisteo avanzava mattina e sera; continuò per quaranta giorni a presentarsi. Ora Iesse disse a Davide suo figlio: «Prendi su per i tuoi fratelli questa misura di grano tostato e questi dieci pani e portali in fretta ai tuoi fratelli nell'accampamento. Al capo di migliaia porterai invece queste dieci forme di cacio (bisogna rifornire coloro che sono al fronte). Informati della salute dei tuoi fratelli e prendi la loro paga (la costituzione di un esercito nel contesto di un'istituzione monarchica fa sì che i guerrieri impegnati siano anche regolarmente remunerati. "Fatti dare la paga" che deve essere trasferita al capo-famiglia). Davide si alzò di buon mattino: lasciò il gregge alla cura di un guardiano, prese la roba e partì come gli aveva ordinato Iesse. Arrivò all'accampamento quando le truppe uscivano per schierarsi e lanciavano il grido di guerra. Si disposero in ordine Israele e i Filistei: schiera contro schiera. Davide si tolse il fardello e l'affidò al custode dei bagagli poi corse tra le file e domandò ai suoi fratelli se stavano bene". Davide va a curiosare per rendersi conto di che cosa sta succedendo. I suoi fratelli più grandi sono tra quelli schierati sul fronte della battaglia. Ed ecco che esce il filisteo con il suo proclama sprezzante, offensivo e Davide si interroga: "ma che cosa sta succedendo?". V. 26: "Davide domandava agli uomini che stavano attorno a lui: «Che faranno dunque all'uomo che eliminerà questo Filisteo e farà cessare la vergogna da Israele? (Davide dà per scontato che ci sarà qualcuno che sia in grado di affrontarlo). E chi è mai questo Filisteo non circonciso per insultare le schiere del Dio vivente?". Tutti gli rispondevano la stessa cosa: "Così e così si farà all'uomo che lo eliminerà" (ora intervengono i fratelli: "sei venuto a disturbare, devi stare al tuo posto, tornatene a casa; che cosa vai cercando. chiedendo, curiosando". Sono irritatissimi). Davide rispose (v. 29): "Che ho dunque fatto? Non si può fare una domanda?". Si allontanò da lui, si rivolse a un altro e fece la stessa domanda e tutti gli diedero la stessa risposta". Nei versetti seguenti veniamo a sapere (sono racconti diversi che si sono venuti intrecciando tra di loro) che Davide è alla presenza di Saul (v. 32) e si fa avanti in maniera spavalda e un po' ingenua (c'è forse una vena di vanità e di presunzione come capita a un ragazzo generoso che si offre per un'impresa che tutti considerano impossibile). Davide disse a Saul: "Nessuno si perda d'animo a causa di costui. Il tuo servo andrà a combattere con questo Filisteo". Saul rispose a Davide: "Tu non puoi andare contro questo Filisteo a batterti con lui: tu sei un ragazzo e costui è uomo d'armi fin dalla sua giovinezza". Ma Davide disse a Saul: "Il tuo servo custodiva il gregge di suo padre e veniva talvolta un leone o un orso a portar via una pecora dal gregge. Allora lo inseguivo, lo abbattevo e strappavo la preda dalla sua bocca. Se si rivoltava contro di me, l'afferravo per le mascelle, l'abbattevo e lo uccidevo. Il tuo servo ha abbattuto il leone e l'orso (rievoca fatti avvenuti e si sta attribuendo queste imprese come titolo di merito. Davide insiste con motivazioni che sono sempre più determinate da riferimenti di ordine teologico; parla facendo riferimento al Signore, Dio d'Israele). Davide aggiunse: "Il Signore che mi ha liberato dalle unghie del leone e dalle unghie dell'orso, mi libererà anche dalle mani di questo Filisteo". Saul rispose a Davide: "Ebbene va' e il Signore sia con te". Saul rivestì Davide della sua armatura, gli mise in capo un elmo di bronzo e gli fece indossare la corazza. Poi Davide cinse la spada di lui sopra l'armatura, ma cercò invano di camminare, perché non aveva mai provato (Davide non riesce neanche a muoversi). Allora Davide disse a Saul: "Non posso camminare con tutto questo, perché non sono abituato". E Davide se ne liberò" (nel v. 33 leggevamo: "tu non puoi"; e ora - v. 39 - "non posso camminare"). Poi prese in mano il suo bastone, si scelse cinque ciottoli lisci dal torrente e li pose nel suo sacco da pastore che gli serviva da bisaccia; prese ancora in mano la fionda e mosse verso il Filisteo (Davide è disarmato; l'attrezzatura di cui è dotato è quella di un pastore con la fionda e i ciottoli raccolti sul greto del fiume). Il Filisteo avanzava passo passo, avvicinandosi a Davide, mentre il suo scudiero lo