Incontri di discernimento e solidarietà
 
  • Download

  • Puoi scaricare l'intero file nei seguenti formati:
  • Microsoft Word - Scarica in formato Microsoft Word (54 KB)
  • Adobe Acrobat PDF - Scarica in formato Adobe Acrobat PDF (474 KB)
 

Lev Tolstoj, profeta disarmato

(Gloria Gazzeri, 19 marzo 2004)



Le radici evangeliche e la ricerca della pace negli scritti della maturità di Lev Tolstoj”

( trascrizione della comunicazione svolta all’incontro del 19.III.2004). Altri testi sul tema sono disponibili a richiesta presso il gruppo “Amici di Tolstoj” (Via Casole d’Elsa 13 - 00139 Roma)

 

 


Dirò per primo qualche cosa sulla vita di Tolstoj, su cui vi sono molte controversie. Spero però di dare una impostazione corretta perché mi baso su quello che lui stesso ha detto.

Tolstoj era nato da una ricchissima famiglia nobile nel 1828 a Jasnaja Poljana, Tula. Fu anche in guerra, in particolare all’ assedio di Sebastopoli durante la guerra di Crimea (1854-1855) e della guerra perciò aveva una esperienza diretta. Già da molto giovane, quando era al fronte, aveva cominciato a scrivere - quasi per sfizio, senza avere lì per lì un impegno preciso - i ricordi della sua infanzia e della giovinezza, che ebbero un enorme successo. Scrisse poi dei racconti sulla presa di Sebastopoli che lo posero fra i grandi scrittori russi. Fu quella una fase della sua vita piuttosto disordinata: si dà delle regole etiche che però non segue; sensualità, molte donne, il vizio del gioco.


A 36 anni, per mettere ordine nella sua vita, si innamora di una ragazza molto giovane, Sofia (Sonja) Andreevna Bers, figlia di un medico. La sposa e va a vivere nella tenuta di famiglia della madre a Jasnaja Poljana, a circa 200 Km. da Mosca e 10 da Tula. Là comincia la vita di proprietario terriero, ma già precedentemente aveva tentato delle scuole per i contadini. Nella tenuta, Tolstoj fa una vita di lusso. Un segno: la biancheria viene mandata regolarmente in Olanda perché è la sanno molto meglio che altrove stirare e inamidare. Scrive qua due grandi romanzi che gli danno subito fama internazionale, “Guerra e pace” (1863-1869) e “Anna Karenina” (1873-1877).


Alla soglia dei cinquant’anni – 48 per l’esattezza – Tolstoj è un uomo che ha avuto tutto dalla vita: ricchezza, amori, l’amore della moglie che lo adorava, cinque o sei figli e una fama internazionale. Arrivato a questo punto - lo racconta soprattutto nel suo libro “Confessione” (1879-1880) - capisce che ormai non gli resta che la discesa, il buio, la malattia, la vecchiaia, la morte, e che quindi la vita non ha senso. Passa così un anno con tentazioni di suicidio e comincia a leggere il Vangelo dove gli era rimasta l’idea che si trovasse una verità salvifica. Ma già in “Guerra e Pace” Tolsoj aveva inserito un personaggio che comincia a leggere il Vangelo e comprende che questa è la sua salvezza, comincia a concepire la vita in modo diverso e ritrova la fede. Scrive: che sto a fare in questo mondo se non ritrovo Te; ritrova la fede che aveva avuto nell’ infanzia e che aveva lasciato tra gli intellettuali russi.


Questo fatto è stato sempre interpretato dai suoi biografi malamente. Lì per lì si è detto che era diventato pazzo. Così dice Dostoevskij alla moglie; Turgenev gli scrive dal letto di morte: amico mio, ritorna alla letteratura, che stai facendo? Non è stato compreso allora, tranne che da alcuni amici, e non è stato compreso poi dai suoi biografi, nonostante che lui esponga nella “Confessione” e nel suo diario punto per punto questa crisi e la spieghi con molta chiarezza. Parla di una seconda nascita, di un più alto livello di coscienza; trova la fede; il vangelo è la verità e la confronta con altre verit – Confucio, i buddisti, Socrate. Va a cercare la conferma di questa verità nei più grandi maestri e si conferma nella convinzione che il Vangelo «è» la Verità.