precedeva. Il Filisteo scrutava Davide e, quando lo vide bene, ne ebbe disprezzo, perché era un ragazzo, fulvo di capelli e di bell'aspetto. Il Filisteo gridò verso Davide: "Sono io forse un cane, perché tu venga a me con un bastone?" (dov'è l'attrezzatura adeguata per un duello con un guerriero poderoso come egli è). E quel Filisteo maledisse Davide in nome dei suoi dèi. Poi il Filisteo gridò a Davide: "Fatti avanti e darò le tue carni agli uccelli del cielo e alle bestie selvatiche". Davide rispose al Filisteo: "Tu vieni a me con la spada, con la lancia e con l'asta. Io vengo a te nel nome del Signore degli eserciti, Dio delle schiere d'Israele, che tu hai insultato. In questo stesso giorno, il Signore ti farà cadere nelle mie mani. Io ti abbatterò e staccherò la testa dal tuo corpo (è un'immagine che torna anche altrove: nel Libro di Ezechiele o in quello di Giuditta o in certe pagine dell'Apocalisse) e getterò i cadaveri dell'esercito filisteo agli uccelli del cielo e alle bestie selvatiche; tutta la terra saprà che vi è un Dio in Israele. Tutta questa moltitudine saprà che il Signore non salva per mezzo della spada o della lancia, perché il Signore è arbitro della lotta e vi metterà certo nelle nostre mani". Così vanno le cose: il filisteo avanza, Davide scaglia la pietra con la fionda e colpisce il filisteo in fronte. "La pietra s'infisse nella fronte di lui che cadde con la faccia a terra. Così Davide ebbe il sopravvento sul Filisteo con la fionda e con la pietra e lo colpì e uccise, benché Davide non avesse spada. Davide fece un salto e fu sopra il Filisteo, prese la sua spada, la sguainò e lo uccise, poi con quella gli tagliò la testa. I Filistei videro che il loro eroe era morto e si diedero alla fuga". Vince Davide disarmato; vince Davide pastore; il piccolo, il debole, il musico, personaggio delicato e abile nel valorizzare le relazioni più discrete e più rispettose della diversità altrui. Davide ha sconfitto il filisteo, l'esercito è in rotta; inseguimento, saccheggio. Si arriva al v. 55: "Saul, mentre guardava Davide uscire incontro al Filisteo, aveva chiesto ad Abner capo delle milizie: «Abner, di chi è figlio questo giovane?»". Il particolare che registriamo leggendo questi versetti è che essi sono in contraddizione con quanto letto prima, perché Davide emerge in questo contesto come un personaggio riconosciuto da Saul come espressione di un'estraneità. Sappiamo che Saul si è affezionato a Davide; che Davide è in carriera nell'ambito della corte; che riceve i capi sempre più importanti; ma Davide è una figura che Saul comincia ad avvertire come espressione di un'estraneità che contraddice, disturba, infastidisce la sua posizione di sovrano: "chi è, come mai?". "Rispose Abner: "Per la tua vita, o re, non lo so". Il re soggiunse: "Chiedi tu di chi sia figlio quel giovinetto". Quando Davide tornò dall'uccisione del Filisteo, Abner lo prese e lo condusse davanti a Saul mentre aveva ancora in mano la testa del Filisteo. Saul gli chiese: "Di chi sei figlio, giovane?". Rispose Davide: "Di Iesse il Betlemmita, tuo servo". Quando Davide ebbe finito di parlare con Saul, l'anima di Giònata (il figlio di Saul, il principe ereditario, colui che deve garantire la stabilità della dinastia, del regno. L'istituzione monarchica ha bisogno di questa proiezione nel tempo che conferisce solidità a tutto il sistema amministrativo. Giònata si rivolge a Davide in atteggiamento di amicizia. È una storia commovente quella che adesso viene introdotta e si sviluppa nelle pagine successive: l'amicizia tra Giònata e Davide) s'era già talmente legata all'anima di Davide, che Giònata lo amò come sé stesso (è un'immagine che ricompare alla lettera nel Nuovo Testamento). Saul in quel giorno lo prese con sé e non lo lasciò tornare a casa di suo padre. Giònata strinse con Davide un patto, perché lo amava come sé stesso. Giònata si tolse il mantello che indossava e lo diede a Davide e vi aggiunse i suoi abiti, la sua spada, il suo arco e la cintura. Davide riusciva in tutti gli incarichi che Saul gli affidava, così che Saul lo pose al comando dei guerrieri ed era gradito a tutto il popolo e anche ai ministri di Saul". Davide attira a sé il favore popolare e quello della corte; anche i ministri di Saul erano presi da questo sentimento di favore nei confronti di Davide, figura gradita che riceve i segni di una benevolenza generale.