Tolstoj capisce anche di essere un inviato, un messaggero, per dare una certa verità all’ umanità in crisi. Lo ripete in vari punti del diario, e dice: le cose che io vi dico,sono passate attraverso di me. Sente che lui è solo un tramite. Quello che c’è di buono è di Dio, i difetti sono i miei. Sente di essere un chiamato, un illuminato, anche se ha ancora tante negatività: fino all’ ultimo, dice, ho cercato di correggere i miei difetti – collerico, sensuale,... – e solo in parte ci sono riuscito. Sono peggiore di tutti, ma c’è una diffenreza ed è che io combatto per migliorarmi.


In famiglia questa sua conversione porta discordie, disastri. Tolstoj vorrebbe dare le sue ricchezza, cambiare la sua vita, si veste da contadino, non mangia più carne e neanche il latte, comincia a fare lavori manuali, capisce l’ingiustizia di classe, va a falciare e dice che è una cosa bellissima, lavora nei campi,distribuisce elemosine, cambia completamente la sua vita. Viene visto come uno stravagante e la moglie ogni tanto dà in escandescenze perché teme che lui voglia dare via la proprietà - soprattutto per questo - e lo vede come un’altra persona anche se resta buona e religiosa.


Quindi gli ultimi 30 anni di vita – Tolstoj muore a 82 anni – sono veramente una continua lotta con la famiglia da cui non riesce ad andare via perché vi si sente molto legato. Qualche volta tenta di andare via, tenta il suicidio, ma ha molti figli. Mi trovo in una tela di ragno – dice - ma non posso romperla per amore dei ragni. E non riesce a sciogliersi. Come tutti sanno, dieci giorni prima di morire, dopo un ultimo scontro con la moglie, va a frugare in camera sua i suoi diari e le sue carte e lascia la casa con il medico. Lo raggiunge anche la figlia, va prima in un monastero dove c’era la sorella, riprende il treno – siamo a novembre e fa freddo. Scende alla stazioncina di Astapovo, lo fanno accomodare nella casa del capostazione, dove muore. Tolstoj è entrato nella dimensione del divino dove c’è la composizione degli opposti, cioè da una parte il personaggio affascinante è un amico e un fratello, dall’altra, il suo pensiero che è molto razionale.


L’ opera omnia sono novanta volumi, alcuni doppi, curata dal discepolo Certkov, ordinata da Lenin, un lavoro molto accorto. Per tre quarti si tratta grosso modo di testi scritti dopo i cinquant’anni e la metà è costituita dalla parte saggistica e dal suo diario. Anche qui ci troviamo di fronte a una duplicità: da una parte l’opera letteraria, di cui lui dice che sono sciocchezze scritte come un imbonitore di fiera che attira la gente fuori dalla sua tenda, dall’altra ci sono questi saggi che hanno un destino molto poco letterario. La materia è enorme e io mi limiterò a fissare qualche punto, lasciando a chi è interessato di andare avanti.


La prima domanda è:che cosa dice Tolstoj in questi saggi? Intanto – come precisa lui stesso - non è un’opera sistematica; si dà una serie di inputs limitati; semmai, e poi, il divino crescerà. Le generazioni seguenti finora non l’hanno fatto ma potrebbero costruire un sistema. Questi sono i temi, a grandi linee: la non resistenza al male, la disobbedienza civile, l’antimilitarismo, l’ obiezione al servizio militare, la pedagogia antiautoritaria. Poi, la critica radicale al potere, la critica della scienza moderna e dell’ industrialismo, la critica della civiltà moderna, la condanna dello sfruttamento delle masse e dei contadini, l’ esaltazione della civiltà contadina al posto di quella industriale, l’arte popolare, l’interesse per l’ oriente e infine il messaggio per l’ umanità futura che si deve basare sull’ amore. Ritornare alla ricerca religiosa.


La parte che interessa di più e che è stata più riconosciuta, è l’amore cristiano. In tutti i suoi scritti Tolstoj afferma che quando legge il Vangelo, trova che la chiave di tutto è l’amore, la vera novità. Quindi sviluppa questa non resistenza: come lottare contro il male? come non si può spegnere il fuoco con altro fuoco e non si può asciugare acqua con altra acqua, così non si può combattere il male con altro male. Due energie dello stesso segno si sommano e non si sottraggono, se alla violenza aggiungo altra violenza, la violenza aumenta. Devo fare un mutamento di energia, vincere la violenza con un’energia di segno diverso, l’ amore e la verità. E’ il principio di Gandhi. Questo spiega in un centinaio di pagine e in particolare ponendosi contro la guerra che è la massima violenza. Scrive molto contro la guerra, a favore della della pace e per l’obiezione al servizio militare.


Negli ultimi anni di vita Tolstoj pone con grande franchezza il problema dei rapporti fra guerra e proprietà. Se si mantiene la proprietà privata è necessario un servizio di polizia che lo difenda. Sempre in quegli ultimi anni di esistenza, egli elabora un altro principio per la lotta contro il male, che anche Gandhi ha recepito ma che non ha potuto mettere in pratica, e lo elabora in scritti che abbiamo un’enorme difficoltà a pubblicare. Il principio è che puoi vincere il male fuori di te solo se lo vinci in te stesso. E’ un ribaltamento a 180°. Non devi più guardare più il tuo avversario,quanto te stesso. Se tu ti comporti bene e vinci il male dentro di te, il male esterno non ti può aggredire. E cita il detto popolare che la rogna si attacca solo a un corpo sudicio


Questo è un principio che può essere discusso, ma tutti i sistemi dittatoriali si sono retti sui vizi dei loro sudditi: la voglia di combattere, la voglia di fare soldi, di fare sprechi. E’ quello che attiva la guerra. Questo principio va ancora studiato e messo in pratica, ma va prima di tutto capito. Si tratta di un principio metafisico che può essere espresso anche come facciamo nel nostro gruppo: i microbi non possono attaccare l’ organismo se questo è purificato, non ha tossine e ha un certo livello di situazioni a cui il morbo è assente. Così anche il male non ci può aggredire, la nostra stessa energia positiva lo allontana, lo smorza.


Tolstoj aveva scritto “La mia fede”, poi nel 1893 ha scritto “Il Regno di Dio” è in voi. All’ epoca, questi libri venivano portati immediatamente fuori dalla Russia, dove sarebbero stati censurati, per essere tradotti in inglese e pubblicati. e venivano perché in quel Paese erano censurati. Gandhi lo legge e dice che “Il Regno di Dio è in voi” lo ha convertito. Eppure la stranezza del destino è che questo libro non è stato più tradotto per molto tempo. L’ incontro fra Tolstoj e Gandhi segna l’inizio di un nuovo cammino per la civiltà occidentale; segna anche un incontro fra oriente e occidente e un nuovo modo di opporsi al male.


Voglio almeno sommariamente accennare a due altri argomenti che mi sembrano molto importanti negli scritti dinTolstoj. Il primo è il cambio di vita personale. Importante, perché si crede di poter combattere il potere senza cambiare la propria vita. Qui porrei come primo gradino per questo cambiamento il diventare vegetariano.Io lo sono da molti anni. Può sembrare strano ma è un passaggio fondamentale. Poi c’è la semplicità, la vita sobria, il lavoro manuale con la fatica fisica, la rinunzia alla ricchezza. Ma questo è un cambio di vita che si tende a rifiutare.


L’ ultimo grande argomento è capire il senso della vita umana, tornare davvero a una visione religiosa della vita. Negli anni di Tolstoj, ilmondo intellettuale riteneva la religionse una cosa ormai superata, buona per il popolo. Il senso della vita che ho trovato per me, dice Tolstoj, è che bisogna sviluppare l’amore e amare gli altri. Questo è il compito che Dio ci dà. C’è da chiedersi perché questi scritti - di cui chi li legge rimane entuasiasta - siano stati così oscurati.