Invidia di Saul nei confronti di Davide

Vv. 6-16. Ora veniamo a sapere che col passare del tempo (quanto tempo, quanti anni, quanti mesi? Importa poco) la presenza di Davide presso Saul scatena nell'anima di Saul sentimenti di invidia e di gelosia che toccano livelli di ferocia sanguinaria. "Al loro rientrare, mentre Davide tornava dall'uccisione del Filisteo, uscirono le donne da tutte le città d'Israele a cantare e a danzare incontro al re Saul, accompagnandosi con i timpani, con grida di gioia e con sistri. Le donne danzavano e cantavano alternandosi:

«Saul ha ucciso i suoi mille,

Davide i suoi diecimila»".

Davide riscuote la simpatia, che noi comprendiamo bene, riservata ai piccoli; una simpatia istintiva, senza nulla togliere al rispetto per Saul che è il re. «Saul ne fu molto irritato e gli parvero cattive quelle parole. Diceva: "Hanno dato a Davide diecimila, a me ne hanno dato mille. Non gli manca altro che il regno" (Saul si sente insidiato ed è preoccupato per la sorte del regno). Il giorno dopo, un cattivo spirito sovrumano s'impossessò di Saul, il quale si mise a delirare in casa. Davide suonava la cetra come i giorni precedenti e Saul teneva in mano la lancia. Saul impugnò la lancia, pensando: "Inchioderò Davide al muro!". Ma Davide gli sfuggì davanti per due volte. Saul cominciò a sentir timore di fronte a Davide (una follia omicida, un'invidia micidiale; allude proprio all'atteggiamento di chi avverte di essere insidiato da un occhio cattivo, un malocchio, una minaccia incombente, un'ombra aspra e pericolosa. Saul è agitato nell'animo e cominciò ad aver timore di fronte a Davide. Lo allontana da sé attribuendogli incarichi sempre più impegnativi per metterlo alla prova in contesti così pericolosi da fargli rischiare la vita. E, invece, Davide ne viene a capo sempre con successo; e Saul è sempre più sconcertato, angosciato, disturbato. V. 15: "Saul, vedendo che riusciva proprio sempre, aveva timore di lui. Ma tutto Israele e Giuda amavano Davide, perché egli si muoveva alla loro testa".