Concludo con le parole di Tolstoj da “Che cosa è la religione e quale ne è l’inizio”: Ci sono tempi come il nostro in cui la gente religiosa non è visibile, passa la vita disprezzata e umiliata, ma questa gente esiste e su di loro si fonda la vita ragionevole dell’ umanità.



2. Relazione di Lev Tolstoj alla Conferenza della pace di Stoccolma – agosto 1909

( dalla “Antologia” curata da Antonella Cavazza, in appendice a Pier Cesare Bori, “Tolstoj”, Edizioni cultura della pace, 1991, pp. 159-165 ).


A proposito della Conferenza sulla pace. Lettera agli svedesi

Negli ultimi anni del secolo XIX l'imperatore Nicola II prese l'iniziativa di organizzare una conferenza di pace, che si tenne all'Aia nel maggio del 1899 alla presenza di rappresentanze dei vari governi. Questa iniziativa, proveniente dall' esponente di una delle monarchie più fedeli ai principi dell'assolutismo più intransigente suscitò molte speranze nei circoli pacifisti europei.

Un gruppo di intellettuali svedesi mirava ad ottenere da questa Conferenza, non solo la mitigazione delle pene inflitte agli obiettori di coscienza, ma anche la possibilità di organizzare un servizio civile. «I delegati dei governi che vi converranno dovranno pure ascoltare la nostra dichiarazione, giacché la finalità stessa del congresso non consentirà di trascurare una richiesta così importante nell'interesse dell 'umanità. Gli svedesi si rivolsero a Tolstoj, chiedendogli di richiamare sulla questione l'attenzione dello zar, dei suoi ministri e dell'opinione pubblica. Nel 1899 la. risposta di Tolstoj uscì in russo nella rivista «Svobodnoe slovo», edita da Certkov. Fu tradotta anche in inglese, tedesco e svedese.

Mosca, gennaio 1899

Egregi signori,


l'idea, espressa nella vostra bellissima lettera, che il disarmo generale può essere conseguito nel modo più semplice e sicuro, attraverso il rifiuto delle singole persone a partecipare al servizio militare è assolutamente giusta. Ritengo anzi che sia l'unico modo per liberare gli uomini dalle calamità, via via sempre più minacciose, della cricca militarista. La vostra idea, invece, che la questione della sostituzione del servizio militare per coloro che si rifiutano di compierlo con un lavoro di utilità sociale possa essere esaminata nella conferenza che avrà luogo per iniziativa dello zar, mi pare completamente errata per il semplice fatto che la conferenza stessa non può essere altro che una di quelle istituzioni ipocrite che hanno come obiettivo non il conseguimento della pace, ma, al contrario, l'occultamento alle persone di quell'unico mezzo per il conseguimento della pace universale che gli uomini d'avanguardia già cominciano a intravvedere.


La conferenza, dicono, avrà come scopo, se non proprio,il disarmo, almeno il blocco dell'aumento del numero di armi. Si suppone che a questa conferenza i rappresentanti dei governi si accorderanno per non aumentare oltre i propri armamenti. Se è così, si presenta spontanea la domanda: come si comporteranno i governi di quegli stati che, all'epoca della convocazione della conferenza, saranno casualmente più deboli dei loro vicini? E poco probabile che tali governi accettino di restare anche in futuro in una condizione di debolezza maggiore rispetto a quella dei loro vicini. Se invece accetteranno una simile condizione, confidando fermamente nelle risoluzioni della conferenza, in tal caso potranno permettersi di essere ancor più deboli e non sprecare affatto denaro per l'esercito.


Semmai il compito della conferenza è quello di livellare le forze militari degli stati e congelarle, ma nel caso in cui si possa raggiungere questo impossibile livellamento, sorge spontanea la domanda: perché i governi dovrebbero congelare gli armamenti allo stato attuale e non ridurli ulteriormente? Perché occorre che Germania, Francia, Russia abbiano, diciamo ad esempio, un milione di soldati a testa, anziché cinc|uecentomila, non diecimila, non un migliaio? Se si può ridurre il numero, ma allora perché non farlo all'estremo, ed infine, anziché gli eserciti, perché non mettere in campo dei guerrieri: un Davide e un Golia, e a seconda del vincitore, risolvere così le faccende internazionali?


Dicono: i conflitti tra governi verranno risolti da un arbitrato. Però, anche senza dire che le decisioni verranno prese non dai rappresentanti del popolo, ma dai rappresentanti dei governi, e quindi non vi sarà nessuna garanzia sul fatto che queste soluzioni saranno giuste, chi poi metterà in pratica le decisioni di questa commissione? — L'esercito. — L'esercito di chi? — Di tutte le potenze. — Ma la forza di tutte queste potenze non è eguale. Chi, ad esempio, metterà in pratica nel continente una decisione, che, supponiamo, danneggerà la Germania, la Russia o la Francia, alleate tra loro; o in mare metterà in pratica una decisione che andrà contro gli interessi dell' Inghilterra, dell'America e della Francia? Le decisioni dell'arbitrato contro la violenza militare degli stati saranno messe in pratica con la forza militare, ovvero proprio ciò che bisogna limitare diventerà un mezzo di limitazione. Per acchiappare un uccellino, bisogna mettergli il sale sulla coda.


Ricordo, all'epoca dell'assedio di Sebastopoli, una volta mi trovavo presso gli aiutanti di Saken, capo della guarnigione, quando a ricevimento si presentò il principe S. S. Urusov, un ufficiale molto coraggioso, un gran originale e allo stesso tempo uno dei migliori giocatori di scacchi del momento. Disse che aveva una faccenda per il generale. Un aiutante lo condusse nell'ufficio del generale. Di lì a dieci minuti Urusov ci passò accanto con una faccia buia. L'aiutante che lo aveva accompagnato tornò da noi e, ridendo, raccontò la faccenda per la quale Urusov si era rivolto a Saken. Era andato da Saken, per proporre una sfida agli inglesi: giocarsi a scacchi la trincea d'avanguardia, situata dinanzi al quinto bastione, che più volte era passata da una mano all'altra e che era costata già alcune centinaia di vite.


E fuori dubbio che sarebbe stato meglio giocarsi la trincea a scacchi, anziché ammazzare la gente. Ma Saken non accettò la proposta di Urusov, sapendo molto bene che giocarsi a scacchi la trincea sarebbe stato possibile solo nel caso vi fosse la massima reciproca fiducia che le parti avrebbero rispettato la condizione posta. La presenza, invece, degli eserciti dinanzi alla trincea, i cannoni puntati contro di lei, dimostravano che questa fiducia mancava. Finché fossero rimasti gli eserciti dell'una e dell'altra parte era chiaro che la faccenda non poteva risolversi a scacchi, bensì con le baionette. Lo stesso avviene con le questioni internazionali. Per poterle risolvere tramite l'arbitrato, occorre la massima reciproca fiducia da parte delle potenze che le decisioni della commissione verranno eseguite. Se c'è questa fiducia gli eserciti non occorrono affatto. Se ci sono gli eserciti, invece, è chiaro che manca questa fiducia e le questioni internazionali non possono essere risolte a prescindere dalla forza militare. Fin tanto che esistono gli eserciti, essi servono non solo per le conquiste, come stanno facendo ora tutti gli stati, chi in Asia, chi in Africa, chi in Europa, ma anche per mantenere con la forza quello che è stato conquistato con la forza. Ma conquistare e conservare con la forza è possibile solamente vincendo. Vincono, però, sempre e soltanto i gros bataillons. Per questo se il governo ha un esercito, deve far sì che sia il più grande possibile. In questo consiste il suo dovere. Se il governo non agisce così, non serve. Il governo può fare moltissimo nell' amministrazione interna: può liberare, istruire, arricchire il popolo, costruire strade, canali, colonizzare deserti, organizzare i lavori sociali, ma non può fare solamente ciò per cui viene convocata la conferenza, ovvero ridurre le forze militari.