Matrimonio di Davide

Vv. 17-30. A questo punto c'è di mezzo l'ipotesi di un matrimonio con la figlia maggiore di Saul che si chiama Merab, ma Davide si ritiene impreparato a diventare genero del re. Saul lo incoraggia a impegnarsi; è come se, a più riprese, Saul rilanciasse il salario che Davide dovrebbe pagare per diventare sposo della figlia del re fino al momento in cui la figlia del re viene data in sposa a un altro. Tutto quello che Davide ha potuto offrire da parte sua, come espressione del suo impegno per guadagnarsi la posizione, viene azzerato. Nello stesso tempo interviene un'altra figlia di Saul di nome Mikal: "Mikal, l'altra figlia di Saul, s'invaghì di Davide; ne riferirono a Saul e la cosa gli piacque". Il racconto descrive questa gelosia di Saul nei confronti di Davide secondo diversi registri: per un verso, Saul protesta perché Davide è amato più di quanto sia amato lui; per altro verso, è indispettito perché ci sono quelli che amano Davide come lui non sa amare. Questa situazione di difficoltà negli affetti lo imbarazza in maniera insopportabile. C'è Mikal, sua figlia, innamorata di Davide e anche Giònata che è grande amico di Davide. Saul è contento perché per dare in moglie sua figlia a Davide gli chiede di eliminare cento filistei; ma Davide ne elimina duecento e Saul non può obiettare nulla. V. 27: "Saul gli diede in moglie la figlia Mikal. Saul si accorse che il Signore era con Davide e che Mikal figlia di Saul lo amava". Si rese conto che sua figlia "lo amava". È l'aspetto più che mai sconcertante di questa vicenda; "sua figlia lo amava" e suo figlio, Giònata, l'erede, è amico di Davide proprio quando Davide insidia la solidità del trono. Davide continua nelle sue imprese e il racconto fa di tutto per dimostrare come egli sia puntualmente e rigorosamente fedele al sovrano.

Giònata difende Davide

Cap. 19, vv. 1-7. Gli eventi giungono a una svolta che non può più consentire possibilità di recupero: il re decide di condannare a morte Davide perché è un pericoloso disturbatore dell'ordine pubblico, un congiurato che minaccia l'esercizio della funzione monarchica di Saul. Interviene nuovamente Giònata che, dialogando con suo padre, riesce a riparare la situazione: "non è vero, Davide è innocente, è un benefattore, è uno strumento del Signore". Ẻ interessante questa posizione di Giònata costretta tra il legame con suo padre e l'amicizia con Davide; la devozione filiale rispetto alla quale Giònata non rinnega niente; e, nello stesso tempo, l'amicizia di Davide.

Fuga di Davide

Vv. 8-24 e cap. 20. "La guerra si riaccese e Davide uscì a combattere i Filistei e inflisse loro una grande sconfitta, sicché si dettero alla fuga davanti a lui. Ma un sovrumano spirito cattivo si impadronì di Saul. Egli stava in casa e teneva in mano la lancia, mentre Davide suonava la cetra. Saul tentò di colpire Davide con la lancia contro il muro. Ma Davide si scansò da Saul, che infisse la lancia nel muro". Ormai è chiaro: Saul ha deciso. Aveva già predisposto di condannarlo a morte, ne aveva parlato con i suoi collaboratori. Davide cerca rifugio a casa sua presso la moglie Mikal e Saul manda i suoi uomini per studiare la maniera per arrestarlo. Mikal si rende conto della situazione e incoraggia Davide a fuggire. Davide è in fuga, Mikal inganna suo padre e Saul, ancora una volta, è sconcertato per come sua figlia ami a tal punto Davide da contrastare la sua volontà di sovrano.