Se invece lo scopo della conferenza, come risulta evidente dagli ultimi ragguagli, sarà quello di bandire le armi di sterminio considerate particolarmente crudeli (perché fra l'altro non cercare di abolire di comune accordo anzitutto l'intercettazione delle lettere, la sostituzione dei telegrammi, e tutte quelle orribili bassezze, che costituiscono una condizione indispensabile della difesa militare?), allora è senz'altro possibile vietare l'utilizzo di tutte le armi esistenti, allo stesso modo in cui si vieta alle persone, che a pugni si battono per la vita, di colpire durante le risse le parti più sensibili del corpo. Perché dunque la ferita e la morte procurate da una palla esplosiva è peggiore di una ferita in una zona particolarmente delicata, procurata da una palla semplice o da una scheggia, a causa delle quali le sofferenze possono raggiungere limiti estremi e si può persino morire, indipendentemente dal tipo di arma che ha sparato il colpo? Stupisce come possano delle persone adulte, psicologicamente a posto, esprimere seriamente idee di questo tipo.


Un conto sono i diplomatici, che consacrano la vita alla menzogna, sono così incalliti in questo vizio e costantemente vivono e agiscono nella densa atmosfera della menzogna, che non si accorgono più dell'insensatezza e della falsità delle loro proposte. Come possono invece dei privati, dei privati onesti, non quelli che cercano di entrare nelle grazie dello zar, esaltare la sua ridicola proposta e non vedere che l'esito della conferenza non può essere altro che il rafforzamento di quell'inganno, in cui i governi tengono i propri Sudditi come all'epoca della santa alleanza di Alessandro I?


La conferenza avrà come scopo non l'instaurazione della pace, ma l'occultamento alle persone dell' unico mezzo che libera gli uomini dalle calamità della guerra, che consiste nel rifiuto da parte delle singole persone di prender parte all'omicidio di guerra. Per questo la conferenza non potrà fare di questo tema oggetto della propria discussione.


Verso coloro che per convinzioni personali si rifiutano di compiere il servizio militare qualsiasi governo agirà sempre nel modo in cui quello russo ha agito nei confronti dei duchobory. Nel momento in cui esso rendeva pubbliche al mondo le proprie presunte intenzioni di pace, cercando di nascondere questo a tutti, tormentava, rovinava e bandiva gli uomini più pacifici della Russia solo per il fatto che essi erano pacifici non a parole, ma nei fatti, e quindi si rifiutavano di compiere il servizio militare. Allo stesso modo, anche se con maniere meno rudi, hanno agito e agiscono pure tutti gli altri governi europei in caso di rifiuto di assolvere il servizio militare. Così hanno fatto e fanno i governi austriaco, prussiano, francese, svedese, svizzero, olandese e non possono fare altrimenti.


Non possono agire diversamente, perché, governando i propri sudditi con la forza, che crea un esercito disciplinato, in nessun modo essi possono rimettere la diminuzione di questa forza, e quindi del proprio potere, agli umori casuali di singoli privati. Tanto più che, con ogni probabilità, non appena si concedesse a tutti la sostituzione del servizio militare con un lavoro, allora la maggior parte delle persone (a nessuno piace ammazzare ed essere ammazzato) preferirebbe il lavoro al servizio militare, e in breve si avrebbero tantissimi lavoratori, mentre i militari rimar rebbero assai pochi al punto che non ci sarebbe più nessuno a costringere la gente a lavorare.


I liberali, confusi dalla loro loquacità, i socialisti e gli altri, i cosiddetti attivisti d'avanguardia, possono immaginare che i loro discorsi, pronunciati nelle camere e nelle assemblee, le loro alleanze, gli scioperi, gli opuscoli sono eventi della massima importanza, mentre il rifiuto dei singoli di prestare servizio militare sia irrilevante, non meriti considerazione. I governi però sanno molto bene cosa è importante per loro e cosa non lo è. Di buon grado tollerano discorsi liberali e radicali in parlamento, le alleanze operaie, le dimostrazioni socialiste, e fanno persino finta di esserne interessati, sapendo che queste manifestazioni sono assai utili per loro, in quanto distolgono l'attenzione dei popoli dall'unico e principale mezzo di liberazione. Ma apertamente non ammettono mai il rifiuto di prestare servizio militare o il rifiuto di pagare le tasse per il servizio militare (che poi è la stessa cosa), poiché sanno che tali rifiuti mettono a nudo l'inganno del governo, minano il loro potere alla radice.


Fin tanto che i governi guideranno i loro popoli con la forza e desidereranno, come oggi, conquistare nuovi possedimenti (Filippine, Port-Arthur, ecc.) e mantenere quelli già raggiunti (Polonia, Alsazia, India, Algeria, ecc.), non solo non ridurranno mai gli eserciti, ma, al contrario, continueranno ad aumentarli.


E’ di qualche giorno fa la notizia che un battaglione americano si è rifiutato di andare a Iloilo. Si trasmette la notizia come qualcosa di sorprendente. Intanto ci si può stupire solamente del fatto che fenomeni del genere non si verifichino regolarmente: come hanno potuto tutti quei russi, tedeschi, francesi, italiani, americani, che negli ultimi tempi hanno combattuto per volontà di altre persone, e per lo più neanche stimate da loro, andare ad uccidere un altro popolo ed esporsi alla sofferenza e alla morte?


Parrebbe così ovvio e naturale che queste persone si ravvedessero, se non proprio nel momento in cui vengono arruolate, almeno all' ultimo minuto, mentre stanno per condurli contro l'avversario: che si fermassero, che gettassero via i fucili e gridassero agli avversar! di fare lo stesso.


Si direbbe che questa cosa sia semplice e naturale e che tutti dovrebbero comportarsi in tal modo. Se però la gente non si comporta così, ciò accade solamente perché crede nei governi, i quali assicurano che tutti i fardelli che portano gli uomini per la guerra sono loro imposti proprio per il loro bene. Tutti i governi con incredibile insolenza hanno sempre fatto credere e continuano a far credere che tutti i preparativi militari e persino le stesse guerre, che essi fanno, servono alla pace. Oggi in questo campo della falsità e dell'inganno si compie un altro nuovo passo, che consiste nel far sì che quegli stessi governi, per la cui esistenza sono indispensabili gli eserciti e le guerre, facciano finta di essere impegnati nella ricerca di misure per la riduzione degli eserciti e la distruzione delle armi. I governi vogliono far credere ai popoli che le singole persone non devono preoccuparsi di liberarsi dalla guerra. I governi stessi alle loro conferenze organizzano le cose in modo tale da ridurre inizialmente, poi anche eliminare del tutto, gli eserciti. Ma questa non è la verità.


Si possono ridurre ed eliminare gli eserciti solamente contro la volontà del governo e in nessun caso per volontà di quest'ultimo. Saranno ridotti e eliminati gli eserciti solo allorquando gli uomini smetteranno di aver fiducia nei governi e da soli cercheranno la salvezza dalle loro opprimenti miserie e cercheranno questa salvezza non nelle complicate e raffinate macchinazioni dei diplomatici, bensì nell'applicazione della legge, vincolante per ogni uomo, scritta in tutte le dottrine religiose e nel cuore di ogni uomo, la quale ordina di non fare agli altri quello che non vuoi che facciano a te, tanto meno di uccidere il tuo prossimo.


Saranno ridotti e poi eliminati gli eserciti solamente quando l'opinione sociale bollerà le persone che, per paura o per tornaconto, vendono la propria libertà e vanno a ingrossare le file degli omicidi, che chiamano esercito. Mentre le persone, oggi sconosciute e addirittura condannate, che malgrado le persecuzioni e le sofferenze da loro sopportate, si rifiutano di cedere la propria libertà nelle mani di altri, e con questo di diventare ancora una volta strumenti di morte, verranno riconosciute per quello che sono: lottatori d'avanguardia e benefattori dell'umanità. Soltanto allora dapprima verranno ridotti e successivamente eliminati del tutto gli eserciti e inizierà una nuova era nella vita dell'umanità.


E questo tempo è vicino.


Ecco perché penso che la vostra idea, che considera il rifiuto di assolvere l'obbligo di leva un fatto di enorme importanza e che libererà l'umanità dalle calamità della cricca militarista, sia assolutamente giusta. La vostra idea, invece, che a questo possa contribuire la conferenza è assolutamente errata. La conferenza non può fare altro che distogliere gli occhi del popolo dall'unico mezzo di salvezza e liberazione.

L. Tolstoj