Alla fine del cap. 19, v. 18 veniamo a sapere che "Davide dunque fuggì e si mise in salvo. Andò da Samuele in Rama e gli narrò quanto gli aveva fatto Saul; poi Davide e Samuele andarono ad abitare a Naiot", Naiot è un luogo abitato da profeti, una specie di comunità di carismatici e lì, secondo gli storici, probabilmente per la prima volta, nella conversazione tra Davide in fuga e Samuele, è emersa l'ipotesi che proprio Davide sia in grado di ricevere la consacrazione monarchica. In quel contesto la vicenda è esposta a tutte le precarietà più imprevedibili, sconcertanti, paradossali. Saul lo insegue e anche lui resta preso da questi fenomeni carismatici che lo travolgono esponendolo a una pubblica contestazione, ma questo importa poco. Saul è e rimane il sovrano e ha deciso. In tutto il capitolo 20 che non leggiamo per esteso (anche se vi incoraggio a passare attraverso questi versetti) assistiamo alla descrizione di quello che avviene quando Giònata e Davide affrontano la questione. Il dramma si sviluppa in quattro scene. Nella prima Giònata e Davide sono ancora a corte, presso Saul, dialogano tra loro e Davide, in maniera molto appassionata, spiega a Giònata quello che sta succedendo. "Tuo padre mi ha condannato a morte"; e Giònata parla di suo padre e si interroga: "chi è veramente mio padre?". D’altra parte, Giònata è impegnato in un'alleanza d'amicizia per la vita e per la morte nel rapporto con Davide. Seconda scena, dal v. 11 al v. 23: "Giònata rispose a Davide: «Vieni, andiamo in campagna».

Uscirono tutti e due nei campi". Ricordate questa espressione che leggiamo nel Libro del Genesi, cap. 4, v. 8, quando Caino parla con Abele: "andiamo in campagna". La "campagna" che è il luogo del sangue versato nell'antico racconto, adesso è il luogo dell'amicizia che è rivelazione di un vincolo mirato a promuovere la vita oltre la morte. In questa seconda scena parla solo Giònata in un lungo monologo nel quale fa riferimento a suo padre e continua a proclamare che il protagonista è il Signore (il nome del Signore ritorna a più riprese). Giònata dice: "ci penso io, mi informo io". Terza scena, dal v. 24 al v. 34 Giònata è di nuovo a corte, presso Saul e aggredisce suo figlio: "Non ti rendi conto che è in questione proprio la stabilità della nostra dinastia". E Giònata si ritira triste: "Giònata si alzò dalla tavola acceso d'ira e non volle prendere cibo in quel secondo giorno della luna nuova. Era rattristato per riguardo a Davide perché suo padre ne violava i diritti".

Quarta scena: adesso di nuovo Giònata e Davide. Davide non parla e Giònata informa Davide che non c'è niente da fare, deve scappare. Nella prima scena i due sono in dialogo tra loro e Davide interviene con molta passione; nella seconda parla Giònata e sono in campagna; nella terza scena Giònata si rivolge a Saul, suo padre che è in collera. Nella quarta scena Davide parte e si salutano: è il saluto dei due amici che piangono e si benedicono reciprocamente e restano ammutoliti dinanzi allo svolgersi degli eventi che nessuno di loro mai aveva potuto programmare.

V. 41: "Partito il ragazzo (lo scudiero), Davide si mosse da dietro la collinetta, cadde con la faccia a terra e si prostrò tre volte, poi si baciarono l'un l'altro e piansero l'uno insieme all'altro, finché per Davide si fece tardi. Allora Giònata disse a Davide: «Va’ in pace, ora che noi due abbiamo giurato nel nome del Signore: il Signore sia con me e con te, con la mia discendenza e con la tua discendenza per sempre». Davide si alzò e partì e Giònata tornò in città". I due amici si salutano; si rivedranno soltanto un'altra volta, nel cap. 23.

La causa di questa separazione è l'atteggiamento drastico, severo, rigoroso assunto da Saul che vuole difendere la sua posizione di sovrano, e, per il seguito della vita, i due amici sono separati a causa di Saul e del suo modo fallimentare di gestire il potere. Ma l'amicizia è più forte della morte.

Lectio divina


2017-2018 - Libri di Samuele


  • 03 aprile 2018
    Primo Libro di Samuele - quinta parte
    La funzione regale in un contesto di fallimento - Il passaggio da Saul a Davide